Due contadini in un campo; concept: lavoratori agricoli, sfruttamento, caporalato

La volatilità dei prezzi alimentari era in cima all’agenda della prima riunione dei ministri dell’agricoltura del G20 organizzato a Parigi il 22-23 giugno 2011. Ma l’incontro si è concluso con un nulla di fatto, l’ennesimo pugno di mosche per quel miliardo di esseri umani che soffrono la fame e di ben altro avrebbero bisogno.

Premesse. Il Relatore Speciale ONU per il Diritto al cibo, Olivier de Schutter aveva sottolineato che questo problema è  grave per le industrie delle grandi potenze e dei paesi emergenti – costrette a confrontarsi con variabili e crescenti costi delle materie prime agricole da trasformare in alimenti o bio-combustibili – ma soprattutto per i 925 milioni di persone che soffrono la fame, 44 in più rispetto allo scorso anno, e i molti che a breve ne seguiranno il destino.

Oltre 500 organizzazioni avevano anche provato a segnalare una grave minaccia all’esistenza dei popoli di molti Paesi in Via di Sviluppo la questione del  land-grabbing , ma l’attenzione dei G20 non ha  neppure sfiorato questi temi, come era facile immaginare. Nel dettaglio:

Speculazioni. Il presidente francese Nicolas Sarkozy aveva introdotto la riunione del G20, il 22 giugno, annunciando una dichiarazione di guerra contro le speculazioni basate sugli andamenti dei listini delle “commodities” alimentari: “un mercato privo di regole non è un mercato, ma una lotteria dove la fortuna favorisce i più cinici anziché ricompensare il lavoro, gli investimenti e la creazione del valore”.

Grazie a questo inoput i ministri dell’agricoltura del G20 hanno potuto scaricare le responsabilità sui loro colleghi delle amministrazioni finanziarie: “incoraggiamo i ministri dell’economia del G20 ad assumere decisioni appropriate per una migliore regolazione e supervisione dei mercati finanziari basati sull’agricoltura”.

Bio-combustibili. La World Bank, la FAO (Food and Agriculture Organisation), l’IMF (International Monetary Fund) e altre organizzazioni internazionali, in un recente rapporto, hanno evidenziato che la crescente domanda di derrate agricole per la produzione di biofuels ha un’incidenza significativa sull’aumento dei prezzi alimentari. I ministri dell’agricoltura del G20 non sono riusciti ad assumere alcuna concreta iniziativa per contrastare questo fenomeno, a fronte delle resistenze dei grandi produttori di bio-combustibili, USA e Brasile. Il piano del G20 agricoltura rinvia perciò a ulteriori studi, una non-soluzione fortemente criticata da ActionAid (http://www.actionaid.org/g20) e Oxfam (http://www.ilfattoalimentare.it/coltiva-battaglia-oxfam-fame-ingiustizia-sbarca-italia.html).

Early warning. Il sistema di informazione sui mercati agricoli Amis (Agricultural market information system) fornirà informazioni accurate e tempestive su riserve, forniture e domande di derrate agricole, con l’obiettivo di mitigare la volatilità dei prezzi. Il sistema di informazione sarà gestito dalla FAO con il contributo della Banca Mondiale e altre organizzazioni internazionali. I grandi players, pubblici e privati, saranno incoraggiati a “condividere informazioni e dati, per migliorare i sistemi di informazione esistenti e promuovere una comprensione diffusa degli sviluppi dei prezzi alimentari“. Si tratta di buoni propositi la cui efficacia potrà essere valutata nel tempo, anche se è difficile immaginare i contadini cingalesi seguire l’andamento dei mercati sul web quando ritornano dai campi?

Produttività alimentare. I ministri dell’agricoltura del G20 hanno promesso “una speciale attenzione ai piccoli proprietari terrieri, soprattutto alle donne, nei Paesi in via di sviluppo, e ai giovani agricoltori”, per aumentare la produttività. Ancora una volta siamo di fronte a pura retorica (http://www.youtube.com/watch?v=1Lm6dNjjX78) ed è difficile esprimere ulteriori commenti, in assenza di dati e strumenti che i ministri avrebbero pensato di adottare.

Una retorica obsoleta, verrebbe anzi da aggiungere, considerato che il mito della “rivoluzione verde” è ormai stato superato dallo stesso Parlamento europeo il quale, nella risoluzione sulla crisi alimentare, ha indicato come la vera sfida in agricoltura sia quella della sostenibilità, vale a dire produrre meglio con minori risorse  e non semplicemente “aumentare i raccolti”.

Restrizioni all’export. Ancora una volta “in via di principio”, i ministri hanno convenuto sull’opportunità di rimuovere le restrizioni alle esportazioni (come il blocco imposto dalla Russia, che lo scorso anno fece impennare i listini del frumento) e le tasse straordinarie sui cibi acquistati per finalità umanitarie. Anche in questa direzione peraltro non sono stati presi impegni, ma si è messa una buona parola a favore – o nella speranza? – della positiva conclusione del negoziato commerciale fermo da anni in quel di Doha.

Riserve alimentari. Il “piano d’azione” del G20 agricoltura invoca l’avvio di un programma pilota per stabilire piccole riserve alimentari, su base regionale, finalizzate alla gestione di aiuti alimentari in situazioni di emergenze umanitarie. Il piano dovrebbe coprire un gruppo limitato di paesi, da selezionarsi tra i 48 più poveri e meno sviluppati al mondo come classificati dalle Nazioni Unite.

Land-grabbing.  Sfortunatamente è mancato il tempo a Parigi di scambiare anche solo un paio di parole sulla questione del land-grabbing (http://www.ilfattoalimentare.it/land-grabbing-africa-investitori-protagonisti-rapina-delle-terre.html), la rapina delle terre nei Paesi in via di sviluppo. Verrà il tempo, peut-être.

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