Tavola imbandita di piatti della cucina vegetariana

Un approfondimento per capire come sta evolvendo la cucina casalinga italiana, nell’articolo di Giovanni Ballarini su Georgofili.info, notiziario di informazione a cura dell’Accademia dei Georgofili.

L’Italia è piena di prodotti e ricette tradizionali che sono usati al di fuori del contesto della cucina regionale d’origine e ai quali si affiancano e si sostituiscono cibi e piatti di diversa importazione. Oggi, infatti, gli italiani incrociano un mercato alimentare sempre più diversificato, perché altre tradizioni si sono stabilite sul nostro territorio, in una crescente frammentazione che deriva anche da processi esogeni e tra questi, in primo luogo, dalle migrazioni interne ed esterne.

In Italia sono quasi scomparse le tradizioni alimentari che in cucina scandivano i tempi della settimana e delle feste

In Italia, oggi, assistiamo all’ascesa di una cucina plurale del ‘fai da te’. Non esistono quasi più le tradizioni alimentari che scandivano i tempi della settimana (giovedì gnocchi, venerdì baccalà, sabato trippa e domenica bollito) e delle feste con le ricette di Natale, Capodanno, Pasqua e Pasquetta. Il pluralismo alimentare, agevolato dalla diminuzione delle dimensioni familiari, è sempre più influenzato dalla pubblicità e vede l’uso non solo di semilavorati (pasta secca, paste fresche, ecc.), ma soprattutto di piatti pronti (minestroni, pizze, arrosti, ecc.).

Il pluralismo alimentare non è soltanto un fenomeno di convivenza di diversi stili e ricette, ma è anche, e soprattutto, l’esistenza di differenti modi di vivere il cibo con i suoi valori e simbolismi. Questa tendenza inoltre si associa all’avanzare di nuove generazioni, che trovano risposte sempre meno convincenti all’interno degli stili alimentari tradizionali e cercano nuove esperienze in un altrove industriale ricco di offerte e novità. Nell’attuale momento si può dire che, nelle città dove vive gran parte della popolazione italiana, vi è una sostanziale uniformità alimentare nella quale sono venuti a mancare i punti di riferimento delle tradizioni regionali, con un sostanziale fallimento anche della Dieta Mediterranea. In una cucina plurale si comprende anche l’estrema difficoltà di indirizzare l’alimentazione degli italiani con tabelle o ‘semafori’ di non facile comprensione e soprattutto oggetto di possibili, diverse interpretazioni.

salumi sale
La scarsa cultura scientifica italiana fa sì che si diffondano nozioni antiscientifiche anche in campo alimentare

Nell’attuale società italiana di scarsa cultura scientifica, frutto anche di un’insufficiente educazione scolastica, il vuoto lasciato dalla scomparsa delle tradizioni alimentari è sempre più colmato da tendenze antiscientifiche. Sfruttando il consumismo informatico, anche su alimenti e alimentazione si diffondono nozioni antiscientifiche, ideologie non controllate e basate su concetti non verificati. Cui sono poi le  pratiche astrologiche a volte presentate come scientifiche, idee propalate da cattivi divulgatori che presentano i risultati della scienza quasi come una superiore stregoneria comprensibile solo agli iniziati. Mai come oggi vi è la necessità di rendere la popolazione consapevole e di promuovere una cultura basata sui fatti, per impedire che si diffonda una pseudoscienza alimentare.

Una cucina plurale non ha ostacolato, anzi ha favorito, la diffusione di prodotti alimentari tipici. Un fenomeno non completamente nuovo, se si considera l’antico successo del Parmigiano in tutta Italia e all’estero. In modo analogo lo stesso avviene per vini, salumi e formaggi tipici, che trovano nuovi abbinamenti gastronomici, indipendentemente dalle tradizioni regionali. In una cucina plurale, inoltre, sperimentazione, innovazione e tradizione hanno sempre convissuto. Senza una sperimentazione il mais americano non sarebbe diventato la polenta gialla, innovazione della polenta bigia e soprattutto delle antiche pultes etrusche e romane. Lo stesso è avvenuto per le patate fritte, sconosciute agli americani andini, e per tanti altri alimenti trasformati dalle donne del popolo per necessità e dai cuochi dei palazzi per soddisfare la curiosità dei signori. Lo stesso sta avvenendo oggi anche in Italia, dove gli chef compiono ricerche e sperimentazioni, non solo di rivisitazione, ma lavorando soprattutto nella costruzione di nuove tradizioni, spesso usando gli alimenti locali e stagionali in modi innovativi.

ciotole di poke con salmone cetriolo edamame ravanello e bacchette
Nuovi piatti e tradizioni possono essere accolti all’interno di un’identità ricca e rinnovata, anche accanto alla cucina tradizionale

La realtà è più importante delle idee e quindi il punto non è quello di decidere se relazionarci con l’odierno pluralismo, ma piuttosto come e quale ruolo possono avere i prodotti tradizionali. Possiamo farlo in modo negativo considerandolo come una minaccia per la nostra identità, o in modo positivo accogliendo la presente molteplicità alimentare come una ricchezza in un confronto costruttivo. Per fare questo è necessario considerare che la diversità alimentare nel nostro Paese è un fenomeno consolidato e ineliminabile. Al tempo stesso bisogna prendere atto che si tratta di una realtà complessa ma anche poco considerata, se non ignorata, specialmente dalle istituzioni pubbliche. È necessaria quindi una profonda riconsiderazione di alcuni fenomeni dilaganti, come gli alimenti ultratrasformati e gli integratori alimentari. È indispensabile ripensare le modalità con cui gli enti pubblici e scientifici si relazionano con la popolazione, perché il modello di un’informazione solamente medicale ha in gran parte fallito.

Tradizioni alimentari, create, sviluppate, continuamente adattate alle diverse condizioni socio-culturali e recentemente abbandonate sono un patrimonio superato da dimenticare? Certamente no, come insegna quanto avvenuto con la pasta, che ha saputo evolvere costruendo una nuova tradizione identitaria legata a sistemi di produzione, formati, materie prime (multicereali, assenza di glutine ecc.), destinazioni d’uso (paste asciutte, in brodo, fredde, primi piatti o contorni ecc.) adattandosi a una grande varietà di ricette che tengono contro dei ruolo giocati dall’artigianato e soprattutto dall’industria. In modo analogo, per un impulso di derivazione asiatica e vegetariana, si sta vedendo un recupero della tradizione delle zuppe di verdure, un tempo espressione della varietà degli orti familiari, che oggi può essere facilmente fornita soltanto dall’industria. Come indicano i due esempi, esiste la possibilità, se non la necessità di reinterpretare le nostre tradizioni regionali con uno studio e una conoscenza della loro evoluzione nel tempo. Anche con un dialogo, un confronto e una partecipazione delle nuove classi sociali è possibile prevedere il formarsi di nuove forme alimentari per conoscere, interpretare e contestualizzare il cibo nelle nuove condizioni socio-economiche italiane.

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Giorgio D.A.
Giorgio D.A.
7 Aprile 2023 15:50

Quando scienza e cibo si incontrano, senza ideologie e preconcetti, nascono articoli interessanti come questo.

Andrea
Andrea
4 Maggio 2023 09:02

Articolo veramente interessante