Oxfam donne e cacao Nigeria 1

Oxfam donne e cacao Costa d'Avorio 1Tre sole multinazionali – Mars, Nestlé e Mondelez-Milka-Côte d’Or – comprano un terzo del cacao del pianeta, senza tuttavia curarsi delle condizioni di vita delle donne che lo coltivano. Oxfam pubblica un rapporto e lancia una petizione, 60mila consumatori sottoscrivono, Nestlé e Mars prendono atto e assumono degli impegni per cambiare. Il cerino resta in mano alla Mondelez che ora rischia di scottarsi.

 

Un’amara realtà emerge dall’indagine di Oxfam sulla filiera di approvvigionamento del cacao, in Costa d’Avorio, Nigeria, Brasile e Indonesia. Povertà e malnutrizione (come già abbiamo scritto) sono ancora diffuse nelle comunità in cui si coltiva la pur preziosa fava; le aziende che controllano il 40% del mercato globale del dolce prodotto che ne deriva non paiono averne alcuna cura.

 

Nei paesi citati, la piaga della discriminazione resta aperta. Le donne sono spesso pagate meno degli uomini, a dispetto delle pari qualità e produttività professionali. Le donne hanno anche minore accesso alla proprietà della terra, alla formazione, al credito e a strumenti indispensabili come fertilizzanti e sistemi d’irrigazione. Ciò nonostante, l’uguaglianza di genere non risulta sull’agenda dei programmi di sostenibilità dei citati gruppi multinazionali. Violenze e maltrattamenti, inoltre, sono all’ordine del giorno, ma sfuggono alle forze dell’ordine.

 

 

Oxfam donne e cacao Nigeria 2I colossi industriali d’Occidente hanno promosso alcuni progetti per migliorare la sostenibilità delle produzioni, si sono impegnati ad aumentare gli approvvigionamenti di cacao certificato, ma il tempo stringe e la povertà avanza (e anche di questo abbiamo già scritto). Le parole non bastano più. Oxfam si é perciò attivata nei confronti di Mars, Mondelez e Nestlé affinché difendano i diritti dei milioni di donne che coltivano cacao nel Sud del mondo. Sradicare la discriminazione di genere è una delle cose più importanti che le aziende possono fare per migliorare la qualità e la sostenibilità dei loro prodotti.

 

Mars e Nestlé hanno risposto con prontezza all’appello di Oxfam, assumendo nuovi impegni, tra cui quello di far effettuare da organizzazioni indipendenti una valutazione di impatto sulla filiera di produzione del cacao che determini quanto le donne siano penalizzate. Tale valutazione riguarderà anzitutto la Costa d’Avorio, primo paese produttore, e poi tutti gli altri. In base all’esito di questa valutazione, le due multinazionali adotteranno uno specifico piano d’azione per lottare contro la povertà.

 

Oxfam donne e cacao Nigeria 3Le due multinazionali si sono anche impegnate a sottoscrivere i Women’s Empowerment Principles (I “Principi di potenziamento del ruolo delle donne”), adottati dal Global Compact sotto l’egida dell’ONU, per il concreto rafforzamento della posizione delle donne nell’intero ciclo di produzione e per il controllo dell’effettivo rispetto dell’eguaglianza di genere.

Entrambe le aziende si sforzeranno di sviluppare programmi di settore contro l’ineguaglianza di genere, in collaborazione con gli altri giganti dell’industria del cacao e istituzioni come la World Cocoa Foundation.

 

Mondelez International, invece, manca all’appello: una grave caduta di stile da parte di Kraft Foods, il secondo gruppo alimentare del mondo che nel 2012 ha adottato il brand Mondelez per la società che gestisce gli snack, dolci e salati.

Oxfam commenta: «Aspettiamo ora che Mondelez assuma un impegno contro fame e povertà. Le donne impiegate nella filiera della multinazionale sono pagate meno degli uomini e subiscono discriminazioni. È ora che i vertici di Mondelez si chiedano se abbia un senso lasciare ai diretti concorrenti la leadership del cambiamento, o se i consumatori, sempre più consapevoli, non finiranno per premiare aziende più responsabili. Oxfam continuerà a fare pressione affinché chi produce il cioccolato Milka “osi essere tenero” in primo luogo verso le persone che producono un prodotto così amato in tutto il mondo».

 

Dario Dongo

© Riproduzione riservata

Tutte le foto sono di Oxfam International e ritraggono donne della Nigeria e della Costa d’Avorio dedite alla coltivazione del cacao.

 

Per approfondire:

Video Oxfam “Donne e cioccolato: la verità

Video Oxfam “Le donne del cacao – Costa d’Avorio

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Paoblog
3 Aprile 2013 12:22

Alcuni giorni fa sul mio blog ho dato spazio alla Campagna di Oxfam per il miglioramento dei salari delle donne impiegate nella coltivazione del cacao ed ho visto che vi sono stati esiti positivi dopo che oltre 60.000 persone hanno firmato l’appello lanciato da Oxfam.
°
Oggi ho pubblicato un post dal titolo: “Mangiamo cioccolato di qualità sulla pelle altrui…”

ieri però ho letto un articolo su Vanity Fair dove si racconta di un’altra situazione collegata alle coltivazioni di cacao fra i migliori ovvero quello che ci permette di mangiare cioccolato di alta qualità.

