L’interesse scientifico per i cristalli presenti nel formaggio risale a più di un secolo fa e non sono solo una curiosità, o una caratteristica tipica di alcuni prodotti lungamente stagionati, come i ‘granellini’ che danno il nome ai vari ‘grana’ italiani, dal Parmigiano Reggiano al Grana Padano, fino al Trentingrana. Nei formaggi si trova infatti una gran quantità di cristalli a base organica e inorganica. Alcuni si formano sulla superficie di formaggi senza crosta, altri nelle aperture irregolari o negli occhi sferici presenti all’interno di alcuni prodotti e altri ancora sono incorporati nella matrice del formaggio. I cristalli possono influenzarne la consistenza, come diretta conseguenza della loro abbondanza, dimensione, forma e durezza, o come risultato indiretto degli eventi che hanno portato alla loro formazione.
La reazione dei consumatori all’aumento dei cristalli nei formaggi è duplice. Da una parte quelli superficiali sono visti negativamente e confusi con la crescita di una muffa, quindi un’alterazione. Allo stesso tempo altre forme di cristallizzazione, come quelle dei formaggi tipo grana italiani, sono viste come caratteristiche positive di prodotti artigianali e tradizionali. Questi cristalli si formano a seguito di una lunga stagionatura durante la quale le proteine del latte sono scisse prima in polipeptidi e poi in singoli amminoacidi, alcuni dei quali, soprattutto la tirosina, cristallizzano. La presenza di granuli in questi formaggi è segno di una loro ‘predigestione’, e quindi di una loro elevata digeribilità e di un alto valore nutritivo.
Molti sono i tipi di cristalli che si formano nei formaggi. I più importanti sono quelli di lattato di calcio, di fosfato di calcio, di amminoacidi tirosina, cisteina e probabilmente leucina, che possono essere identificati e studiati soprattutto con la tecnica della diffrazione a raggi X. I formaggi di tipo grana quando sono aperti, all’interno sono ruvidi e irregolari, ma quando sono tagliati in modo da ottenere superfici molto lisce, mostrano eterogeneità, con piccoli cristalli bianchi e cerchi bianchi pallidi contro la matrice più scura. Sulla base delle analisi del contenuto di amminoacidi, nel Parmigiano Reggiano e nel Grana Padano queste formazioni sono state identificate come cristalli di tirosina. Le analisi dei granuli indicano anche un alto contenuto di grassi (28%): quindi la cristallizzazione della tirosina si accompagna a un accumulo di globuli di grasso man mano che i granelli aumentano di diametro. Le macchie bianche dei formaggi grana stagionati contengono anche leucina, con un possibile ruolo strutturale di questo amminoacido nella loro formazione.
In altri formaggi, come il Gouda e il Cheddar, sono presenti grandi cristalli di lattato di calcio, sia nella pasta che sulla superficie della crosta esterna. I moderni sistemi di analisi permettono di studiare le implicazioni dei fenomeni di cristallizzazione, come il ruolo dei cristalli di leucina nella formazione e nella crescita dei granuli nei formaggi Parmigiano Reggiano e Gouda oppure il possibile ruolo dei cristalli superficiali nell’ammorbidimento zonale dei formaggi stagionati a superficie molle.
Riferimenti bibliografici:
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Professore Emerito dell’Università degli Studi di Parma e docente nella Facoltà di Medicina Veterinaria dal 1953 al 2002
interessante…
Anche se avrei gradito qualche “dritta” per non cascare in dubbi sui superficiali; come scrive il professore:
“La reazione dei consumatori all’aumento dei cristalli nei formaggi è duplice. Da una parte quelli superficiali sono visti negativamente e confusi con la crescita di una muffa, quindi un’alterazione”