Il Paese della Dieta mediterranea intende chiudere l’Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione, l’ente che ha promosso e diffuso nel mondo uno stile alimentare sempre più imitato. Può sembrare un paradosso ma è così, da qualche settimana a Roma nei palazzi del Governo il ministro delle politiche agricole Mario Catania sta studiando il modo per tagliare le spese e l’Inran è nel mirino, insieme ad altri enti come Ismea, Ina… La notizia è di quelle che fanno venire i brividi, perché già Berlusconi aveva ridotto progressivamente i fondi all’Istituto, e adesso si cerca di accorpare, ristrutturare, riorganizzare… Ragionamenti complessi dietro i quali c’è il tentativo di chiudere definitivamente la ricerca italiana nel settore alimentare. La capacità di un governo si misura su due parametri che in apparenza non producono ricchezza, ma che rappresentano una garanzia per il futuro dei cittadini, stiamo parlando dell’istruzione scolastica e universitaria e della ricerca (anche alimentare).

 

Questa regola è però poco conosciuta dai governanti. C’è da chiedersi quanto Berlusconi, un personaggio che ha costruito il successo sul mattone e la televisione abbia riflettuto sulla correlazione tra scuola-ricerca e futuro del Paese. Il professore Mario Monti come docente universitario dovrebbe avere più dimestichezza con questi argomenti, ma forse negli ultimi anni è stato assorbito troppo dai problemi delle banche e si è distratto un po’.

 

Il progetto di “ristrutturazione” dell’Inran vuol dire tagliare ulteriormente i fondi e destinare all’esaurimento quel poco di ricerca indipendente alimentare che si fa in Italia. Per molto tempo ho sperato in un rilancio dell’Istituto, ma negli ultimi anni ho registrato un crescente senso di frustrazione e sfiducia da parte dei ricercatori, che hanno sempre portato avanti con passione e competenza il loro lavoro. Il paradosso si è avuto l’anno scorso con la nomina alla presidenza dell’istituto di un entomologo, abituato a disquisire di coleotteri e zanzare, ma poco avvezzo a parlare di proteine e nutrizione.

 

Un altro episodio sconosciuto ai più, riguarda lo storno da parte del governo Berlusconi nel 2010 dei soldi già stanziati per l’Agenzia italiana per sicurezza alimentare, che doveva sorgere a Foggia. Un’operazione portata avanti con l’accordo tacito dei due ministri dell’agricoltura e della salute, non disposti a cedere il loro potere ad un organismo in grado di supervisionare in modo organico sulla salute degli italiani. In controtendenza rispetto agli altri Stati europei, in cui questi enti operano da anni, e sono riconosciuti come delle preziose risorse.

 

Venerdì prossimo a Roma si discuterà del destino dell’Inran. Forse si è già deciso che la ricerca nel campo alimentare non serve, che le scoperte e le novità nel settore sono spazi da riservare alle aziende private per elaborare nuovi prodotti sempre più sofisticati e non sempre più salutari. Gli esperti del ministero pensano che senza l’Inran e senza la ricerca pubblica si possa lavorare lo stesso, e anche recuperare denaro senza grossi intoppi.

 

Qualcuno è convinto che l’investigazione in campo alimentare sia diventata un lusso per l’Italia. Perché  allora i ministri della sanità e dell’agricoltura quando parlano di cibo, inneggiano sempre alla sicurezza e alla qualità dei nostri prodotti. Forse pensano che la sicurezza alimentare e la qualità siano attività da fare sguinzagliando i Nas in qualche operazione spettacolare alla ricerca del concentrato di pomodoro cinese! Non è così e voglio sperare che la situazione non precipiti. Un governo di professori non dovrebbe dimenticare il ruolo e l’importanza dell’educazione e della ricerca.

 

Roberto La Pira

Foto: Photos.com, Politicheagricole.it

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Roberto
Roberto
9 Giugno 2012 11:34

IL governo ha deciso per la chiusura.

Paolo Amerio
Paolo Amerio
9 Giugno 2012 14:33

Ma è incredibile, uno dei pochi, veri e concreti asset dell’economi aItaliana, il food e soprattutto la Dieta Mediterranea…e questi 4 saputelli massonici della Bocconi decidono di buttare tutto all’aria? Ma se poi sono gli stessi che nei loro tanto decantati corsi di marketing insegnano, a livello food, di fare leva proprio sulla Dieta Mediterranea. Deludente Italia…!

Maurizio
Maurizio
9 Giugno 2012 14:59

E’assurdo che un istituto cosi importante per la salute delle persone venga chiuso. Non capisco perche la ricerca in Italia debba essere sempre penalizzata.

