
Il digiuno intermittente è balzato in cima alle classifiche dell’attenzione pubblica nelle ultime due settimane. Funziona? Questa volta ha giocato la dichiarazione dell’immunologa Antonella Viola, che sostiene di praticare da due anni una forma di digiuno intermittente (la TRE, time-restricted eating) non solo per regolarizzare il proprio peso, ma soprattutto come strumento di benessere e longevità. Ma le diverse pratiche di digiuno da tempo hanno conquistato uno spazio sempre maggiore tra chi cerca strategie per mantenersi in forma e in salute, anche grazie a libri che spopolano nel grande pubblico e applicazioni per gli smartphone. Questo sistema funziona? Sono pratiche davvero consigliabili? Con quali basi?
Camilla Orlandini sul sito di Scienza in rete ha fatto un punto su questo tema, esaminando le prove scientifiche disponibili a favore e contro, con l’aiuto di Mauro Serafini, professore di Nutrizione umana all’Università di Teramo e membro del Gruppo 2003 per la ricerca scientifica. Rimandandovi alla lettura dell’interessante e documentato articolo riportiamo una frase che riassume bene il contenuto della nota in questa frase riferita al digiuno intermittente: «Il grado di perdita di peso è pari a quello ottenuto con gli approcci di restrizione calorica tradizionali. L’impatto sui parametri di rischio cardiovascolare e metabolico è ancora incerto. Mentre alcuni studi hanno dimostrato miglioramenti nella pressione sanguigna, LDL, colesterolo, trigliceridi e resistenza insulinica, altri hanno mostrato che questi effetti positivi non ci sono».
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