Cracker integrali, più fibre e meno sale rispetto alle versioni classiche. Poche differenze nutrizionali tra i diversi marchi a confronto, ma occhio ai pacchetti
Cracker integrali, più fibre e meno sale rispetto alle versioni classiche. Poche differenze nutrizionali tra i diversi marchi a confronto, ma occhio ai pacchetti
Valeria Balboni 25 Settembre 2017Nell’ambito dei fuori pasto, i cracker sono considerati snack abbastanza equilibrati. Hanno meno grassi e zuccheri rispetto alle barrette dolci e contengono meno sale delle patatine e questo permette di seguire un tipo di alimentazione più in linea con le indicazioni dell’OMS che suggerisce per gli adulti un consumo inferiore a 5 grammi al giorno per il sale e circa 50 grammi al giorno per lo zucchero (per un adulto con fabbisogno di 2000 kcal). Dopo i cracker classici, Il Fatto alimentare ha confrontato i cracker integrali di tre marche famose: Esselunga, Barilla Sfoglia di grano e Misura Fibrextra, per valutare le differenze e ha anche misurato i valori attribuiti ai vari prodotti con il sistema dell’etichetta a semaforo francese (Nutri-Score).
Abbiamo scelto i craker integrali perché i nutrizionisti, e le stesse Linee guida per una sana alimentazione, sottolineano la necessità di preferire prodotti ricchi di fibre, perché contribuiscono a regolare il funzionamento dell’apparato gastrointestinale e l’assorbimento dei nutrienti. La fibra sembra avere un effetto preventivo non solo nei confronti di patologie intestinali (come la diverticolosi del colon), ma anche di gravi problemi cronico-degenerativi come i tumori del colon-retto, il diabete e le malattie cardiovascolari.
Il primo ingrediente dei cracker Barilla è la “farina di frumento integrale”, però fra parentesi si specifica che è ottenuta con l’aggiunta di crusca alla farina di frumento. La legge italiana infatti permette di indicare come “farina integrale” sia quella ottenuta direttamente dalla macinatura del chicco intero che quella ricostituita con l’aggiunta di crusca o cruschello alla farina raffinata. La crusca rappresenta circa l’11% nei cracker Barilla e il 6% nei cracker Esselunga. Il primo ingrediente dei cracker Misura è invece “Selezione Misura Integrale Fibrextra”, miscela formata da farina di frumento integrale (98,7%) cui è aggiunta fibra solubile ricavata da amido di frumento (1,3%).
I grassi, rappresentati in tutti e tre i casi da olio di girasole, sono pressoché uguali in tutti e tre i prodotti, così come l’apporto calorico medio. Lo zucchero è un po’ più alto della media per i Fibrextra Misura. Il contenuto di sale varia, ma rimane comunque al di sotto dei 2,5-2,7 grammi presenti nei cracker salati in superficie. Quello che caratterizza questi cracker è un apporto di fibra più elevato rispetto agli analoghi “bianchi”: dai 6,8 grammi dei cracker integrali Esselunga ai 12 grammi dei Misura, contro una media di circa 4 grammi in quelli non integrali. Il contenuto di grassi è invece un po’ più basso.
Inseriti nella piattaforma Open Food Facts, che permette di calcolare il Nutri-Score, tutti e tre i marchi considerati ricevono un bollino giallo e una lettera C, di cinque possibili, dalla A (la migliore) alla E. Non ci sono quindi grandi differenze fra i diversi marchi.
Quali cracker integrali scegliere allora? Se vogliamo aumentare l’apporto di fibre i più ricchi sono i Misura. Se invece vogliamo limitare le calorie – spesso il prodotto integrale viene scelto perché considerato “dietetico” – l’apporto è simile, ma i pacchetti non sono tutti uguali. Il pacchetto di cracker Barilla ne contiene quattro, mentre Esselunga e Misura cinque, e nella scelta bisogna fare attenzione anche a questo aspetto. Un pacchetto di cracker Barilla integrali fornisce 104 kcal, Esselunga 148 e Misura 156. Venendo ai prezzi, si va dai 2,6 €/kg di Esselunga, a 4,5 per Barilla, mentre si sfiorano i 6 per i Misura.
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Giornalista pubblicista, laureata in Scienze biologiche e in Scienze naturali. Dopo la laurea, ha collaborato per alcuni anni con l’Università di Bologna e con il CNR, per ricerche nell’ambito dell’ecologia marina. Dal 1990 al 2017 si è occupata della stesura di testi parascolastici di argomento chimico-biologico per Alpha Test. Ha collaborato per diversi anni con il Corriere della Sera. Dal 2016 collabora con Il Fatto Alimentare. Da sempre interessata ai temi legati ad ambiente e sostenibilità, da alcuni anni si occupa in particolare di alimentazione: dalle etichette alle filiere produttive, agli aspetti nutrizionali.
Purtroppo l’integrale, se non è bio, rischia di fare più male che bene. Possibile che a nessuno venga mai in mente di sottolinearlo?