Soya harvesting

“La modificazione genetica di piante e animali causa spesso risultati non intenzionali”. Non è lo slogan di un gruppo di attivisti anti-Ogm, ma una parte della proposta di legge 2637 dello Stato americano di Washington per l’etichettatura degli alimenti geneticamente modificati, e che se verrà approvata porterà a un referendum popolare. È questo uno dei risultati della campagna “Just label it!” (qui un video) che richiede sempre più a gran voce una corretta informazione alimentare.

Negli Stati Uniti l’etichettatura dei prodotti con ingredienti Ogm non è obbligatoria. L’iniziativa popolare è partita in sordina dallo stato della California, dove il referendum si terrà nel novembre 2012, ed è riuscita a coinvolgere altri 14 Stati. Non rappresenta solo la volontà di consumatori che, con i loro acquisti vogliono, o meno, supportare un certo tipo di agricoltura, ma anche quella di alcuni produttori, un migliaio di coltivatori che esportano grano. L’intento da parte loro è ottenere che il loro prodotto Ogm free sia maggiormente garantito e possa facilmente accedere nei Paesi dove l’utilizzo dell’ingegneria genetica per l’alimentazione umana è bandita.

Le stesse problematiche le stanno affrontando i produttori di bourbon, un whisky che prende il nome dall’omonima contea del Kentucky e che viene ottenuto da una miscela di cereali (minimo il 51% di mais). Anche se è un prodotto ottenuto tramite distillazione, le aziende coinvolte trovano difficoltà a piazzare le loro bottiglie nei mercati europei e asiatici, se non dietro la garanzia di aver utilizzato mais 100%convenzionale. Richiesta più che comprensibile, se si considera che la quasi totalità della produzione di mais americano è oramai Ogm.

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