Dobbiamo continuare a gettare le mascherine chirurgiche nella spazzatura dopo qualche ora di utilizzo? Un team di ricercatori francesi dopo un anno e mezzo di test di laboratorio, ha dimostrato, in uno studio pubblicato lunedì 11 ottobre sulla rivista scientifica Chemosphere, che le mascherine chirurgiche conservano il potere filtrante e la loro traspirabilità dopo dieci passaggi in lavatrice. Le prestazioni restano addirittura superiori a quelle delle mascherine in tessuto di categoria 1, con una capacità di filtrazione batterica superiore al 98% contro il 90%. Si tratta di un sospetto che molti consumatori avevano ma non erano ancora stati sistematicamente valutati.
“Ci siamo fermati a dieci lavaggi come parte del nostro studio, ma possiamo immaginare di fare di più”, assicura Philippe Cinquin, coordinatore scientifico del Center for Clinical Investigation dell’ospedale universitario di Grenoble. A questo punto possiamo applicare una semplice regola che prevede di buttare via la maschera quando è danneggiata e non si adatta più bene al viso. Dopo diversi passaggi in lavatrice, lo strato esterno della mascherina potrebbe effettivamente assumere un aspetto ‘soffice’, la cui comparsa si può cercare di ritardare il più a lungo possibile lavandola maschera in una federa chiusa. Questi ‘pelucchi’ possono risultare fastidiosi e determinare la fine della vita della mascherina, anche se le proprietà di filtrazione rimangono efficaci, spiegano gli autori nel loro studio.
Le parti più fragili sono infatti la barra nasale, l’elastico intorno all’orecchio e soprattutto il punto di saldatura sugli angoli. Poiché il corretto adattamento al viso è essenziale per garantire una protezione ottimale, la durata di questi elementi influenza fortemente il riutilizzo della maschera.
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
Bisogna pero’ specificare il rilascio di microfibre che dopo il lavaggio finisce inevitabilmente negli scarichi e cosi’ in fiumi e mari.
Sarebbe bene precisare che l’utilizzo di mascherine in cotone con doppio strato sarebbero da preferire. La situazione Covid sembra che durera’ ancora a lungo, meglio optare per scelte piu’ sostenibili.
Grazie
Invece di diffondere tante notizie ingannevoli e in contraddizione sull’epidemia, sarebbe molto importante far circolare questa informazione, peccato saperlo solo a 2 anni dall’inizio della pandemia, ma meglio tardi che mai!
Se n’era già parlato in precedenza, le mascherine lavate in lavatrice a 60° escono utilizzabili quanto quelle nuove, e quelle in stoffa possono essere lavate anche a mano se poi vengono stirate col ferro a 100° che sicuramente elimina eventuali virus.
Ma se la mascherina è stata usata per poche ore, ad esempio per il tempo della spesa al super, anche la sola esposizione all’aria aperta e al sole per il resto della giornata è sufficiente non solo ad asciugarla ma anche a sanificarla, i virus sulle superfici in quelle condizioni (sole, aria in movimento) si disattivano in poche ore.
Per l’elastico, che è il componente più delicato quanto a detersivi e temperature, se il resto della mascherina è integro si può sostituire con un comune elestichino da ufficio, o con un pezzetto di elastico sottile da merceria che costa pochi euro al rotolo, e per fissarlo si può usare una cucitrice a punti metallici da ufficio.
Lavate parecchie volte, come le FFp2. Restano perfette. E confidiamo nel vaccino (che funzioni).