Frutti di bosco: epidemia in fase di esaurimento. A metà agosto documento Efsa e nuovi dati del Ministero. Ancora valide le precauzioni di fare bollire prima del consumo e attenzione al ristorante
Frutti di bosco: epidemia in fase di esaurimento. A metà agosto documento Efsa e nuovi dati del Ministero. Ancora valide le precauzioni di fare bollire prima del consumo e attenzione al ristorante
Roberto La Pira 31 Luglio 2014Sono passati cinque mesi dall’ultimo aggiornamento del Ministero della salute (*) sul numero di persone colpite da epatite A per aver mangiato frutti di bosco surgelati ( a febbraio 2014 erano più di 1.000 in tutta Italia). In questi giorni doveva essere pubblicato un aggiornamento della situazione che però non c’è stato. Il motivo è che l’Efsa dovrebbe uscire a metà agosto con un documento focalizzato su questa epidemia che ha coinvolto diversi paesi europei e di cui non si è riusciti ancora ad identificare l’origine. Le notizie raccolte da Il fatto Alimentare sull’evoluzione dell’epidemia sono abbastanza tranquillizzanti. Fonti bene informate ci dicono che la curva è in calo, e il numero di casi di epatite si sta stabilizzando su livelli standard. In altre parole siamo nella fase discendente della crisi iniziata 15 mesi fa.
Vuol dire che possiamo ricominciare a mangiare i frutti di bosco surgelati e anche le torte servite nei ristoranti ? La domanda è lecita ma ci sono ancora delle riserve sul quesito che il Ministero della salute dovrebbe risolvere. Sino ad oggi è ancora valida l’indicazione del Ministero di fare bollire i frutti di bosco surgelati prima di consumarli, tanto che catene di supermercati come Conad, Coop e Esselunga alla luce di questa comunicazione ufficiale hanno deciso di interrompere la vendita . Il consiglio che Il Fatto Alimentare ha dato sin dall’inizio di questa brutta storia è ancora valido, non consumare frutti di bosco surgelati se non previa cottura. Per quanto riguarda le crostate consumate al ristorante o in pizzeria , in assenza di consigli ufficiali il nostro invito è di chiedere se sono stati preparati con frutti di bosco surgelati e, in assenza di informazioni precise, scegliere un altro dessert.
È bene ricordare che fino ad ora non è stata individuata l’origine del virus, ovvero in quale fase della filiera alimentare e/o da quale paese ha preso il via l’epidemia che ha contagiato mezza Europa. In questi mesi è stato individuato con precisione il Dna del virus responsabile ed è possibile stabilire con precisione se le persone colpite da epatite A sono state infettate dai frutti di bosco. La decodifica è importante perché i laboratori si stanno attrezzando è in futuro le autorità sanitarie saranno in grado di mettere a punto una strategia di intervento più mirata ed efficace. Il problema dell’epatite A causata da frutti di bosco surgelati è stato comunque trattato in modo superficiale dal Ministero della salute che non ha avvisato in modo adeguato i cittadini. Per rendersi conto della gravità della situazione basta dire che l’Efsa ha dedicato negli ultimi mesi tre dossier alla vicenda, mentre il ministro Beatrice Lorenzin ha diffuso tre comunicati stampa e un avviso ai consumatori in una crisi che ha colpito oltre mille cittadini!
(*) Secondo quanto diffuso dal Ministero della salute all’inizio di aprile 2014, i casi segnalati in Europa dal primo gennaio 2013 sarebbero 1.315. La maggioranza (1.075) sono stati registrati in Italia, mentre 240 hanno coinvolto soggetti che non hanno avuto contatti con l’Italia e risiedono in: Francia, Germania, Irlanda, Norvegia, Paesi bassi, Svezia e Regno Unito.
Roberto La Pira
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
L’epatite A è un virus che in aree geografiche come le nostre non è più così comunemente presente, come invece lo può essere in altri paesi in via di sviluppo. In linea di massima però, i suoi sintomi e le relative conseguenze non sono estremamente pericolose e gravi. Io credo che comunque se aumentassero i controlli e in particolare se le aziende rispettassero la catena del freddo, sarebbe molto meno probabile contrarre l’epatite A.