Le riserve ittiche sono in sofferenza, eppure continuiamo a rigettare in mare quantità immense di pesce già catturato (10 milioni di tonnellate anno equivalenti a 4.500 piscine olimpioniche) che potrebbe invece finire sulle nostre tavole. È sconfortante il quadro che emerge dall’ultimo rapporto pubblicato su Fish and Fisheries dai ricercatori di Sea Around Us, un’iniziativa dell’Università della British Columbia insieme a quella della Western Australia dedicata al monitoraggio dei mari e incentrata, quest’anno, sullo spreco di pescato.
Sea Around Us ha già effettuato calcoli simili, pubblicando su Nature nel 2016 un rapporto nel quale si metteva in luce un altro dato preoccupante, anche perché falsa le stime, le previsioni e le disposizioni in materia di pesca: circa il 30% del pescato è sommerso, nel senso che non viene dichiarato. Nonostante la situazione sia in miglioramento, dopo il picco raggiunto alla fine del secolo scorso, moltissimo resta da fare anche da questo punto di vista.
Ora, impiegando come allora i dati FAO, ma anche altre fonti nazionali, provenienti dai ministeri, dalle associazioni e da altre fonti attendibili è possibile definire in dettaglio la situazione sulle fonti di spreco. Per quanto riguarda la distribuzione geografica, il mare peggiore nel secolo scorso è stato l’Atlantico, che nel 1968 ha ripreso nelle sue acque 10 milioni di tonnellate di pesce pescato, e che ha avuto un secondo picco alla fine degli anni 80 con 7,8 milioni di tonnellate, prima di raggiungere i 3 milioni attorno al 2010. Parallelamente, però, è aumentato, fino dall’inizio degli anni ottanta, lo scarico nell’Oceano Pacifico, che ha raggiunto i 9 milioni nel 1990, per poi scendere agli attuali circa 5. Si sono comportati meglio sia l’Oceano Indiano (un milione all’anno), sia il Mediterraneo e Mar Nero 200-500.000 tonnellate all’anno. In generale, è nell’Atlantico e nel Pacifico dove lo spreco è di maggiore entità ed effettuato non solo dalle flotte locali, ma anche da quelle che arrivano da altri paesi.
Per quanto riguarda il tipo di pesce scartato, si trova di tutto, a seconda della latitudine; dal merluzzo (5% del totale), al nasello, dall’aringa alla sardina, dall’acciuga ai cefalopodi e altre decine di specie di pregio dal punto di vista nutrizionale. Il pesce viene ributtato in mare perché non risponde ai requisiti, perché si è andati fuori quota, perché è troppo piccolo o troppo grande, perché le celle frigorifere sono piene, perché gli standard sono sempre più uniformi per qualità, taglia e specie: per molti motivi, insomma, nessuno dei quali è inevitabile. E anche se la situazione è migliorata rispetto agli anni scorsi, resta lo stesso inaccettabile. Infatti la diminuzione è dovuta, in parte, al fatto che c’è meno pesce, se ne pesca di meno e quindi se ne butta di meno.
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Giornalista scientifica
Ma come è possibile che l’uomo raggiunga certi livelli i idiozia di spreco , di avidità quando i nostri mari stanno collassando e la popolazione continua ad aumentare. Che fine faremo andando avanti di questo passo ? Cosa resterà ai nostri figli, ai nostri nipoti ?