Giovannino
Giovannino
7 Giugno 2012 16:40

Congratulazione per la scelta ignorante! E magari ci lamentiamo se in Italia vi siano bambini obesi che preferiscono il cibo "spazzatura"!

Emilio
Emilio
7 Giugno 2012 17:01

L’INRAN mi sembra tanto l’ennesimo carrozzone per dar da mangiare agli amici degli amici. Gli italiani fan la fame e promoviamo all’estero la dieta mediterranea…. Mah

MonicaM
MonicaM
7 Giugno 2012 18:30

Ma come si taglia ciò che funziona meglio? che paese alla deriva…

mariolina
mariolina
7 Giugno 2012 14:00

Mi sembra una cretinaggine assurda. Invece serve sempre il supporto di chi ne sa più di noi. Anche perché c’è gente che non sa proprio mangiare, assembla cibi che sono pugni per il fegato.
No! Non sono affatto d’accordo, anche perché c’è sempre da imparare

RIccardo
RIccardo
7 Giugno 2012 08:49

E’ un dramma. Chiunque abbia collaborato con INRAN conosce la preparazione delle persone che vi lavorano, la serietà, l’etica e l’impegno. E’ paradossale che sotto un governo tecnico, anzichè tagliare i politici-burocrati si taglino i tecnici-ricercatori.

Alessia
Alessia
7 Giugno 2012 09:31

E’ uno scandalo, non si deve fermare la ricerca.

Francesco Vino
Francesco Vino
8 Giugno 2012 08:47

Dott. La Pira ha perfettamente ragione, si tende a limitare le spese andando ad intaccare solo ricerca e cultura. I prossimi ad essere ridimensionati saranno i Dipartimenti di Prevenzione delle ASL. La sicurezza alimentare sarà in mano ai NAS ed a tutti gli altri organi di polizia che stanno predisponendo da tempo nuclei di controllo alimentare. Mi domando con quali professionalità acquisite e dove. Ma è un discorso troppo lungo. Speriamo che almeno l’INRAN venga lasciato in pace…

alberto
alberto
8 Giugno 2012 16:00

e mentre tutti guardano gli europei un altro pezzo di sana italia se ne va… ah mi raccomando pagate le tasse……Grazie!

Fulvio Ursini
Fulvio Ursini
12 Giugno 2012 14:03

Spero proprio che quanto paventato non succeda. Non conosco Paese altamente civilizzato occidentale che non abbia un Istututo per la Nutrizione. Le principali malattie cronico degenerative, inclusi i tumori hanno un profondo rapporto con la nutrizione. La produzione agroalimentare poi e’ fondamentale per la economia. Ma questi due aspetti hanno un enorme bisogno di ricerca specializzata per svilupparsi. Pena la globalizzazione dei sapori e… delle malattie.

Rosellina Mariani
Rosellina Mariani
14 Giugno 2012 06:42

Mi auguro che questa paventata chiusura non diventi una realtà!

Andrea Tibaldi
Andrea Tibaldi
20 Giugno 2012 08:56

Sinceramente mi sembra un po’ esagerato dire che l’INRAN era il "fiore all’occhiello" di qualcosa. Era un ente importante… Se avesse lavorato in modo efficiente. Diciamo che era una classica istituzione "all’italiana", decisamente poco efficiente se confrontata, per esempio, con l’USDA americana o enti del genere di altri paesi europei. Sbagliato chiuderla? Probabilmente, ma anche se fosse rimasta in piedi, avrebbe veramente dato un contributo importante o avrebbe semplicemente continuato a dire le solite tre cavolate (il vino fa bene, viva la dieta mediterranea, ecc ecc) senza fare nulla di veramente utile?

Antonio Di Caro
Antonio Di Caro
14 Giugno 2012 23:39

Non si può chiudere l’Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti, il fiore all’occhiello del nostro sistema alimentare. Si continuano a fare tagli nei settori che fanno crescere l’economia del nostro paese, quali turismo e alimentazione…. E’ possibile che questo governo non vede che sono gli unici settori in attivo della nostra economia. Se invece di importare prodotti alimentari dall’estero, che ci fanno indebitare, si favorisse la produzione di quelli italiani con aiuti seri al settore agricolo e zootecnico, che in questo momento sta attraversando una crisi profonda che farà chiudere molte aziende, favorisse la produzione in Italia, sicuramente invece di abbandonare le campagne molti dei giovani disoccupati dalle città verrebbero in campagna a coltivare la terra e allevare bestiame con sistemi all’avanguardia, avendo un diploma o una laurea, al contrario dei loro antenatii che senza diploma e laurea hanno fatto crescere l’Italia in questo settore.
Antonio Di Caro Assaggiatore Onaf e Maestro Assaggiatore On