I dadi da brodo sono un’invenzione antica. Molti li ricordano prima dell’ultima guerra piccoli e cubici, di carne e di vegetali, di diverse marche, alcuni venduti dentro un bicchiere come alternativa povera all’estratto di carne. Dopo la guerra i dadi da brodo evolvono con l’aggiunta del glutammato, un esaltatore di sapidità, e sono nobilitati, almeno a vedere ed ascoltare le pubblicità che nel Carosello della TV hanno un periodo di notorietà e celebrità. Ancor oggi i dadi da brodo, trasformati anche in gelatine o granulati, resistono e sono propagandati da grandi cuochi o almeno dalla loro immagine e sono condimenti da usare in molte preparazioni culinarie.
Chi ha ideato i dadi da brodo? Molti pensano che siano un’invenzione dell’industria italiana (Star e altre marche) o straniera (Maggi e risalendo nel tempo Liebig) che hanno diffuso presso le donne di casa i dadi da brodo, ma queste industrie hanno solo democratizzato e fatto evolvere un’idea che la gastronomia e l’alta cucina avevano già inventato. Nei secoli passati si pensa che la carne contenesse il nutrimento vitale, per questo in francese la parola viande come in italiano vivanda fanno riferimento alla vita, e si ritiene che la parte nobile e nutritiva delle carni sia presente nella parte liquida, che può essere estratta e concentrata nel brodo. Su questa ideologia, soprattutto in Francia nasce e si sviluppa la cucina dei brodi anche ristretti o concentrati (consommés), dei fumetti e dei brodi medicinali, delle glasse e via dicendo. Il maggiore esponente della cucina dei brodi è Antoine Carême (1783 – 1832), cuoco al servizio di Napoleone Bonaparte, dello Zar Alessandro I, del Principe di Galles e del Barone James de Rothschild, e che nella sua summa culinaria (1833 – 1834) scrive un “Trattato dei brodi grassi e magri”. In quest’opera vi è la ricetta della Glassa di pollo in tavoletteche si dice usata da Carême per poter dare a Napoleone una tazza di buon brodo caldo anche durante i sui spostamenti e perfino sui campi di battaglia, ma non è una sua invenzione.
I dadi da brodo risalgono almeno al Millesettecento certamente in Francia e in Italia. Del Viaggio ossia Istruzioni a’ Viaggiatori è un manuale di autore ignoto pubblicato a Torino dai Fratelli Reycends nel 1771 e dove nel Libro I Del Viaggio l’Articolo IV dedicato alle Precauzioni, che ogni viaggiatore, sia per terra, sia per acqua, deve prendere (pag. 12 – 14) l’anonimo autore si premura di precisare che i viaggiatori prima di partire devono munirsi di tavolette di brodo e perché solo a Parigi vi sono alcuni traiteurs che li fanno, e si sente d’obbligo dare una dettagliata descrizione di come preparare e usare le Tavolette secche, e portatili di brodo partendo da carni di pollo e bovino per avere tavolette “.
La preparazione delle Tavolette secche dell’anonimo italiano del 1771è molto simile a quella della Glassa di pollo in tavolette di Carême del 1833 – 34 e che parte da dieci libbre (circa cinque chilogrammi) di noce della coscia ed un osso di bue, dieci libbre d’osso buco di vitello, due garretti, cinque polli ed un vecchio gallo! Tralasciando i dettagli, dopo una cottura in acqua di sei ore, il consommè è sgrassato, filtrato e concentrato al calore di un fuoco vivo e il tutto è versato in placche di rame stagnate dai bordi rialzati, ed abbondantemente imburrate. Quando la glassa si è solidificata, si tagliano tavolette di due pollici e mezzo di lunghezza ed un pollice e mezzo di larghezza che sono stivate in scatole di latta, imburrate all’interno e accuratamente chiuse. La ricetta aggiunge “nei giorni di viaggio, prendete una o più tavolette a seconda della quantità di potage di cui avete bisogno. Fatele sciogliere nell’acqua calda ed otterrete presto dei potages succulenti e vellutati”.
