Più sano ed equilibrato è il cibo servito nelle mense scolastiche americane, minore è la prevalenza dell’obesità tra gli studenti che le frequentano. A indicare questa associazione è una complessa indagine sulla ristorazione scolastica negli Stati Uniti condotta da un gruppo di economisti ed epidemiologi dell’Università dell’Illinois a Chicago. Un’indagine che, sostiene la nutrizionista Marion Nestle in un editoriale di commento, sottolinea ancora una volta l’importanza della scuola come punto di partenza per contrastare la dilagante obesità infantile.
Le linee guida per le mense scolastiche in USA
Dal 1946 è attivo nelle scuole pubbliche americane il National School Lunch Program, un programma federale di ristorazione che ogni giorno fornisce a bambini e ragazzi provenienti da famiglie a basso reddito pasti gratuiti o a prezzo contenuto, formulati sulla base delle indicazioni nutrizionali del Dipartimento di Stato dell’agricoltura (USDA).
Queste indicazioni sono state riviste in una direzione più ‘salutista’ solo l’anno scorso, per la prima volta dal 1995, ma nel tempo alcuni Stati avevano già provveduto a emanare direttive più stringenti per i pasti a scuola. Si richiedeva per esempio un aumento delle porzioni di frutta, verdura e cereali integrali, una diminuzione del contenuto di grassi trans e una riduzione delle calorie per pasto. Bene: l’economista Frank Chaloupka e colleghi sono andati a vedere proprio che cosa succedeva in questi Stati, rispetto a quelli nei quali non c’era stato alcun intervento aggiuntivo. Come spiegato su Jama Pediatrics, i ricercatori hanno preso come anno di riferimento il 2006-2007, analizzando la situazione per ragazzini di 13-14 anni di età.
Obesità e scuole
Poiché il rischio di obesità è maggiore per i bambini di famiglie a basso reddito, non è stato sorprendente osservare – in tutti gli Stati – un tasso superiore di questa condizione per gli studenti che accedevano ai pasti gratuiti o a prezzo ridotto, rispetto a quelli che consumavano pasti a prezzo pieno o non mangiavano in mensa. Il dato interessante, però, è che negli Stati dove si sono direttive più stringenti la prevalenza dell’obesità è risultata inferiore. E minore era anche la differenza tra il tasso di obesità dei bambini che consumavano pasti convenzionati e quello degli altri studenti. «In conclusione – commenta Nestle – lo studio mostra un’associazione tra standard più stringenti della ristorazione scolastica e una migliore condizione del peso, specialmente tra gli studenti a basso reddito».
Certo, parliamo di associazione e non di rapporto causa-effetto. Lo studio non è in grado di dirci se è effettivamente il tipo di pasto servito a scuola a portare a una riduzione del peso degli studenti, però è chiaro che indica una strada da perseguire.
I dati raccolti suggeriscono che gli studenti degli Stati con direttive più rigorose non hanno ‘compensato’ i pasti più salutari acquistando dai distributori della scuola quantità maggiori di junk food o di bevande gassate. «Ecco perché vale la pena considerare seriamente lo strumento della regolamentazione governativa» scrive Marion Nestle sul suo blog. E prosegue: «L’industria alimentare da sola non può fare grossi cambiamenti. È il governo che deve livellare il campo da gioco».
La situazione in Italia
Qual è invece la situazione nel nostro Paese? E visto che da noi più di un bambino su tre è in sovrappeso oppure obeso, come stanno le cose dal punto di vista della ristorazione scolastica?
Il riferimento è costituito dalle Linee di indirizzo nazionale per la ristorazione scolastica, emanate nel 2010 dal ministero della Salute. «L’ispirazione è la dieta mediterranea» chiarisce Andrea Ghiselli, ricercatore dell’Inran e tra gli autori del documento. «In breve, le linee dicono che il pasto a scuola dovrebbe coprire circa il 35% del fabbisogno energetico della giornata. Questa energia dovrebbe provenire in prima istanza dai carboidrati, poi dai grassi e infine dalle proteine». Non mancano le indicazioni di consumo: frutta e verdura tutti i giorni, legumi 1-2 volte alla settimana, salumi 2 volte al mese.
Una dieta super equilibrata, insomma, ma non obbligatoria. Linee di indirizzo significa che sarebbe bene fare così, ma un istituto potrebbe anche proporre una dieta fatta solo di pizza e patatine. Ecco perché sarebbe bene capire che cosa succede davvero nelle mense delle scuole italiane. «Nessuno ha il quadro completo della situazione» afferma Ghiselli che, nondimeno, è d’accordo sul fatto che la scuola potrebbe fare molto per contrastare il rischio obesità, non solo fornendo pasti equilibrati (il pranzo, ma se possibile anche la merenda di metà mattina).
«L’ideale sarebbe anche fornire alle famiglie qualche indicazione su come i ragazzi dovrebbero comportarsi a casa, a colazione e a cena, tenendo conto di quanto e di che cosa hanno mangiato a scuola. Sarebbe un intervento di educazione alimentare a bassissimo costo e probabilmente ad alto impatto».
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giornalista scientifica
Che il pasto erogato nelle mense scolastiche debba essere un elemento “regolatore” della dieta dei bambini è un concetto pienamente condiviso da Milano Ristorazione che nel capoluogo lombardo ha adottato con rigore le Linee Guida per la Ristorazione Scolastica. I menu serviti agli studenti sono pensati abbinando quattro elementi: l’equilibrio nutrizionale, la varietà, la presenza costante di frutta e verdura e il gusto dei bambini.
Milano Ristorazione non si limita a proporre un menu sano, adeguato, con informazioni ad ogni cambio di menu, sul proprio sito suggerisce ai genitori come abbinare in modo ottimale il pasto consumato a scuola con quelli di casa.
Vogliamo insistere sul consumo di frutta come valido strumento per combattere l’obesità infantile, per questo stiamo mettendo a punto la distribuzione della frutta a metà mattina in sostituzione delle merendine portate da casa.
Inoltre, consumando un frutto a merenda a metà mattina i bimbi arrivano a pranzo con maggiore fame, consumano maggiormente il pasto e gli scarti alimentari si riducono. In questo modo si promuovere il maggiore consumo della frutta che proposta solitamente a fine pasto viene poco mangiata. Per fare ciò l’azienda si sta impegnando nella ricerca di fondi specifici in grado di coprire l’aggravio di costi correlati. L’obiettivo è di dare un contributo al problema dell’obesità dei ragazzi e cercare di migliorare lo stato di salute delle nuove generazioni.
Gabriella Iacono
presidente di Milano Ristorazione SpA