Nelle ultime settimane la Ferrero ha attirato l’attenzione degli organi di stampa internazionali, che stanno facendo emergere delle criticità legate alla produzione: in questo caso l’ingrediente incriminato non è l’olio di palma, ma le nocciole coltivate in Turchia, un paese da tempo seguito con attenzione dalle agenzie internazionali per il ricorso al lavoro minorile. L’ultimo segnale è la mobilitazione di We move, un movimento internazionale di cittadini con sede a Berlino che promuove campagne di interesse umanitario o sociale. Nei giorni scorsi il gruppo ha lanciato una raccolta fondi per finanziare un’indagine che permetta di capire se Nutella sfrutti indirettamente il lavoro minorile utilizzando nocciole raccolte in Turchia.
Il lavoro minorile in Turchia
Il problema non è marginale, perché la Turchia copre da sola il 70% circa della produzione mondiale di nocciole, concentrata soprattutto nella zona settentrionale del paese nei pressi del Mar Nero, ed è stato più volte documentato come per questa raccolta siano utilizzati bambini, soprattutto, ma non solo, rifugiati siriani.
Del problema si è occupato anche il New York Times, con un ampio articolo pubblicato a fine maggio in cui si parla dello sfruttamento del lavoro minorile da parte delle piccole aziende agricole turche che raccolgono le nocciole utilizzate da gran parte dei produttori dolciumi europei. Oltre alla Ferrero, che assorbe da sola circa un terzo della produzione turca, sono menzionate la Nestlé e la Godiva che è stata acquistata dalla compagnia turca Yildiz.
Il problema, si legge sul quotidiano americano, è che in Turchia la legge che tutela i diritti dei lavoratori non si applica alle aziende agricole con meno di 50 dipendenti, che sono la maggioranza di quelle coinvolte nella produzione di nocciole, e nonostante la Ferrero abbia più volte dichiarato il proprio impegno contro il lavoro minorile il controllo su una produzione così frammentata risulta quasi impossibile. Così le aziende, che non riescono a fare a meno delle nocciole turche, sono costrette ad acquistare prodotti che impongono ai lavoratori condizioni inaccettabile. Lo stesso amministratore delegato della Ferrero Hazelnut company, la divisione della multinazionale dedicata alla nocciola, avrebbe recentemente affermato che è “innegabile” che nelle aziende agricole turche esista il lavoro minorile, anche se si sta cercando di trovare soluzioni a lungo termine per risolvere il problema.
Ferrero non fa parte della Fair Labor Association
C’è anche da considerare che la Ferrero, a differenza di altre aziende come la Nestlé, non fa parte della Fair Labor Association, un’organizzazione no-profit per i diritti del lavoro con sede a Washington che ha attivato un progetto dedicato proprio alle coltivazioni di nocciole in Turchia.
Attraverso la raccolta fondi, We move intende promuovere un’indagine in collaborazione con l’organizzazione turca Centro per i diritti dei bambini per verificare e documentare queste accuse, e nel caso in cui fossero confermate indurre la Ferrero a rescindere i contratti con le aziende che impiegano bambini.
Nel frattempo la Ferrero sta cercando di risolvere il problema acquistando da altri paesi e promuovendo la coltivazione delle nocciole in Italia – attualmente il secondo produttore mondiale – attraverso il Progetto Nocciola. Resta da capire se e come sia possibile conciliare coltivazioni e produzioni intensive con la tutela dell’ambiente e il rispetto dei diritti dei lavoratori.
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giornalista scientifica
Forse occorre valutare anche quanto queste grandi aziende, che acquistano tonnellate di nocciole, la “facciano da padrone”, ed abbassino i prezzi ai coltivatori, incentivando così lo sfruttamento di lavoro minorile. Leggete l’articolo dell’Internazionale del 21/06/19 “il gusto amaro delle nocciole” e capirete.