Melinda: le mele trentine si conservano per diversi mesi non solo nei capannoni ma anche sotto terra, l’impianto pilota è in galleria
Melinda: le mele trentine si conservano per diversi mesi non solo nei capannoni ma anche sotto terra, l’impianto pilota è in galleria
Agnese Codignola 14 Febbraio 2014Melinda, il consorzio di produttori di mele del Trentino che riunisce 16 cooperative e produce quasi 350.000 tonnellate di mele ogni anno, sta sperimentando un nuovo modo di conservare la frutta dopo la raccolta. Adesso lo stoccaggio avviene in grandi capannoni in cui le mele restano per diversi mesi in un ambiente con l’atmosfera modificata per rallentare la maturazione. La novità consiste nel conservare le mele in gallerie all’interno di una montagna, per assicurare naturalmente le condizioni di temperatura e aerazioni ideali, senza dover ricorrere ai costosi impianti di condizionamento.
Il progetto Ipogeo è stato presentato al recente convegno di Fruitech Innovation intitolato: “Nature is a perfect machine. Sustainable”, dedicato all’innovazione nel trattamento e nella conservazione della frutta, svoltosi a Milano lo scorso 21 gennaio.
L’idea è nata nel 2010, dopo una fase di studio di modelli che riguardavano il consumo energetico, la tenuta ai gas e la qualità delle mele così conservate, oltre a una simulazione della sostenibilità economica. Alla fine si è giunti, nel 2012, alla messa a punto della prima cella prototipo. In un primo momento si pensava di sfruttare le gallerie impiegate in passato per l’estrazione di una roccia sedimentaria, la dolomia, dall’azienda Tassullo Materiali, e dismesse. Le vecchie cave però non si sono rivelate delle dimensioni adatte, le due imprese sono quindi giunte a un compromesso: i nuovi spazi (circa l’80% del totale) saranno idonei per la conservazione della frutta, e tutto il materiale estratto sarà impiegato dalla Tassullo per l’edilizia.
L’impianto pilota è composto da due gallerie parallele nelle quali vengono stivate le mele, unite da corridoi perpendicolari che confluiscono in una terza galleria centrale, utilizzata per la movimentazione delle cassette (vedi foto sotto). Il modulo attivo è il primo di una serie di tre strutture, tutte in parallelo e collegate a un’unica galleria che conduce verso l’esterno, per il trasporto e il carico. L’impianto completo dovrebbe essere pronto nell’arco di 3-5 anni. In questa prima fase, il trasporto delle mele nei vari centri di distribuzione avviene via terra, ma in futuro l’impianto prevede una zona di atterraggio per aerei cargo in grado di caricare le mele grazie a un sistema di nastri trasportatori.
Il complesso è poco visibile dall’esterno proprio perché è ricavato all’interno di una montagna, e il ridotto impatto paesaggistico sarà mantenuto anche nei prossimi anni. Alla fine saranno comunque visibili soltanto le aree di carico e le porte delle gallerie di accesso.
In base ai dati già ottenuti e alle simulazioni, i risultati dovrebbero essere significativi in termini di efficienza ambientale ed energetica. Si risparmierebbero 27.000 metri cubi di acqua ogni anno (cioè quanto 10 piscine olimpioniche), dieci ettari di territorio e paesaggio (dieci campi da calcio), e 250.000 metri cubi di capannoni ed edifici. Anche l’emissione di CO2 dovrebbe diminuire di 40.000 chilogrammi ogni anno (l’equivalente di un bosco di conifere da 50 ettari in più).
Oltre ai risultati di carattere ambientale, l’azienda si attende un risparmio del 20% dei costi di costruzione e del 30% di quelli di gestione con un ritorno importante in termini di immagine (il modello è unico al mondo) e un mantenimento se non un miglioramento della qualità delle mele. Secondo Melinda il progetto è in linea con le più moderne esigenze di contenimento dei costi ambientali e paesaggistici della produzione industriale, e risponde anche alle esigenze di un pubblico sempre più attento anche a questi aspetti.
Agnese Codignola
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Foto: Photos.com; progetto Ipogeo Melinda
Giornalista scientifica