La terra che negli ultimi 10 anni è stata sottratta ai suoi abitanti per essere venduta a investitori stranieri basterebbe a coltivare cibo per quel miliardo di esseri umani attualmente afflitto dalla fame. Lo dimostra Oxfam nel rapporto sul land-grabbing, la rapina delle terre, pubblicato oggi assieme al lancio di una petizione pubblica, affinché la Banca Mondiale sospenda gli investimenti sui fondi agricoli in attesa di fare chiarezza sull’impatto umano di ciascuno di essi.

 

Il rapportoChi ci prende la terra, ci prende la vita” mostra come oltre il 60% degli investimenti internazionali in agricoltura, tra il 2000 e il 2010, ha avuto luogo in paesi in via di sviluppo gravemente colpiti da fame e malnutrizione cronica. A livello globale, si sta parlando di 203 milioni di ettari di terreno. Eppure i due terzi degli investimenti mirano non a soddisfare le esigenze di consumo locale bensì a esportare le merci. Oltre il danno agli agricoltori espropriati dei loro mezzi di sussistenza, la beffa: quasi il 60% delle terre in questione sono destinate a colture per i biocarburanti.

 

Ogni 4 giorni un’area più grande della città di Roma, nei Paesi più disperati, viene venduta a investitori stranieri. In Liberia, per dirne una, in soli cinque anni il 30% del territorio nazionale è stato ceduto ad altri. Le compravendite di terreni sono triplicate durante la crisi dei prezzi alimentari 2008-2009, perché l’agricoltura intensiva si è rivelata un investimento sempre più redditizio, e continueranno a crescere grazie all’aumento ormai strutturale dei listini.

 

Nella campagna “COLTIVA – Il cibo, la vita, il pianeta”, Oxfam porta avanti la sua lotta contro il land grabbing. La corsa alla terra dei grandi investitori, tra i quali anche i fondi-pensione europei e americani, è selvaggia e senza precedenti. I più poveri continuano a venire sfrattati dalle loro terre, sfollati spesso con la violenza, senza neppure venire consultati. Un abominio che non si può tacere.

 

Soprattutto, Oxfam lancia un appello urgente per chiedere alla Banca Mondiale di sospendere subito i suoi investimenti sui terreni agricoli, per il tempo necessario a introdurre politiche più efficaci per fermare il land grabbing. Gli investimenti della Banca Mondiale in terreni agricoli sono aumentati del 200% negli ultimi 10 anni, mentre l’International Finance Corporation – il settore della Banca che eroga prestiti al settore privato – definisce gli standard seguiti da molti investitori. Dal 2008 in poi sono stati presentati 21 reclami per violazione dei diritti sulla terra da parte delle comunità interessate dai progetti della Banca Mondiale.

 

«La Banca mondiale, che è un investitore diretto e un consulente per i paesi in via di sviluppo in merito alle acquisizioni di terre, ha la responsabilità di evitare che l’accaparramento di terra diventi uno dei grandi scandali del XXI secolo», dichiara Elisa Bacciotti, responsabile della campagna COLTIVA di Oxfam Italia. «Sospendendo temporaneamente i propri investimenti nel settore e rivedendo le proprie pratiche, la Banca Mondiale può diventare un esempio per tutti gli investitori e i governi e incoraggiarli a favorire realmente lo sviluppo delle comunità più povere».

 

Oxfam chiede che l’incontro annuale della Banca Mondiale in programma a Tokyo dal 12 al 14 ottobre – il primo a tenersi dalla nomina di Jim Kim come presidente – segni un primo passo verso la sospensione degli investimenti sulla terra da parte della Banca Mondiale. Questo passo è necessario per inviare un segnale forte agli investitori internazionali, migliorare gli standard in materia di trasparenza, consultazione e consenso, diritto alla terra, sicurezza alimentare, e, in ultima analisi, fermare il land grabbing.

 

Dario Dongo

 

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Guarda la video-animazione: Dì basta al land grabbing

Scarica il rapporto integrale “Chi ci prende la terra, ci prende la vita

Per saperne di più: Oxfamitalia.org 

 

Foto: Photos.com, Oxfamitalia.org