Uno dei temi forti del Festival dell’Acqua che si sta svolgendo a Genova (dal 4 al 10 settembre) sono le fontane per l’acqua pubblica. Un “ritorno al passato” di grande attualità: perché se è vero che le fontanelle richiamano alla memoria un’epoca in cui molti italiani dovevano andare fuori di casa per attingere l’acqua e lavare i panni, o ricordi di gioventù prive di bar, pub e supermercati dove acquistare bibite e bevande di ogni tipo, sono anche l’espressione più pratica e visibile della sensibilità sul tema idrico che si è manifestata di recente in Italia.
Parole come case dell’acqua, chioschi, fontanelli descrivono nelle varie regioni italiane l’istallazione di strutture che erogano acqua potabile, anche refrigerata e gassata, in molti Comuni. Certo: niente a che vedere con certi straordinari complessi scultorei o archiettetronici dei secoli passati (ed è curioso, ma anche triste, che proprio in questi giorni la Fontana del Moro di piazza Navona a Roma sia stata danneggiata da un vandalo).
I chioschi moderni sono essenzialmente funzionali e pratici. Ma, ugualmente, possono far riflettere sul valore di un bene straordinariamente prezioso come l’acqua. Anche quando è, per nostra fortuna, abbondante e sempre facilmente disponibile. L’Italia infatti ha un doppio primato: quello per consumi di acqua imbottigliata e quello per la diffusione dei chioschi di acqua pubblica.
Le “fontanelle” hanno un’evidente finalità ecologica: l’inquinamento ambientale ed energetico delle bottiglie (plastica, trasporto, aumento della CO2, etc.) impone una maggiore valorizzazione dell’acqua di rubinetto. Che non prescinde dalla modernità: questi chioschi sono strutture tecnologicamente avanzate, dotate di sistemi di affinazione organolettica, in grado quindi di migliorare sapore e odore e di dare così un valore aggiunto all’acqua distribuita tramite la rete di acquedotto.
Oltre che occasione per la riqualificazione di parchi e strutture spesso abbandonate, come fontane pubbliche, ex-lavatoi, i chioschi per l’acqua pubblica diventano anche spazi di aggregazione sociale, oltre che strumento di dialogo tra le amministrazioni locali e i cittadini. E luoghi dove possono essere erogati altri servizi: informazioni, distribuzione di latte fresco, eco-detersivi, sacchetti biodegradabili per la raccolta differenziata e bottiglie in vetro e così via.
Notevoli le ricadute ambientali: le bottiglie di plastica sono il 5% dei rifiuti provenienti da raccolta differenziata (Rapporto Ispra 2009). In più, in fase di produzione, 1 kg di PET (25 bottiglie da 1,5 litri) consuma 2 kg di petrolio e 17,5 litri d’acqua [6], e poi rilascia poi nell’atmosfera 40 g di idrocarburi; 25 g di ossidi di zolfo; 20 g di ossidi di azoto; 18 g di monossido di carbonio e 2,3 kg di anidride carbonica, gas responsabile dell’effetto serra.
Se da un chiosco di acqua pubblica si prevano 300 mila litri si avranno 200mila bottiglie PET da 1,5 litri in meno prodotte; 8mila kg di PET in meno (circa 40 g a bottiglia) da avviare a recupero o smaltimento; 1.380 kg di CO2 risparmiati per la produzione del PET; 7.800 kg CO2 in meno per il trasporto delle bottiglie (stimando una media di 350 km per il trasporto).
Molte amministrazioni locali hanno anche promosso l’acqua del rubinetto negli uffici comunali e nelle mense scolastiche. L’acqua che arriva ai chioschi e attraverso gli acquedotti non percorre neanche un metro su strada: è un’acqua “a chilometro zero” che evita l’inquinamento atmosferico dovuto alla produzione, al trasporto e allo smaltimento delle bottiglie stesse.
Mariateresa Truncellito
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Foto: Festival dell’Acqua
I chioschi dell’acqua in Italia (giugno 2011)
Regione Lombardia: 195
Regione Valle d’Aosta: 2
Regione Toscana: 28
Regione Emilia Romagna: 58
Regione Trentino Alto-Adige: 1
Regione Veneto: 2
Regione Friuli Venezia-Giulia: 3
Regione Marche: 4
Regione Piemonte: 59
Regione Sicilia: 2