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L’acqua che esce dai nostri rubinetti contiene microscopiche fibre di plastica. Il problema non riguarda solo il nostro Paese, ma la maggior parte del globo terrestre. Le rivelazioni arrivano da un’inchiesta avviata da Orb Media, un’organizzazione non profit di Washington, che ha condiviso con il Guardian in esclusiva, i risultati. Se i lavori precedenti erano in gran parte focalizzati sull’inquinamento negli oceani, e all’assunzione indiretta da parte dei consumatori di microplastiche attraverso il cibo (frutti di mare e pesci contaminati), il nuovo studio focalizza l’attenzione sull’ingestione quotidiana di microparticelle tramite l’acqua potabile.

Il dossier di Orb Media sulle microplastiche

Il dossier di Orb Media, denominato Invisibles: The Plastic Inside Us,  rappresenta il primo studio a livello globale sull’inquinamento dell’acqua potabile da parte di microplastiche. Nel dettaglio, sono stati esaminati 159 campioni di acqua potabile da mezzo litro provenienti da 14 paesi, localizzati in diverse zone del globo: Cuba, Ecuador, Francia, Germania, India, Indonesia, Irlanda, Italia, Libano, Slovacchia, Svizzera, Uganda U.K e U.S. Gli Stati Uniti sono stati identificati come il Paese con il tasso di contaminazione più elevato: valori che arrivano fino al 94%, con fibre trovate in acqua di rubinetto campionata anche negli edifici del United States Capitol (Campidoglio a Washington), nella sede dell’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente (EPA – Environmental Protection Agency) e persino nella Trump Tower a New York. Nella lista troviamo a seguire Libano e India.

Percentuale di campioni di acqua di rubinetto contenenti microplastiche prelevati in vari Paesi da OrbMedia

Le nazioni europee come il Regno Unito, la Germania e la Francia registrano un tasso di contaminazione più basso, anche se la presenza è stata riscontrata nel 72% dei casi. Per quanto riguarda le concentrazioni rilevate, il numero medio di fibre  in mezzo litro varia da 4,8 unità negli Stati Uniti sino a 1,9 in Europa. Si tratta di una contaminazione distribuita più o meno in mono uniforme in ogni parte del globo, indipendentemente dalla sede di approvvigionamento.

I prelievi sono stati condotti allo Sloane Club di Londra, in appartamenti privati a Beirut, da rubinetti domestici in Slovacchia, da un ponte pubblico sulle rive del lago Victoria in Uganda. Benchè gli effetti sulla salute umana non siano a oggi noti, le parole degli esperti non lasciano spazio ai dubbi: “Abbiamo dati sufficienti per affermare che l’inquinamento da microplastiche è preoccupante per la fauna selvatica”, sostiene Sherri Mason, esperto in microplastiche presso l’Università di New York. “Se il fenomeno ha un forte impatto negativo sulla fauna, come possiamo pensare che la salute dell’uomo non ne sia compromessa?”

Lo studio irlandese

Un altro studio condotto in Irlanda nel mese di giugno ha posto l’accento su due questioni importanti: la dimensione delle particelle e le sostanze chimiche o gli agenti patogeni che le microplastiche possono trasportare. “Stiamo rilevando solo le particelle con dimensioni che siamo in grado di misurare – spiega Anne Marie Mahon del Galway-Mayo Institute of Technology irlandese – ma è possibile che ve ne siano di molto più piccole, in grado di penetrare nelle cellule e di conseguenza negli organi con effetti molto preoccupanti”. Non bisogna dimenticare che le microplastiche sono note perché  contengono e assorbono sostanze chimiche tossiche e la ricerca su animali selvatici mostra il rilascio nel corpo. Il professor Richard Thompson, dell’Università di Plymouth, nel Regno Unito, ha dichiarato: “È evidente che le microplastiche una volta assunte dall’organismo rilasceranno sostanze chimiche di diverso tipo: le condizioni nell’intestino sono tali da facilitare un rilascio piuttosto rapido”.

Incremento dei rifiuti di plastica negli ultimi decenni

Le microplastiche nel mondo

La scala della contaminazione da microplastiche a livello globale sta cominciando a diventare chiara solo negli ultimi anni, dopo che studi condotti in Germania hanno evidenziato l’inquinamento in prodotti alimentari come: birra, miele e sale da cucina. A Parigi nel 2015, i ricercatori hanno scoperto che frammenti di microplastiche sono presenti nell’aria delle città e anche tra le mura domestiche. È quindi possibile quindi che l’assunzione avvenga anche tramite la respirazione e su questo tema si stanno conducendo indagini al King’s College di Londra. Quale sia il percorso seguito da questi contaminanti per finire nell’acqua di rubinetto resta per ora un mistero, anche se l’atmosfera potrebbe essere una strada per  fibre di plastica provenienti dall’usura di vestiti e tappeti.

Le asciugatrici sono un’altra fonte potenziale, con quasi l’80% delle famiglie americane che possiede questo elettrodomestico con scarichi all’aperto. Le fibre di plastica possono anche essere scaricate nei sistemi idrico attraverso le lavatrici. Ogni ciclo  di lavaggio potrebbe rilasciare 700.000 fibre e anche le piogge potrebbero  contribuire con l’abbattimento al suolo delle microplastiche presenti in atmosfera. Questo spiegherebbe perché i pozzi domestici utilizzati in Indonesia o l’acqua proveniente da sorgenti naturali a Beirut, in Libano, siano contaminati.

