La Cina si appresta ad entrare nel mondo della qualità agroalimentare europea sfatando molti miti sulla sua produzione. Siamo sempre stati abituati a considerare questa grande nazione come un concorrente pronta a inondare i nostri mercati con prodotti scadenti, ma è ora che si cambi prospettiva.
Il regolamento europeo (510/06) prevede che possano iscriversi al registro DOP IGP anche produzioni di paesi extraeuropei, purché siano rispettati tutti i requisiti previsti dallo stesso. Tra questi due sono considerati fondamentali: il legame storico (tradizione) e la specificità dell’ingrediente (biodiversità o ricetta). Fino ad oggi solo la Colombia ha registrato come DOP un suo prodotto, il Café de Colombia.
La Cina cha ha un territorio immenso, con una biodiversità altrettanto immensa e una storia di almeno 5000 anni, rappresenta quindi un vero pozzo per le produzioni di qualità.
Nella Gazzetta Ufficiale Europea del 22 settembre 2010 la Cina ha presentato ben 5 richieste d’iscrizione (tabella 1.) al registro europeo delle DOP IGP, che passati i sei mesi previsti per l’opposizione da parte degli Stati Membri, potranno entrare in commercio con il logo europeo alla fine di marzo.
Tra questi prodotti, quelli che potenzialmente potrebbero essere esportati ed entrare in competizione con i prodotti europeo, sono:
- la Mela Shaanxi Ping Puo che, data la possibilità di essere immagazzinata e trasportata senza particolari accorgimenti è molto adatta al commercio internazionale;
- il Guanxi Mi You, il pomelo uno dei tre progenitori di tutti gli agrumi, che potrebbe essere utilizzato nella produzione di succhi al posto dell’arancia e del limone;
- il Lixian Ma Shan Yao che potrebbe essere utilizzato dall’industria alimentare per sostituire le patate.
Il mercato produttivo delle DOP IGP europeo, stando all’ultima indagine della Commissione, è composto da più di 1000 prodotti, ma solo un centinaio di questi detengono l’80% del fatturato complessivo. Sembrerebbe che gli Stati Membri abbiano preferito tutelare le piccole produzioni locali, associandole all’idea che piccolo è bello.
Ma la Cina è pronta a rivoluzionare anche questo concetto, con prodotti coltivati in quantità tali da coprire qualsiasi mercato, eventualmente sostituendosi a produzioni di nicchia, come sono appunto la maggior parte di quelle europee.
Un’ultima considerazione è necessaria sul sistema dei controlli, che secondo il regolamento dovrebbe essere equivalente tra la UE e la Cina. A mio avviso, considerando che si tratta di prodotti non assicurati direttamente dal sistema dei controlli UE ma da quello di un paese terzo, deve essere posta maggiore attenzione da parte delle autorità di controllo. Infatti il consumatore si troverà ad acquistare prodotti che hanno stesso logo, ma che potenzialmente possono aver subito controlli diversi. Nel caso di eventuali problemi, il danno si ripercuoterebbe direttamente sul logo di qualità europeo.
Queste sono le sfide che ci si aprono davanti e che la Cina ha deciso di affrontare (e presto potrebbe essere la volta di India e il Brasile). Sfide che la Commissione UE sembra non sembra comprendere se si pensa al “pacchetto qualità” appena approvato.
Luigi Tozzi
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