r-159309260-oliveDopo molte polemiche la legge Mongiello, soprannominata la “Salva olio italiano”, è stata approvata il 19 dicembre scorso in via definitiva. Il regolamento porterà un forte inasprimento delle sanzioni per frodi e contraffazioni e nuove norme per le etichette e i marchi ingannevoli.

 

Il provvedimento che ha per titolo: “Norme sulla qualità e la trasparenza della filiera degli oli di oliva vergini” è stato salutato con favore dalla maggioranza delle associazioni agricole ed agroalimentari: Unaprol, Cno, Alleanza cooperative, Cia e Coldiretti.

L’unica nota dissonante è quella di Confagricoltura: “Temiamo fortemente un appesantimento burocratico ed economico a carico delle imprese. Senza contare il peso del nuovo impianto sanzionatorio che, pur essendo giustamente dissuasivo rispetto ai possibili comportamenti illeciti, avrebbe dovuto attutire le disposizioni più gravose”.

 

Ma quali sono le novità principali del provvedimento? Cosa cambia per l’etichettatura? Le sanzioni saranno davvero così pesanti? La legge aiuterà davvero la trasparenza nel settore?

 

Uno dei capitoli che interviene in maniera più sostanziale sulla filiera olearia italiana è proprio sui sistemi da adottare contro frodi e sofisticazioni. In particolare l’art. 12 dispone che venga accertata la responsabilità penale di eventuali comportamenti illeciti da parte di taluni soggetti e che la stessa, in caso di accertamento, venga estesa all’ente che questi soggetti rappresentano. L’art. 13 prevede sanzioni accessorie per contraffazione di olio Igp o Dop.

L’art. 14 prevede la pubblicazione della condanna sui quotidiani nazionali e il divieto per cinque anni di operare nel settore, oltre alla confisca di beni e denaro per il condannato che non possa giustificarne la provenienza. L’art. 15 dispone sanzioni accessorie in caso di condanna per adulterazione o contraffazione e divieto di svolgere attività imprenditoriali.

 

La norma prende in esame anche le etichette e stabilisce un carattere minimo di 1,2 millimetri per la designazione dell’origine che devono essere ben visibili rispetto al colore del fondo. Nel caso di miscele di oli di oliva estratti in un altro Stato membro o Paese terzo, la dicitura va preceduta dal termine “miscela”, stampato in maniera evidente rispetto alle altre indicazioni. Per quanto riguarda il termine di conservazione la nuova regola è che non si possono  superare i 18 mesi dalla data di imbottigliamento.

 

La norma disciplina anche la registrazione e l’uso dei marchi per cui “Non possono costituire oggetto di registrazione come marchio d’impresa i segni idonei ad ingannare il pubblico sulla provenienza geografica delle materie prime degli oli di oliva vergini”. Viene ribadito che: “gli oli di oliva vergini proposti in confezioni nei pubblici esercizi ….devono possedere idoneo dispositivo di chiusura in modo che il contenuto non possa essere modificato senza che la confezione sia aperta o alterata, ovvero devono essere etichettati in modo da indicare almeno l’origine del prodotto ed il lotto di produzione a cui appartiene.” Per assicurare che sugli scaffali vi siano oli corrispondenti alle caratteristiche merceologiche previste (ndr per l’extra vergine l’assoluta assenza di difetti) l’articolo 2 dà valore probatorio nei procedimenti giurisdizionali al panel test.

 

L’articolo 8  focalizza l’attenzione sulla concorrenza sleale e dispone che l’Autorità di garanzia sulla concorrenza e il mercato vigili sull’andamento dei prezzi e adotti misure per impedire “le intese o le pratiche concordate tra imprese che hanno per oggetto o per effetto di ostacolare, restringere o falsare in maniera consistente la concorrenza”.

 

Sono stati messi dei limiti alle vendite sottocosto nei supermercati: “nel settore degli oli di oliva extra vergini la vendita sottocosto è soggetta alla comunicazione al Comune dove è ubicato l’esercizio commerciale, almeno venti giorni prima dell’inizio, e può essere effettuata solo una volta nel corso dell’anno. È comunque vietata la vendita sottocosto effettuata da un esercizio commerciale che, da solo o congiuntamente a quelli dello stesso gruppo di cui fa parte, detiene una quota superiore al dieci per cento della superficie di vendita complessiva esistente nel territorio della provincia dove ha sede l’esercizio.”

 

Ora la parola passa a Bruxelles perché la legge interessa un settore su cui il legislatore comunitario è già intervenuto più volte, così, in base ai trattati, occorre un nullaosta  che dovrà tenere conto delle eventuali osservazioni che perverranno dai Paesi membri.

La notifica alla Commissione è stata effettuata il 21 novembre scorso e Bruxelles ha tre mesi di tempo per far pervenire eventuali contestazioni. Se ne deduce quindi che la legge non sarà pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, e non sarà in vigore, almeno fino al 22 febbraio prossimo.

 

Da quando diventerà pienamente operativa la sua applicazione immediata e piena potrebbe riservare qualche sorpresa. Infatti la norma non prevede alcun periodo transitorio per lo smaltimento delle scorte né del prodotto già imbottigliato né delle etichette, né per il mondo produttivo ma neanche per il commercio. Ne risulta che i produttori, ma soprattutto i confezionatori, dovranno uniformarsi subito al disposto sia per quanto riguarda la dimensione dei caratteri, la grafica, dizione della designazione d’origine e marchi.

 

È consigliabile, per olivicoltori e frantoiani, verificare già oggi la dimensione del carattere della designazione d’origine (ovvero Made in Italy, 100% italiano e simili) ed eventualmente predisporre un bollino aggiuntivo da applicare sulla confezione qualora non soddisfi le caratteristiche richieste dalla nuova normativa.

 

Alberto Grimelli

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