Il tutto accade nel Madagascar, nella Valle del Sambirano, dove vengono coltivate le fave di cacao criollo; un chilo di queste fave costa oltre 3 € al chilo ovvero il quadruplo del prezzo di un chilo di riso, l’alimento principale dell’isola. A seguito della maggiore richiesta di cioccolato di alta qualità, i prezzi sono lievitati ed hanno causato anche l’interesse della criminalità.

Il Madagascar è uno dei trenta paesi più poveri del mondo, vittima tra l’altro di un golpe militare nel 2009 al quale è seguito il congelamento degli aiuti internazionali che, va da sè, non ha fatto altro che colpire direttamente le fasce deboli della popolazione, aumentando la fame e la delinquenza. Molti raccolti sono trafugati, facendo ricorso anche alla violenza, e la maggior parte delle fave rubate finiscono nella mani di compratori cinesi ed indiani; si stima che 5.000 tonnellate, ovvero la metà del raccolto annuale, finisca nella mani dei criminali.

Radison Bienvenue, uno dei protagonisti della lotta ai contrabbandieri è stato recentemente assassinato in un agguato., tuttavia altro che che un nome in più all’elenco delle vittime di una lotta impari. Il commissario Talily è l’ufficiale di polizia che combatte il traffico illegale di cacao, tuttavia deve scontrarsi con la mancanza di mezzi e di uomini affidabili.

Ha 71 uomini, ma si fida solo della metà di essi e con questi deve vigilare su una provincia di 260.000 abitanti. Ha una sola vecchia auto (e spesso non ha la benzina) e dispone di 4 fucili funzionanti, più altri 17 che non funzionano e con i quali bluffano, puntandoli contro i delinquenti sperando che si arrendano.

Nell’articolo si racconta poi dell’indagine impossibile per cercare i colpevoli dell’omicidio di Radison, con i famosi fucili non funzionanti, con l’auto rifornita di benzina dall’azienda statale per il cacao e senza nessun supporto scientifico, al punto che le foto ai sospetti le fatte il fotografo che supportava la giornalista.

A prescindere dai dettagli, è la chiusura dell’articolo a dare la giusta visione delle cose:

“…leggo sul sito del Gambero Rosso i pregi del cacao della valle del Sambirano. Trascrivo: “Dolcezza floreale”, “profondnità aromatica”, “favolosa evoluzione”, “pennellata calda ed esotica”. Mi tornano in mente le parole di “monsieur le commissaire”: I braccianti, i contadini, le persone che producono il cacao, e anche quelle che lo rubano, non hanno mai mangiato cioccolato. C’est la misère.”

anna maria mangia
anna maria mangia
3 Aprile 2013 23:26

Mah! Se le donne sono discriminate, sottopagate e maltrattate, ciò è dovuto alla “cultura del luogo”e non si può addossare ad una multinazionale una condizione di peggioramento della donna e anzi, grazie ai polveroni che si creano attorno a queste situazioni, l’opinione pubblica viene a conoscenza di problematiche che prima potevano anche non interessare, perchè diciamolo chiaramente:in passato, a quale occidentale poteva fregare minimamente della uguaglianza di genere in Costa d’Avorio.

Dario
Dario
4 Aprile 2013 08:12

Il CEO di Mondelez, la signora Irene Rosenfeld, trascura sì le condizioni di vita delle donne che lavorano il cacao ma non le proprie. Per il 2012, ha riservato a sé il modesto compenso di 22 milioni di US$ (v. http://www.washingtonpost.com/business/oreo-cookie-maker-mondelez-gives-ceo-irene-rosenfeld-pay-hike-of-40-percent-in-2012/2013/04/03/be2badae-9c7a-11e2-9219-51eb8387e8f1_story.html). Un sistema che non ci piace proprio

Aldo
4 Aprile 2013 15:14

Per evitare questo sfruttamento da anni ormai in Costa d’Avorio operano alcune aziende produttrici con il marchio Fairtrade, quello del mercato equo e solidale.

alex
alex
7 Aprile 2013 19:33

L ‘impoverimento mondiale,è dovuta a queste multinazionli vergognose,che stanno mettendo in ginocchio il pianeta,compresi noi ormai.Io da questi marchi non compro più niente da tempo,e a quanto pare ho fatto bene.L’unica protesta civile nei confronti di queste aziende che guadagnano milioni,è di non acquistare i loro prodotti,o almeno limitarne l’acquisto. Bisogna ringraziare questi articoli,perchè informano il cittadino,facendolo diventare un consumatore più attento.