Non se la passa molto bene l’acqua del rubinetto, quanto a reputazione. E non solo in Italia, ma in tutto il mondo. Eppure si tratta quasi sempre di convinzioni errate, che sarebbe opportuno correggere, per evitare di sprecare acqua spesso ottima e ridurre i consumi di acqua in bottiglia produrre che comportano l’impiego di plastica e un esborso di denaro che potrebbe essere utilizzato altrimenti.
Lo studio sulla fiducia nell’acqua del rubinetto
Le convinzioni sull’acqua potabile sono state al centro di uno studio pubblicato su Nature Communications e coordinato dai ricercatori della Northwestern University di Evanston, Illinois, e dell’Università del North Carolina di Chapel Hill che hanno utilizzato i dati provenienti da 141 Paesi, relativi a poco meno di 150mila persone e contenuti nel Lloyd’s Register Foundation World Risk Poll, un grande sondaggio realizzato nel 2019. Due le domande principali, studiate per mettere a confronto la realtà con la percezione: quante volte, nel recente passato, si erano vissute esperienze negative per la salute a causa dell’acqua del rubinetto, e poi chi pensava che, bevendola, entro due anni ne avrebbe avuta qualcuna.
Il risultato è stato che più di una persona su due, in media (il 52% del totale), teme di andare incontro a danni per la salute, se beve acqua del rubinetto. Le paure sono più forti nelle donne rispetto agli uomini, in chi vive in città rispetto a chi risiede in campagna, nelle persone che riferiscono di avere difficoltà economiche rispetto a quelle benestanti e in quelle che hanno livelli di istruzione superiori rispetto a chi ha studiato di meno.
Dove ci si fida di meno dell’acqua potabile?
Il Paese dove i timori sono maggiori è lo Zambia, che però è anche uno di quelli dove più persone hanno avuto esperienze negative, mentre quello dove sono minori è Singapore. Tra gli altri elementi che compaiono insieme ai dubbi sulla qualità dell’acqua, la corruzione dei funzionari è più evidente rispetto, per esempio, allo stato delle tubature, oppure alle condizioni economiche generali del Paese. Inoltre, anche nei Paesi ricchi come gli Stati Uniti, il 39% delle persone pensa che, bevendo acqua del rubinetto, entro poco tempo avrà qualche ripercussione negativa sulla salute.
Per quanto riguarda le esperienze dirette, invece, in molti Paesi la percentuale è bassa, attorno al 5-10% (è così in gran parte dell’Europa e del Nord America), e arriva attorno al 20-30% in Russia, in alcuni Paesi dell’Africa, dell’Asia e del Sud America. Solo in una manciata di Paesi africani i dati si avvicinano o superano il 50%, e questo dimostra che tra la realtà e la percezione c’è una distanza rilevante.
I commenti e i consigli
Secondo gli autori, quanto emerge è particolarmente paradossale, per diversi motivi. Il primo dei quali è il fatto che i contaminanti, quando ci sono, sono quasi sempre inodori, incolori e impossibili da percepire a una semplice osservazione, a meno che non si tratti di contaminazioni massicce. Le paure sono spesso teoriche, e non basate sulla realtà vissuta ogni giorno. Inoltre, in realtà, nella maggior parte dei Paesi l’acqua è sicura.
Le conseguenze della sfiducia, notano i ricercatori, sono più ampie di quanto di potrebbe pensare. Oltre a spingere all’acquisto di acqua in bottiglia, fa aumentare il consumo di bevande dolci, con conseguenze sulla salute dei denti e sul peso. Inoltre, chi diffida dell’acqua del rubinetto, esita a utilizzarla per cucinare, ed è quindi più motivato ad acquistare cibi pronti o a mangiare fuori, spendendo più di quanto sarebbe necessario, e non potendo sempre controllare la qualità di ciò che mangia. Sembra poi esserci un legame anche con effetti negativi sull’umore, e maggiore predisposizione alla depressione e all’ansia. Per tutti questi motivi – scrivono – bisogna fare di più per migliorare l’idea che le persone hanno dell’acqua che esce dal rubinetto di casa.
I provvedimenti che potrebbero risultare più efficaci sono quelli incentrati sulla trasparenza e sulla comunicazione. Per esempio, si potrebbero rendere pubblici e comprensibili i risultati dei test effettuati dai gestori. Sarebbe poi necessario intervenire regolarmente sulle infrastrutture e rinnovarle quando necessario, sostituendo via via quelle che contengono ancora piombo. Infine, si potrebbero distribuire filtri alla popolazione nei luoghi dove ci sia qualche contaminazione. E sempre si dovrebbero condurre campagne educative ad ampio spettro, per convincere le persone a bere e usare acqua del rubinetto, anche per risparmiare.
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Giornalista scientifica
La qualità dell’ acqua potabile dal rubinetto sarebbe garantita per legge. Ma non è sufficiente fare una legge per avere una qualità accettabile, bisogna farla rispettare. Le recenti normative riducono l’impegno delle Asl nel controllo della qualità, lasciandone la cura ai conduttori dei consorzi o società. Se nelle grandi città l’acqua è più controllata dagli enti preposti, nei piccoli centri e negli acquedotti privati la situazione è ben diversa. Quindi pubblicizzare l’acqua del rubinetto senza conoscere il problema, e senza le dovute distinzioni, è una pura illazione.