In California si iniziano a vedere i primi risultati scaturiti dalle norme contro il cibo spazzatura. Secondo i primi calcoli un ragazzo che vive in California e frequenta un liceo ogni giorno assume 160 calorie in meno, rispetto a un suo coetaneo residente in un altro Stato dove non ci sono norme specifiche sul cibo venduto e distribuito a scuola. Questa quantità di calorie al giorno può sembrare irrisoria, ma nello tsunami obesità che ha colpito gli adolescenti americani negli ultimi anni, acquista un peso significativo. Forse sono proprio quelle che aiutano il giovane californiano a non diventare obeso, visto che secondo molti esperti basterebbero tra le 100 e le 200 calorie in meno al giorno per evitare ai ragazzi americani di acquisire un peso eccessivo.

 

Queste 160 calorie costituiscono la prova tangibile che i nuovi provvedimenti funzionano e che vanno implementati. La pensa così Daniel Tauber, esperto di politiche di promozione della salute dell’Università dell’Illinois di Chicago e autore dello studio appena uscito sugli Archives of Pediatrics & Adolscent Medicine in cui si dimostra quale possa essere l’effetto di norme stringenti sul cibo a scuola.

 

L’autore si è servito dei dati contenuti negli archivi dei Centers for Disease Control and Prevention relativi al consumo di cibo tra gli adolescenti della California e di altri 14 Stati, per un totale di oltre 680 ragazzi. Quindi ha verificato la dieta dei giovani e ha dimostrato che mediamente i californiani consumano meno grassi, meno zuccheri e meno calorie rispetto ai coetanei di altri Stati. Anche a scuola assumono meno calorie rispetto a quanto fanno gli altri ragazzi, e cioè il 21,5% del fabbisogno giornaliero, contro il 28,4% degli altri.

Ma l’aspetto più interessante è che gli studenti non compensano le calorie “perse” a scuola quando tornano a casa o escono dall’edificio.

 

La riduzione proporzionalmente più significativa si registra tra i ragazzi ispanici, che sono i più soggetti all’obesità perché di solito vivono in quartieri con una presenza massiccia di fast food e di discount dove si trova cibo di bassa qualità, hanno meno spazi per fare attività fisica e c’è meno scolarità in famiglia.

 

La California vede così premiati gli sforzi iniziati più di dieci anni fa. All’inizio sono stati vietati i soft drinks nelle scuole elementari e medie e poi nei licei. Nel 2007 lo Stato ha emanato norme specifiche per i cosiddetti “competitive foods”, cioè tutti gli alimenti venduti nei distributori automatici delle scuole, e non inclusi nei pasti ufficiali, stabilendo limiti precisi per le quantità massime di grassi, zuccheri e calorie.

 

«I ragazzi californiani non sono improvvisamente diventati filiformi e non mangiano solo insalate: ma continuano a frequentare i fast food e a consumare anche cibo sconsigliabile – sottolinea Taber – tuttavia stanno facendo progressi». L’esperto ricorda che le scuole dovrebbero fare di più, per esempio aumentando la quota di alimenti sani a scapito di quelli che favoriscono il sovrappeso tra i cibi venduti dai distributori. In Iowa, per esempio, una legge statale obbliga le scuole a offrire almeno la metà di alimenti integrali. «Inoltre – conclude Taber – nessuna misura potrà mai essere risolutiva se l’azione intrapresa non coinvolge anche la famiglia e l’ambiente esterno, dove il ragazzo assume in media i tre quarti delle calorie giornaliere.»

 

Agnese Codignola

Foto: Photos.com