È stato rimandato il voto della Commissione che avrebbe dovuto decidere se autorizzare l’uso del glifosato per altri quindici anni. La decisione di rinvio è stata dettata dalle preoccupazioni serpeggianti in alcuni paesi, tra cui l’Italia, in merito alle implicazioni che l’utilizzo di questo erbicida ha sulla salute umana. Lo Iarc infatti lo ha definito “probabilmente cancerogeno” inserendolo nel gruppo in cui troviamo anche le patatine fritte.
L’Efsa invece si è espressa con toni differenti e sostenendo che è improbabile che sia cancerogeno. Casi recenti hanno riportato l’attenzione al glifosato: per esempio ne sono state trovate tracce in alcune birre tedesche. La quantità era però talmente bassa che per ingerire una dose di glifosato rischiosa per la salute, un adulto avrebbe dovuto bere circa mille litri di birra al giorno.
Come si legge sul comunicato di Greenpeace, “l’autorizzazione della Ue all’erbicida più impiegato al mondo scade alla fine di giugno. La Commissione ha provato ad ottenere il via libera dal comitato permanente PAFF (comitato per le piante, gli animali, gli alimenti e i mangimi) a una nuova autorizzazione. L’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA) condurrà indagini sull’impatto sanitario del glifosato per arrivare a una classificazione ufficiale della Ue, dopo l’allarme lanciato dall’OMS. Il processo si concluderà a fine 2017: se si scoprirà che può causare il cancro, interferire con la riproduzione o danneggiare il sistema ormonale, il glifosato non potrà più essere venduto, secondo la normativa europea”.
se dovesse passare il sì al rinnovo delle autorizzazioni al glifosato da parte della commissione europea, vorrà forse dire che gli agenti della multinazionale avranno fatto bene il loro “lavoro”?????
Vorrà dire che sarà l’ennesima conferma: prima ci sono i guadagni delle lobby, poi ma poi ma poi ma poi la… salute umana, per non parlare della salvezza del pianeta Terra: quella non viene neanche presa in considerazione… La UE deve cambiare approccio, altrimenti non avremo futuro. Provare per credere.