Il prezzo del pane in dieci anni è aumentato del 57%, questo è il dato riportato in un’analisi condotta da Altroconsumo effettuata in 134 punti vendita di 10 città italiane. Gli esperti della rivista hanno scandagliato supermercati e panetterie osservando come, già prima dell’impennata dell’inflazione registrata nell’ultimo periodo, il prezzo di pane e pagnotte a base di grano tenero stesse inesorabilmente lievitando.
Il trend è immutato da una decina d’anni, ma nell’ultimo periodo si è intensificato e va di pari passo con la flessione delle vendite e dei consumi di pane, ulteriormente amplificata dai mesi di lockdown, in cui i consumatori si sono orientati verso sostituti che si mantengono a lungo come cracker o grissini.
Dal rilevamento di oltre 800 prezzi, è emerso che il costo medio di un chilo di pane di grano tenero (il più economico in vendita) è di 4,22 euro in panetterie e supermercati. Per quello di grano duro si spende il 15% in più, mentre l’integrale costa il 19% (5,02 euro al chilo) in più rispetto a quello di grano tenero. Questo vuol dire che se si sceglie il pane comune, la spesa annuale a persona è di circa 123 euro, che diventano 500 per una famiglia di quattro persone.
A fare un’ulteriore differenza, oltre al tipo di farina, incide anche la città: a Bolzano per un chilo di pane si spendono cinque euro, mentre a Napoli tre. Gli aumenti hanno interessato indistintamente Nord e Sud nelle diverse tipologie di punti vendita. Firenze, per esempio, registra il rincaro più forte (82%), a seguire Napoli (+79%), Bari (+64%) e Padova (+63%).
Secondo Altroconsumo acquistando il pane al supermercato si risparmia circa il 30% rispetto alle panetterie, ma questa differenza di prezzo è anche dovuta alla diversa modalità di produzione. Infatti spesso nella grande distribuzione, da cui si rifornisce il 43,5% degli italiani (contro il 43,1% che preferisce le tradizionali panetterie), la produzione è realizzata a partire da semilavorati (a volte surgelati), che prima di essere venduti devono essere infornati per completare la cottura.
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costa ancora troppo poco. Continuiamo a buttarne via delle tonnellate
Se uno pensa che costi troppo poco, è sempre libero di offrire al fornaio di pagare un prezzo maggiore, non credo se ne lamenterà.
Considerato il costo di un Kg di farina e dell’aggiunta di acqua e sale al prodotto finale,se a Napoli guadagnano il giusto a 3€/Kg per un pane che spesso è migliore di quello delle altre città in elenco, dove si paga dal 35 al 70% in più è lecito pensare che qualcuno esageri col prezzo.
Personalmente di pane non ne butto, quello che avanza si può tostare nel forno, aggiungere a una zuppa e grattuggiare per le panature.
Considerato che gli stipendi sono al palo da 30 anni, un aumento medio del 57% in soli 10 anni è esagerato; infatti i consumi sono in calo.
La qualità media non è certo migliorata.
Cosa dovremmo dire qui a Venezia, dove il pane costa minimo 7 euro al chilo? E stipendi e pensioni sono uguali a quelli del resto di Italia.
Pur apprezzando il lavoro di altroconsumo, temo che questa volta l’informazione sia inesatta. Nei paesi della murgia barese un anno fa un chilo di pane di grano duro di forno a legna costava euro 1,90. Oggi, 31 gennaio 2023, costa euro 4,00. Questo è un aumento superiore al 100%. Quindi, i conti non tornano.
Non cambia nulla nel pensiero di tanti italiani :……
Oltre al prezzo aumentato anche la qualità è peggiorata: leggendo gli ingredienti (e non sempre la lista è presente) si nota troppo spesso la presenza di zucchero, destrosio o dolcificanti sintetici vari, alfa-amilasi e “miglioratori” chimici vari. Il vero pane fatto come una volta (farina integrale, pasta madre, sale) è diventato quasi introvabile.