Basta aggiungere alla dieta quotidiana di un  vitello o di un  vitellone 15-30 mg di un farmaco a base di cortisoni, per ottenere dopo due mesi un incremento di peso di 60-80 kg rispetto ai capi non trattati. L’aumento ponderale artificiale permette perché al momento della macellazione di ricavare  da 100 a 300 euro in più. E’ questo in estrema sintesi il resoconto degli studi condotti dal gruppo di ricerca di Bartolomeo Biolatti, Preside della facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università di Torino, che da anni conduce  studi sugli animali, sia in vivo sia in vitro, con l’ausilio di sofisticati strumenti analitici.

«Per identificare gli animali trattati e le sostanze chimiche illegali utilizzate negli allevamenti – spiega Biolatti – utilizziamo ora  metodi sofisticati che coinvolgono discipline come la Genomica, la Metabolomica o l’impiego dei biosensori. Questa evoluzione dei metodi analitici rappresenta un vero salto di qualità necessario perché i cocktail di sostanze vietate  somministrate agli animali sono sempre più sofisticati. Se fino a qualche anno fa bastava controllare al microscopio le alterazioni delle ghiandole genitali accessorie, come la prostata o le ghiandole bulbo uretrali e il timo, adesso non è più sufficiente.

Ci sono nuove molecole che lasciano che lasciano intatti questi organi bersaglio e diventa difficile accertare i trattamenti illeciti. Recentemente abbiamo messo  a punto un nuovo brevetto basato sui biomarcatori genomici, che in presenza di quantità eccessive di estrogeni produce una quantità di proteine sino a 500 volte il valore normale. La crescita vertiginosa diventa così la prova evidente di un trattamento vietato sugli animali». 

Il sistema permette di evidenziare l’impiego di illecito di 17 beta estradiolo, classificato come cancerogeno per l’uomo.  Stiamo anche studiando gli effetti dei glucocorticoidi, quali il desametazone e prednisolone, per individuare dei biomarcatori affidabili in grado di prevenire l’uso di queste sostanze in zootecnia. Oltre alla facoltà di veterinaria di Torino anche il centro antidoping di Orbassano, allestito per le Olimpiadi invernali nel 2006 in Piemonte, si è specializzato nell’analisi tossicologica delle sostanze illegali utilizzate per dopare vitelli, mucche e cavalli. Il centro lavora in collaborazione con l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta. Questa riconversione è del tutto naturale, perché quando si parla di doping le molecole usate dagli uomini e dagli animali sono spesso identiche.

Il divieto di utilizzare promotori della crescita esiste da sempre in Europa, ma La questione dell’incremento di peso  illecito non è mai stata risolta perché i principi attivi di queste sostanze cambiano continuamente. I controllori conoscono il problema ma i metodi di analisi per identificare  le nuove frodi impiegano anni prima di essere approvati e diventare ufficiali. Quando finalmente vengono utilizzati, le molecole  dei promotori di crescita  illegali sono cambiate e si ricomincia da capo.

I test riconosciuti ufficialmente sono quelli chimici, che, ahimé, danno quasi sempre esito negativo perché i trattamenti vengono fatti con microdosaggi di diverse molecole “invisibili” alle analisi.

Più di una volta i Nas hanno sequestrato cocktail composti da 10 e più molecole presenti in quantità ridottissime, tra cui diverse sostanze vietate – come nandrolone, clenbuterolo, boldenone, cortisonici – abbinate ad antidolorifici, antidiabetici e altri medicinali attivi nella ritenzione idrica. Ma gli allevatori furbi   eseguono anche  trattamenti “week-end” che iniziano il venerdì sera, quando i veterinari Asl e i Nas non lavorano, e si esauriscono il lunedì mattina senza lasciare tracce.

Roberto La Pira

Foto:Photos.com 

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