Un uomo e una donna anziani in cucina con frutta sul bancone; concept: dieta

Ci sono due tipi di regimi alimentari che abbassano il rischio di morte. E in molti punti coincidono, perché i principi fondamentali sono gli stessi: ampio spazio ai vegetali freschi, ai frutta a guscio e ai cereali integrali, pochissimo alle carni rosse, poco al pesce e ai formaggi, il tutto lavorato industrialmente il meno possibile, e condito con acidi grassi polinsaturi, preferibilmente con olio extravergine di oliva.

Giungono a risultati simili la dieta mediterranea e quella definita Planetary Health, che cioè tiene conto anche della sostenibilità di ciò che si mangia, oggetto di due diversi studi usciti a poche settimane di distanza.

La dieta mediterranea

Da tempo la dieta cosiddetta mediterranea, tipica dei paesi che si affacciano su questo mare, e basata sulle verdure e sulla frutta, sul pesce, sull’olio di oliva extravergine, sui frutti a guscio e sui cereali integrali è stata associata a effetti benefici sulla salute, al punto da essere diventata un riferimento per la maggior parte delle linee guida ufficiali. E ora uno studio con dati relativi a 25 anni, pubblicato su JAMA dai ricercatori del Brigham and Women’s Hospital di Boston, mostra una riduzione di un quarto circa della mortalità per tutte le cause in chi la segue. In esso il campione era costituito dalle donne che hanno preso parte al grande studio Women’s Health Initiative, lanciato nel 1993, inizialmente progettato per verificare gli effetti di un basso dosaggio di aspirina e della vitamina E sul rischio oncologico e cardiovascolare.

Ufficialmente chiuso nel 2004, nel tempo ha continuato a produrre dati, che hanno portato a più di 700 pubblicazioni, e ancora oggi è fonte di valutazioni da parte di diversi ricercatori. In questo caso, oltre a verificare i tassi di mortalità, gli autori hanno voluto andare più a fondo, per cercare di determinare a che cosa fosse dovuto un effetto così evidente.

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La dieta mediterranea si basa su verdure e frutta, pesce, olio di oliva extravergine, frutta a guscio e cereali integrali

Dieta e infiammazione

Hanno dosato circa 40 marcatori di diversi ambiti metabolici in circa 25.000 donne, e hanno scoperto che chi segue in modo fedele la dieta mediterranea ha un abbassamento degli indici infiammatori molto evidente rispetto a chi la segue di meno, e che tale parametro è l’elemento più strettamente associato a un calo della mortalità. Seguono quelli legati ai lipidi nel sangue, all’obesità e alla resistenza all’insulina, e poi gli aminoacidi a catena corta, le due forme di colesterolo HDL e LDL e la glicemia, mentre i valori di pressione hanno un ruolo secondario.

Pur con tutti i limiti derivanti dal fatto che un’associazione non dimostra l’esistenza di un nesso di causa ed effetto, che il campione era costituito da donne soprattutto caucasiche e mediamente istruite, che riferivano autonomamente ciò che mangiavano, un abbassamento della mortalità del 23% sembra essere indicativo di un effetto. Oltretutto, emerge soprattutto tra le due principali cause di morte: le malattie cardiovascolari e i tumori.

La dieta del pianeta

La diminuzione del rischio di morte potrebbe essere anche superiore, e pari a circa il 30%, per coloro che decidono di tenere conto anche della sostenibilità di ciò che portano in tavola, e cioè che seguono la cosiddetta Planetary Health Diet (PHD). Lo suggerisce il secondo studio, pubblicato sull’American Journal of Clinical Nutrition, condotto anch’esso da ricercatori di Boston, ma questa volta della T.H. Chan School of Public Health di Harvard. Gli autori, in particolare, hanno verificato le conseguenze di un’alimentazione che rispetti i principi espressi dal report di Lancet del 2019, da loro ribattezzata appunto PHD.

A tale scopo hanno analizzato i dati di circa 200.000 persone che avevano preso parte ad altri tre studi molto importanti, che continuano anch’essi a fornire informazioni preziose: quelli sulle infermiere (Nurses’ Health Study I e II) e quello sui professionisti sanitari maschi (Health Professionals Follow-Up Study), che avevano risposto ogni quattro anni alle domande su 15 tipi di alimenti per 34 anni, e per i quali erano disponibili i dati medici.

Ridurre il rischio di morte

Il risultato è stato che, per coloro che si trovavano nel 10% di maggiore aderenza alla PHD, il rischio di morte era diminuito di più del 30%, rispetto a coloro che si trovavano all’estremo opposto, e cioè nel 10% di più scarso rispetto della dieta. Oltre alla mortalità generale, tutti gli indici di morte principali, e cioè quelli per tumore, malattie cardiovascolari, neurodegenerative e polmonari erano più bassi, in chi aveva seguito la PHD.

In questo caso, poi, è stato controllato anche l’impatto ambientale di quello che i partecipanti avevano scelto di mangiare. Chi aveva rispettato i dettami della PHD aveva avuto una riduzione delle emissioni associate al suo cibo del 29%, dell’impiego di fertilizzanti del 21% e dello sfruttamento di suolo del 51%.

Secondo gli autori, le autorità sanitarie dovrebbero includere anche questo tipo di valutazioni, quando consigliano un certo regime alimentare. Il motivo è intuitivo: se si mangia meglio, si contribuisce a migliorare la condizione del pianeta. Ma a una Terra più in salute corrisponde anche un miglioramento della salute dell’uomo, per esempio grazie a una migliore qualità dell’aria, o a un contenimento del riscaldamento climatico.

La dieta è una parte cruciale dell’approccio One Health, e l’aumento degli studi che mettono insieme alimentazione, salute e sostenibilità dimostra che, finalmente, la sensibilità su questo aspetto sta crescendo.

© Riproduzione riservata. Foto: Depositphotos.

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luigiR
luigiR
25 Giugno 2024 12:11

Le autorità sanitarie? in Italia sono pressoché assenti. si può dire che c’è un certo fermento nel voler apprendere e decidere in maniera più salutare sulle proprie scelte alimentari, anche grazie a canali come “il fatto alimentare”, tra i consumatori, ma, a mio modo di vedere, ciò intacca una fetta di popolazione ancora troppo minoritaria, per poter dare riscontri significativi. occorre introdurre tale materia nell’insegnamento scolastico e, molto importante, mettere delle persone serie e motivate al ministero della salute. un’altra pecca italiana, i medici che sanno poco o nulla di alimentazione…

Paola
Paola
16 Luglio 2024 10:44

Ottimo articolo per le informazioni sulla dieta corretta basate sull’evidenza scientifica . Sarebbe utile conoscere anche se ci sono dati provati relativi a differenze sugli effetti positivi della dieta in base al genere, grazie

Angela De Cesare
Angela De Cesare
16 Luglio 2024 18:56

condivido pienamente, ma sono stata definita “talebana” quando suggerisco una scelta di cibo che non influisca negativamente sull’ambiente

Maria Rosa Pellegrini
Maria Rosa Pellegrini
17 Luglio 2024 13:38

Questo studio che voi citate è molto interessante.Credo che sia stato fatto su campioni di popolazione senza fattori infiammatori di tipo genetico.
Come voi sapete la celiachia è in infiammazione cronica dell’intestino.
Perche i geni responsabili non spariscono se non si mangia glutine.
Una dieta ricca di frutta specialmente a guscio verdura, senza cibi processati, con proteine vegetali , senza merendine e bibite, è la soluzione per la salute intestinale delle persone, specialmente per i celiaci che presentano un infiammazione di tipi genetico