“Quando si diffonde una credenza alimentata da accorte campagne di marketing, è poi difficile scardinarla e convincere le persone ad avere comportamenti più razionali“. Questo il commento finale di un’analisi che dimostra come i supplementi a base di olio di pesce abbiano scarsissimo effetto sulla salute ma, nonostante questo, godano spesso di buona stampa e di successo nelle vendite.
Gli autori, ricercatori dell’Università di Auckland, in Nuova Zelanda, hanno verificato i dati di 18 studi clinici randomizzati e di sei analisi post trial (condotte cioè dopo la chiusura ufficiale della sperimentazione) con diversi prodotti, effettuati tra il 2005 e il 2012 in vari paesi. Le precedenti indagini avevano come obiettivo la verifica degli effetti di un preparato a base di olio di pesce, rispetto a un placebo, sul sistema cardiovascolare, sul rischio di cancro, sull’apparato digestivo, sul sistema immunitario, sulle performance cognitive e sulla memoria e sull’apparato respiratorio.
Il risultato è stato molto chiaro: tranne che in due studi non sono stati rilevati effetti di alcun tipo. Come riferito su JAMA Internal Medicine, parallelamente gli autori hanno compiuto un’analisi della copertura dei media in relazione all’uscita di questi studi, attribuendo un punteggio da 1 a 5 al giudizio espresso negli articoli o servizi, dove 1 indicava un commento molto negativo e 5 uno molto positivo. Hanno così constatato che nella stragrande maggioranza dei casi il giudizio espresso era stato molto positivo, anche se appunto soltanto due erano state le ricerche concluse positivamente. Per esempio, sono stati individuati diversi servizi che avevano un punteggio 4 (vicino al massimo quindi) relativi a due studi usciti nel 2012 che avevano concluso che gli oli di pesce non hanno effetto sul rischio di ictus e malattie cardiache.
“È chiaro che gli oli di pesce non fanno nulla per la salute del cuore” ha commentato il primo autore, Andrew Grey, che ha aggiunto: “Chi li sta prendendo, può interrompere questa terapia – il più delle volte non consigliata da alcun medico – in totale sicurezza, e cercare di tenere in forma il suo cuore con pratiche di provata efficacia come l’abbandono del fumo, la vita attiva, l’alimentazione sana“. Il consiglio è rivolto a tutti, visto che solo negli Stati Uniti le vendite sono passate dai 425 milioni di dollari del 2007 al miliardo del 2012, secondo Euromonitor International.
Negli oli di pesce – specificano ancora gli autori – sono contenuti anche gli acidi grassi omega-3, utili per il mantenimento della salute ma non in grado di esercitare un effetto preventivo. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità le donne in gravidanza e in allattamento devono consumare alimenti (e non supplementi) che contengano 300 milligrammi di acidi grassi omega-3 al giorno, per favorire lo sviluppo del cervello del bambino, ma si tratta di una situazione molto particolare: per tutti gli altri, il consiglio è appunto quello di mantenersi in salute in altro modo e soprattutto di avere una dieta adeguata.
In generale, le principali autorità sanitarie mondiali raccomandano l’assunzione di 250 milligrammi al giorno di acidi grassi omega-3 a catena lunga, quantitativo che si può ottenere con un paio di porzioni di pesce alla settimana ma anche con vegetali come la soia e con i latticini; solo le persone che hanno già avuto un infarto o sono a rischio cardiovascolare devono aumentare la dose a un grammo e, in caso non riescano ad assumerne a sufficienza con la dieta, ricorrere a una supplementazione.
Del resto, forti dubbi sono stati espressi anche nell’ultimo pronunciamento della US Preventive Services Task Force, che ha incluso gli acidi grassi omega-3 nelle raccomandazioni dedicate ai preparati multivitaminici (leggi articolo), che sarebbero del tutto inutili e talvolta pericolosi. Per quanto riguarda gli omeg-3, il pronunciamento è ancora dubitativo, ma esprime forti perplessità su effetti a oggi non dimostrati.
Agnese Codignola
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
Ho già’ fatto il mio commento, ma evidentemente non e’ stato recepito.Al contrario di duanto ho letto nel vostro articolo ci sono altri studi da parte di noti istituti scientifici i quali senza ombra di dubbio,hanno affermato che gli omega 3 sono molto importanti a livello cardiologico.Chi ci scrive portatore dei suoi 75 anni ve lo garanttisce,per approfondimenti contattatemi.
in realtà gli Omega3 sono utili, soprattutto in caso di colesterolemia, a patto che vengano ben proporzionati con gli Omega6 e 9. Probabilmente questo studio ha voluto appurare che l’integrazione degli Omega3, senza i suoi “colleghi”, risulta del tutto inutile.
Il cuore è un beneficiario secondario (o indiretto)… tali grassi hanno la capacità (dimostrata) di agire sul colesterolo saturo che indurisce e rende più spesse le pareti di vene e arterie.