La questione dell’incidente nucleare  di Fukushima continua a suscitare interrogativi e perplessità tra i consumatori. La preoccupazione maggiore riguarda  la diffusione  particelle radioattive  nella catena alimentare.   Il Fatto Alimentare  dopo avere  seguito l’evoluzione dei controlli  effettuati a livello nazionale ed europeo  nell’ambiente e  nell’atmosfera, ha chiesto a Silvio Borrello nominato pochi giorni fa Direttore generale ad interim del Segretariato nazionale della valutazione del rischio della catena alimentare al ministero della Salute ulteriori chiarimenti.

Cominciamo con una rapida panoramica della situazione relativa ai controlli?

Già pochi giorni dopo l’incidente, in una fase di incertezza, si è deciso in Italia con il provvedimento del sottosegretario Martini di disporre il controllo analitico di tutte le partite di mangimi per animali e alimenti di origine animale e vegetale provenienti dal Giappone. Successivamente agli incontri in sede comunitaria è stato possibile strutturare un livello minimo di intervento condiviso tra tutti i Paesi, che si è tradotto nel regolamento (UE) n. 297/2011.
 
Cosa intende per accordo europeo a un “livello minimo” di intervento?

Parlo di livello minimo perché in Italia abbiamo deciso, almeno per la prima fase, di elevare la percentuale di campionamento e analisi per la ricerca dei radionuclidi iodio-131, cesio-134, cesio-137 su tutte le partite di prodotti alimentari e alimenti per animali originari del Giappone o da esso provenienti, indipendentemente dalla prefettura di appartenenza.
 
Vuole dire che il ministero della Salute ha adottato subito un livello di indagine capillare?

Per attuare questo compito l’Italia si trova in una posizione di vantaggio rispetto ad altri Paesi europei perché, oltre ai Posti di Ispezione Frontaliera (che effettuano controlli veterinari), già dispone di una rete di uffici nei principali porti ed aeroporti deputati ad effettuare vigilanza igienico-sanitaria su mezzi, merci e persone in arrivo sul territorio italiano e comunitario, tra cui gli alimenti di origine non animale
 
Tutto ciò ci rassicura, ma quali sono le prospettive dei controlli sulla radioattività per i prossimi mesi?

La strategia di controllo del rischio da inquinamento radioattivo connesso all’incidente della centrale nucleare di Fukushima e veicolato dagli alimenti importati non si può definire statica, anzi occorre che sia periodicamente rivalutata a ogni aggiornamento dei dati relativi alla contaminazione ambientale.
 

Cosa possiamo imparare da un incidente nucleare che è avvenuto dall’altra parte del globo?
L’incidente in Giappone ci ricorda il ruolo cruciale della sicurezza alimentare e veterinaria in occasione di emergenze non epidemiche, come i cataclismi naturali o gli incidenti di contaminazione ambientale. Consci di questo ruolo il nostro Paese si sta da tempo preparando ad affrontare in maniera organizzata situazioni di questo tipo. Abbiamo istituito dal 2008 con Intesa Stato-Regioni la rete delle Unità di crisi, coordinate dall’Unità di crisi nazionale, insediata presso la Direzione della sicurezza degli alimenti e della nutrizione.


Vuole dire che  esiste un coordinamento nazionale al di là dei campanilismi che viviamo nel Paese?

E’ proprio così. Inoltre, a giugno 2011 organizzeremo per la seconda volta in collaborazione con ANMVI International un corso con una simulazione di un’emergenza nazionale  riguardante proprio la sicurezza alimentare. La novità di quest’anno è che il corso sarà aperto, con il supporto di Federalimentare,  anche a 50 partecipanti provenienti dal mondo dell’industria alimentare. Lo scopo  è quello di testare, sotto la pressione di una crisi, la risposta e la tenuta del Sistema-Italia e della sinergia pubblico-privato.”  
 
Intervista  a cura di Dario Dongo

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