Soluzioni in vista?

Soluzioni immediate? Nessuna, visto che i moderni  sistemi standard di trattamento dell’acqua non sono in grado di filtrare tutte le microplastiche. Mahon ha dichiarato: “Non esiste un sistema che intrappoli il 100% delle particelle. Considerando un diametro di circa 10 micron, è pressoché impossibile trovare metodi efficaci di filtrazione”. L’acqua minerale in bottiglia non sembrerebbe rappresentare un’alternativa valida all’acqua di rubinetto in quanto la contaminazione da microplastiche è stata evidenziata anche in alcune confezioni prelevate dagli scaffali negli Stati Uniti. I materiali plastici polimerici in virtù delle proprietà funzionali e del costo conveniente sono utilizzati in ogni settore e il  loro impiego è aumentato di 20 volte negli ultimi 50 anni e si prevede il raddoppio nei prossimi 20. Il problema si pone viso che secondo i  ricercatori i rifiuti derivati da quest’impiego sono onnipresenti nell’ambiente.

Il disegno mostra le fonti di microplastiche in grado di contaminare l’ambiente e l’acqua potabile (tessuti sintetici, lavaggio in lavatrice, plastica abbandonata nell’ambiente…)

“Stiamo sempre più soffocando gli ecosistemi con la plastica – afferma Roland Geyer, professore dell’Università della California e Santa Barbara, e promotore dello studio – e sono molto preoccupato per le possibili conseguenze non intenzionali negative che scopriremo solo quando sarà troppo tardi”. Le recenti analisi sull’acqua di rubinetto evidenziano un grosso problema, a questo punto bisogna andare avanti con altri studi per verificare i risultati, trovare le fonti di contaminazione e valutare i possibili impatti sulla salute. Ma tutto ciò richiede mesi e forse anni, ma il tempo stringe.

Ecco i consigli che suggerisce lo studio di Orb Media ai cittadini per ridurre la diffusione delle microplastiche nell’ambiente

© Riproduzione riservata Foto: Orb Media

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Roberto
Roberto
15 Settembre 2017 12:46

Ci dimentichiamo che ormai il 90% delle tubature dell’acqua potabile è in materiale plastico. Non potrebbe essere il loro semplice deterioramento a rilasciare particelle nell’acqua? E’ sicuramente più plausibile questa di motivazione che la loro provenienza dal ciclo dell’acqua.

MArio
MArio
19 Settembre 2017 14:27

Il problema fondamentale è l’aria.
Basta usare una torcia di notte in casa nostra per vedere milioni di filamenti galleggianti che si depositano nei nostri piatti quando mangiamo e nei nostri bicchieri.
Una volta tali fibre erano di natura animale adesso sono diventate soprattutto sintentiche con buona pace dei vegani che considerano il pile, la pelle sintentica, i tessuti sintetici tecnici un prodotto da osannare per condannare fibre ecocompatibili e biodegradabili come la lana e la pelle di animali trattati naturalmente.

Gabriele
Gabriele
Reply to  MArio
23 Settembre 2017 15:23

Mario sei in errore. I vegani spingono sì a non utilizzare fibre animali ma non di certo ad usare plastiche, piuttosto canapa e fibre vegetali, materiale alternativo biocompatibile. Associare ai vegani queste etichette ragionate dal nulla sono inutii e no aiutano nessuno. sono odiosi tanto i vegani rompini maestrini quanto chi ce l’ha a morte con loro e non perde tempo ad attaccarli. No , non sono vegano ma condivido, dovremmo condividere la maggior parte dei loro ideali.

Alice
Alice
Reply to  MArio
23 Settembre 2017 16:14

Cosa c’entrano i vegani adesso con le micro particelle di plastica? ma come si fa a ragionare in questa maniera? Adesso la colpa è dei vegani!

Roberto Contestabile
Reply to  MArio
23 Settembre 2017 18:55

ecco un altra scusa banale e ridicola per dare addosso ai vegani. Meglio quindi sterminare miliardi di Animali (200 all’anno)?

Roberto Contestabile
Reply to  MArio
23 Settembre 2017 19:00

Come se nelle pelli o pellicce non usassero additivi chimici o fibre sintetiche per compensare il restante tessuto (fodera, cerniere, bottoni ecc.).

Roberto
28 Settembre 2017 10:55

non è vero..

Costante
Costante
10 Ottobre 2017 11:28

La microfiltrazione a livello di 1- 3 microns , condotta correttamente, praticabile anche con membrane ceramiche inerti potrebbe essere una importante alternativa , sia per le acque minerali che per impianti domestici individuali o condominiali o di comunità . Forse un po’ meno per gli acquedotti pubblici di grandi portate, che peraltro sovente sono interessati da presenza significativa di limo ed altre particelle più o meno grosse che troviamo abitualmente nei filtri dei rubinetti .
Attualmente negli impianti di acque di sorgente la microfiltrazione è vietata per legge, e a suo tempo contrastata violentemente dai produttori di acque minerali quando comparve all’inizio degli anni 2000 sul mercato una ottima innovazione di acqua microfiltrata i bottiglia di PET