I bambini e i ragazzi lasciano volentieri il junk food se la frutta viene offerta gratuitamente dalla scuola. È quanto emerge da una ricerca pubblicata sull’American Journal of Clinical Nutrition da Nina Overby, dell’Università di Agder, in Norvegia, che dimostra come possano cambiare le abitudini degli alunni, quando si creano le giuste condizioni.
In Norvegia, da alcuni anni le scuole possono scegliere di ricevere frutta gratuitamente oppure di aderire a specifici programmi per la distribuzione a pagamento a costi calmierati. Si tratta di modalità diverse che da quando nel 2001 è entrata ufficialmente la frutta nelle scuole hanno dimostrato di funzionare.
Quello che però non era stato verificato era la corrispondenza tra l’aumento del consumo di frutta, e il calo del cibo spazzatura, anch’esso presente in tutte le scuole. La Overby che, insieme al suo gruppo, aveva condotto una prima indagine proprio nel 2001 su 1.300 ragazzi di 27 scuole medie aveva scoperto che, in media, ogni alunno mangiava o beveva 6,6 snack alla settimana (tra cui patatine, dolci e bibite gassate).
Negli anni successivi (2006 e 2008) la ricercatrice ha voluto controllare nuovamente la situazione. Su 27 istituti, cinque avevano adottato il programma della frutta gratuita, 10 quello della frutta a pagamento e 12 non avevano compiuto alcun passo in questa direzione.
Facendo i conti si è trovato che la media di merendine e bibite consumate da ogni studente era di 4,4, quindi in sensibile calo rispetto al 2001, a riprova dell’efficacia delle campagne che dai primi anni duemila cercano di scoraggiare il consumo di alimenti con troppo sale, zucchero o grassi. Andando poi a vedere la situazione nelle singole scuole è emerso con maggiore chiarezza che i ragazzi degli istituti dove esisteva la distribuzione gratuita o a pagamento nel 2008 mangiavano (o bevevano) in media 2,8 porzioni settimanali in meno rispetto al 2001, mentre in quelli delle scuole senza frutta la riduzione era di 1,5 porzioni.
Un altro effetto considerato molto importante è quello sui ragazzi provenienti da famiglie degli strati sociali più disagiati, di norma più facilmente vittime dell’obesità proprio a causa di un maggior consumo di cibi di qualità scadente e venduti a poco prezzo. Forse anche a casa della gratuità o del costo contenuto, questi alunni sono passati da 7,3 snack a settimana a 4 se frequentavano una scuola con la frutta gratuita e 4,9 se la frutta era a pagamento.
«Quando i ragazzi mangiano frutta – ha spiegato la Overby – il loro fabbisogno energetico è appagato almeno in parte e la necessità di assumere ulteriori calorie è meno intenso e l’appetito diminuisce. Non sappiamo invece se gli alunni che mangiano più frutta assumano meno calorie durante la giornata».
Anche in Italia si cerca di promuovere il consumo di frutta nelle scuole; le iniziative sono di vario tipo; ve ne sono infatti di singole scuole, di regionali (per esempio in Emilia Romagna e in Sicilia) ma anche di governative come Frutta nelle scuole, attiva ormai dal 2007, che ha già coinvolto migliaia di istituti in tutto il Paese e che anche quest’anno riparte con nuovi partecipanti.
Agnese Codignola
Foto: Photos.com
Bellissima notizia.
Mi permetto anche di sottolineare il fatto che molto spesso la frutta nei nostri supermercati è completamente acerba, adatta ad una natura morta ma non all’uso alimentare.
Dovrebbe essere proibita la vendita di frutta immangiabile proprio per favorirne l’uso anche dai parte dei bambini.
Mi spiega a che serve una pesca che tirata contro un muro rimbalza?
La devo usare come palla da tennis?