Healthy vitamin supplements on black spoons against pink color background integratoriI supplementi di vitamina D sono molto diffusi e utilizzati, ma siamo sicuri che siano davvero utili? Un articolo del cardiologo John M. Mandrola, apparso recentemente sulla rivista Medscape, lo mette in discussione, sottolineando come, nonostante bassi livelli di vitamina D siano correlati a un aumento di mortalità per diverse cause, dagli studi non emerga un vantaggio in termini di sopravvivenza per chi assume questi supplementi. La questione non è semplice: ne abbiamo parlato con Enzo Spisni, docente di Fisiologia della nutrizione all’Università di Bologna. “Oggi in Italia e in tutto il mondo – spiega il docente – le carenze di vitamina D sono molto frequenti e non solo nella popolazione anziana: sempre più spesso succede di trovare giovanissimi con carenze che possono avere effetti anche gravi sull’organismo”. Questa vitamina, in realtà si tratta di un gruppo di cinque pro-ormoni liposolubili, oltre a contribuire alla salute dello scheletro e dell’apparato cardiocircolatorio, serve a regolare il sistema immunitario e altre funzioni fisiologiche, tra cui il funzionamento dell’apparato digerente. “Studi recenti – sottolinea Spisni – mostrano che disturbi intestinali, come episodi di diarrea frequente o ritardo di crescita, che possono far sospettare la celiachia, sono invece causati da una carenza di vitamina D, che altera la permeabilità della mucosa intestinale”.

Le ragioni di questa carenza potrebbero essere varie, legate probabilmente allo stile di vita: “Oggi – ricorda Spisni – bambini e ragazzi non trascorrono il tempo libero giocando all’aperto fuori come avveniva un tempo, ma stanno spesso a casa davanti a uno schermo, magari nella penombra”. Anche le vacanze al mare si sono abbreviate. “Senza contare che – prosegue – giustamente quasi tutti usano una protezione elevata per difendersi dal sole”. Per quanto riguarda la dieta, per riequilibrare la situazione bisognerebbe consumare tre porzioni di pesce alla settimana, ma chi realmente lo fa? “Qualche decennio fa – osserva Spisni – si usava l’olio di fegato di merluzzo che era, a parte il gusto sgradevole, un ottimo integratore di vitamina D, ma è caduto in disuso”.

Donna davanti alla finestra aperta, illuminata dal sole, sorride. Indossa t-shirt verde militare e jeans
La carenza di vitamina D è sempre più diffusa a livello globale, tra le cause ipotizzate, un’esposizione al sole sempre più limitata

Resta il fatto che gli studi riportati da Mandrola non evidenziano un vantaggio per chi assume supplementi a base di vitamina D, tanto da far dire al ricercatore americano che questa carenza sembrerebbe essere un marcatore di rischio, piuttosto che un’indicazione terapeutica. “Bisogna tenere conto però che le indagini prese in considerazione riguardano quasi unicamente patologie cardiovascolari e in alcuni casi oncologiche, mentre la vitamina D gioca un ruolo importante in molte altre patologie”, ricorda Spisni. Senza dimenticare che è difficile far emergere dati come questi da uno studio epidemiologico: si tratta di una situazione complessa, in cui i fattori da prendere in considerazione sono molti. “Teniamo conto, per esempio, – evidenzia – del fatto che nei soggetti obesi la vitamina D, essendo liposolubile, viene catturata dalle cellule adipose che la rendono non disponibile per l’organismo”. 

La situazione americana, inoltre, è diversa dalla nostra anche dal punto di vista normativo. “Lì sono disponibili integratori fino a 10 mila unità/die – spiega Spisni – mentre in Italia un integratore può arrivare al massimo a 2 mila unità, altrimenti è considerato un farmaco e richiede l’intervento del medico”. Forse l’eccessiva disponibilità di integratori sul mercato Usa potrebbe spiegare la prudenza del ricercatore americano. “È vero che la vitamina D, essendo liposolubile, può accumularsi nell’organismo e causare problemi seri – ricorda Spisni –, vari studi mostrano però che anche le dosi più elevate creano difficilmente problemi di sovradosaggio persino nei bambini, come confermato da un recente studio pubblicato su Jama (il giornale dell’associazione dei medici statunitensi), che analizza i risultati di 32 ricerche con oltre 8 mila partecipanti, evidenziando un’assenza di rischio”. 

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È importante tenere presente che una carenza di vitamina D è un problema da non sottovalutare ed è quindi opportuno controllarne i livelli

Come comportarsi quindi? “È importante – prosegue il docente – tenere presente che una carenza di vitamina D è un problema da non sottovalutare, sia nei ragazzi sia negli adulti, è quindi opportuno controllarne i livelli e intervenire in caso di problemi”. Normalmente, i valori adeguati di vitamina D sono compresi tra i 30 e i 100 ng/ml: si considera quindi insufficienza un valore tra 20 e 30, carenza un valore al di sotto di 20 e grave carenza per valori inferiori a 10. “In questi casi è utile ricorrere alla supplementazione, da valutare sentendo il parere del medico curante: è importante assumere la Vitamina D quotidianamente e non, come spesso avviene, in dosaggi elevati una volta il mese, perché in questo modo è più difficile recuperare le carenze”, ricorda Spisni. Senza dimenticare di intervenire sullo stile di vita, “consumando pesce più volte la settimana, e aumentando le ore da trascorrere all’aperto che, oltre a permettere all’organismo di sintetizzare vitamina D, aiutano a controllare il peso corporeo e, in generale, a mantenersi in salute”. 

© Riproduzione riservata; Foto: iStock, AdobeStock

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Luciano
Luciano
11 Giugno 2022 09:08

Bene