
Un pesce palla argenteo è stato pescato nella baia di Medulin, nel sud dell’Istria, segnando una nuova e preoccupante tappa nella diffusione di questa specie aliena nel Mediterraneo. La cattura dell’esemplare, effettuata da un pescatore sportivo a maggio 2024, è diventata di pubblico dominio solo nel marzo 2025, quando uno studio dell’Università di Pola con l’Istituto oceanografico di Spalato, pubblicato sulla rivista Acta Ichthyologica et Piscatoria ne ha confermato l’identificazione: “Lagocephalus sceleratus”.
Si tratta del primo avvistamento di pesce palla argenteo nel nord dell’Adriatico e il più settentrionale mai registrato in tutto il bacino mediterraneo. La sua cattura rappresenta un campanello d’allarme per biologi marini, pescatori e autorità sanitarie, dato che si tratta di un pesce altamente tossico per l’uomo e dannoso per l’ecosistema marino.
Una minaccia per la salute pubblica
Il “Lagocephalus sceleratus” è un pesce appartenente alla famiglia dei Tetraodontidae, originario dell’Oceano Indiano e del Pacifico. La sua caratteristica principale, oltre all’aspetto inconfondibile con “guance argentate” e un becco simile a quello di un pappagallo, è la presenza di una neurotossina mortale: la tetrodotossina. Questa sostanza, mille volte più potente del cianuro, può causare paralisi respiratoria e arresto cardiaco, ed è termostabile, cioè resistente alla cottura. In passato, le autorità sanitarie hanno registrato casi mortali in Egitto e in Italia, con episodi documentati negli anni ’70 e ’80. In Giappone, dove alcune specie di pesce palla vengono consumate come prelibatezze (fugu), esistono regolamenti severissimi per la preparazione, ma in Europa la commercializzazione è vietata dal Regolamento CE n. 853/2004.
La autorità concordano tutte con l’avviso che ha lanciato l’Istituto oceanografico di Spalato: “non si deve assolutamente mangiare”. Inoltre sollecitano una collaborazione attiva da parte dei pescatori per monitorare la situazione.

L’invasione del pesce palla
L’arrivo del pesce palla argenteo nell’Alto Adriatico non è un evento isolato, ma parte di una più ampia tendenza. Introdotto nel Mediterraneo attraverso il Canale di Suez nei primi anni 2000, si è rapidamente diffuso verso ovest, colonizzando le coste di Grecia, Turchia, Cipro, Malta, Tunisia e ora anche l’Istria.
Secondo lo studio, l’espansione della specie è favorita anche da fattori oceanografici come le correnti marine e le temperature del fondale. Inoltre, il cambiamento climatico e il riscaldamento del Mediterraneo hanno reso molte zone costiere ospitali per questa specie. Ma il rischio non è solo sanitario, infatti l’invasione di “L. sceleratus” sta alterando gli equilibri ecologici, predando su crostacei, ricci di mare e molluschi, e causando perdite economiche ai pescatori locali. Inoltre, si sono riportati casi di aggressività verso i bagnanti, con morsi capaci di provocare gravi ferite.
Cosa succede nella realtà?
L’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Abruzzo e del Molise, insieme a Eurofishmarket e al SIMeVeP, sottolineano l’importanza della prevenzione e del controllo. È fondamentale avviare campagne di sensibilizzazione rivolte a pescatori, operatori del turismo e cittadini, anche se “fortunatamente queste specie sono molto ben riconoscibili – afferma Valentina Tepedino di Eurofishmarket – poiché presentano una dentatura a forma di “becco di pappagallo” con 2 denti sopra e due sotto e dunque, quando raramente vengono pescate, i pescatori le rigettano in mare poiché non possono venderle o, se per errore restano nelle cassette, vengono facilmente identificate dagli Organi di Controllo così come dimostrano le segnalazioni fino ad oggi effettuate dai veterinari competenti per territorio (anche se non pubblicizzate via stampa).”
La normativa comunitaria, in particolare il Regolamento CE n. 853/2004, vieta la vendita e la commercializzazione dei pesci palla in tutta l’Unione Europea, proprio per il rischio legato alla presenza di tetrodotossina. In Italia, il divieto di commercializzazione esiste dal 1992, ma manca un sistema integrato di monitoraggio e risposta rapida.

Cosa fare?
Tra le misure proposte dallo studio croato troviamo: rimozione mirata durante il periodo riproduttivo, informazione attraverso canali digitali e stampa, formazione del personale medico e delle forze dell’ordine costiere. Si parla anche di sviluppare un’app per il riconoscimento e la segnalazione da parte dei cittadini, valorizzando così il ruolo della citizen science*.
Il caso del pesce palla argenteo a Medulin rappresenta un esempio emblematico delle ripercussioni dei cambiamenti climatici e dei rischi connessi alle specie aliene nei nostri mari. In passato abbiamo parlato anche del pesce scorpione Pterois miles, specie aliena, sempre più presente nel Mediterraneo, commestibile ma molto pericoloso poichè la puntura può creare gravi danni e, in rari casi, può essere letale. La lotta contro la diffusione di “L. sceleratus” richiederà uno sforzo congiunto tra istituzioni, comunità locali e mondo scientifico. La priorità resta quella di proteggere la salute pubblica e la biodiversità, evitando che un problema scientificamente conosciuto diventi una crisi ambientale e sanitaria.
* Il complesso di attività di ricerca scientifica che coinvolge il pubblico.
© Riproduzione riservata. Foto: Acta Ichthyologica et Piscatoria, Unsplash.com/James Lee
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Giornalista, redattrice de Il Fatto Alimentare, con un master in Storia e Cultura dell’Alimentazione
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