Tra le Tavolette secche e la Glassa di pollo in tavolette e i dadi per brodo dell’ultima guerra e d’oggi la differenza è abissale, ma non vi è chi non veda come esista un collegamento, ad iniziare dalla nascita di queste tavolette preparate per essere usate in condizioni di una certa difficoltà. Queste tavolette sono infatti da usare in un’emergenza, quella dei viaggi che un tempo si svolgevano in condizioni non facili e soprattutto era difficile trovare accoglienze gastronomiche. Anche per questo i grandi, quando viaggiavano, si facevano accompagnare dai loro cuochi che avevano dovuto inventare delle preparazioni per preparare un brodo perché certamente, durante il viaggio del suo augusto signore, non poteva preparare un consommè che comportava ore ed ore di lavorazione. A questo proposito l’anonimo italiano del 1771 cita: “Eccettuatone li grandi cammini, qual brodo si trova nelle osterie? Soventi non se ne ha.” Un problema che ancor oggi assilla chi si dedica alla cucina familiare.
Oggi vi sono dadi da brodo di carne o vegetali che hanno dato origine ad altre preparazioni, come i granulati e le gelatine. Cosa vi è oggi nei dadi da brodo? Quasi sempre, elencati in ordine di quantità, predomina il sale, quasi onnipresenti sono il glutammato e gli estratti di carne, vegetali o lievito, seguiti da una serie di composti chimici e di aromi, mentre spesso della carne non vi è quasi traccia, venendo a mancare quel nutrimento vitale che aveva dato origine alle parole di viande e vivanda.
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Professore Emerito dell’Università degli Studi di Parma e docente nella Facoltà di Medicina Veterinaria dal 1953 al 2002
Buongiorno, non dimentichiamoci dell’olio di palma…
@Riccardo
“non dimentichiamoci dell’olio di palma”
Sì, non dimentichiamoci dell’olio di palma, demonizzato dalla Nestlè per intralciare la concorrenza della Ferrero e della sua Nutella, e la cui propaganda è stata ampiamente sbugiardata ma a cui ancora si crede, è dimostrato infatti che il palma non contiene affatto grassi insaturi in misura maggiore di altri usatissimi grassi alimentari, e che per avere la stessa resa in grassi con la soia tanto lodata da Nestlè si deve distruggere 8 (otto!) volte più superficie forestale.
Ma tornando all’argomento, il dado per brodo ha certamente origine antica e le tavolette o piastrelle di glassa di brodo o di brodo essicato erano state inventate secoli fa a uso di chi poteva permettersene il costo, molto elevato dato il metodo di preparazione e la limitata possibilità di conservazione, ma quello moderno come lo conosciamo noi, e come lo troviamo sullo scaffale del super, lo dobbiamo a Liebig.
Secondo il metodo messo a punto da lui la carne fresca tagliata a pezzetti veniva cotta sotto pressione con poca acqua, l’estratto filtrato e fatto evaporare sotto vuoto, ottenendo da 15kg di carne circa 450g (circa 33 volte meno in peso) di estratto cremoso che veniva venduto senza addizioni di alcun tipo, di fatto era un “fondo bruno” molto concentrato in tubetto o in barattolo e si usava diluendolo a cucchiaiate nell’acqua o nelle pietanze.
Ispirandosi alle tavolette preesistenti, e pressando il concentrato, con aggiunta di sale, in cubetti di uso ancora più pratico Liebig ideò poi il “Dado Liebig da brodo”, creando un’industria fortunatissima al punto che divenne “il dado da brodo” per antonomasia, dando origne a inumerevoli imitazioni e varianti, e quelli attuali, fatti anche senza carne ma con sale, grassi vegetali, glutammato, lievito, aromi, spezie e erbe/verdure varie aromatiche, ancora sfruttano quel ricordo ma ormai non hanno nulla a che vedere con l’Estratto o il Dado Liebig originale.