assortimento di cupcake con glasse colarate

Il dibattito sull’uso alimentare delle nanoparticelle è sempre vivissimo. E’ di questi giorni la pubblicazione, da parte dell’inglese Food Standards Agency (FSA) di una ricerca sull’opinione dei consumatori riguardante l’uso delle nanotecnologie nel packaging alimentare e nei cibi, condotta tra la fine del 2010 e l’inizio dell 2011.

I risultati sono chiari: i consumatori dichiarano un atteggiamento positivo verso l’uso delle nanoparticelle per scopi giudicati importanti, come ridurre il contenuto di sale o di grassi degli alimenti, mentre bocciano usi “commerciali” come lo sviluppo di nuovi sapori e aromi. Mentre va registrato che le persone intervistate sono state relativamente aperte circa l’utilizzo delle nanotecnologie nel packaging alimentare, sottolineandone correttamente i potenziali benefici (“shelf life” prolungata e riduzione dei rifiuti), d’altra parte è impossibile non evidenziare un dubbio di fondo dei consumatori: le nanoparticlelle porteranno reali benefici alle persone o serviranno piuttosto ad accrescere i profitti  dell’industria alimentare?

Così ha commentato i risultati Andrew Wadge, ricercatore capo della FSA: “La ricerca suggerisce che, sebbene i consumatori possano essere scettici sulle motivazioni dell’introduzione della nanotecnologia negli alimenti, sono più propensi a guardarle in modo favorevole quando percepiscono un reale vantaggio per loro. Credo che sia le autorità di regolamentazione sia l’industria debbano ricavarne l’invito a essere trasparenti e a lavorare insieme per spiegare bene alla gente cosa sia la nanotecnologia e come può essere utilizzata nei prodotti alimentari”.

Infatti, una delle esigenze dei consumatori riguardava una maggiore trasparenza circa gli sviluppi della ricerca e la creazione di un registro degli alimenti che utilizzano le nanotecnologie, elaborato da un organismo indipendente da interessi industriali. Detto fatto: la Food Standards Agency sta già raccogliendo informazioni sull’utilizzo delle nanotecnologie nei prodotti alimentari allo scopo di creare un registro inglese degli alimenti in cui vengono impiegate.

Stefania Cecchetti

© Riproduzione riservata Foto: Depositphotos

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