La panna da cucina UHT è un prodotto semplice con variazioni minime tra una marca e l’altra. Sugli scaffali si trovano confezioni all’apparenza abbastanza simili, proprio perché la panna è una frazione del latte, separata per affioramento spontaneo o per centrifugazione, con un contenuto di grasso variabile dal 20% al 25%.

Il Fatto Alimentare ha confrontato le tre confezioni da 200 ml di panna UHT firmate: Sterilgarda, Conad e Apprezzo,  acquistate in un ipermercato Leclerc-Conad, individuando poche differenze.

panna sterilgarda

Le tre marche sono tutte prodotte nello stabilimento di Castiglione delle Stiviere da Sterilgarda, un’azienda specializzata nella produzione di alimenti con il marchio delle catene di supermercati. Gli ingredienti sono gli stessi, i valori nutrizionali sono simili e anche la variazione di prezzo risulta contenuta.  In questo caso l’elemento discriminante tra le diverse confezioni è la quantità di grasso. La panna di Conad e Sterilgarda ha un contenuto pari al 23%,  mentre Apprezzo ne ha solo il 20%.

L’altro elemento da considerare riguarda la scelta di  Conad di dichiarare in etichetta l’origine della materia prima “100% latte italiano”. Abbiamo chiesto chiarimenti a Sterilgarda. La risposta è stata molto semplice: tutti i tipi di panna confezionati nel nostro stabilimento utilizzano  latte nazionale e per la lavorazione si usa il metodo della centrifugazione (considerato migliore rispetto all’affioramento).

panna conad

Per quanto riguarda il prezzo le differenze tra  Sterilgarda e Conad sono minime (0,85 euro contro 0,79 euro a confezione), mentre Apprezzo scende a 0,65, ma bisogna considerare che il contenuto di grasso inferiore riduce i costi della materia prima.

Alla fine le differenze risultano abbastanza marginali e forse per questo il consumatore quando acquista la panna da cucina sceglie nel 40% dei casi una marca commerciale, che in genere costa il 30% in meno rispetto al prodotto leader.

tabella panna

*a confezione (200 ml)

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costante
costante
4 Dicembre 2013 20:56

Questo dimostra quanto le catene della GDO tiri il collo ai produttori, che certamente , per sostenere aggiornamento tecnologico e ricerca non applicano valore aggiunto oltre limiti irragionevoli, e devono sopportare la concorrenza sleale dei propri clienti, o spesso di piccoli produttori ugualmente presi per il collo. Ciò porta il sistema industriale verso il collasso per mancanza di ossigeno.