I consumatori europei non hanno le idee molto chiare sulle etichette che certificano la sostenibilità di un alimento. Ma, soprattutto, sono stanchi di doversi orientare tra gli oltre 450 marchi, bollini e claim presenti nel mercato globale. Invece, vorrebbero che, almeno per quanto riguarda l’Europa, fosse introdotto un’etichetta ambientale uniforme, certificata e facilmente comprensibile, in modo da potersi fidare di ciò che trovano scritto.
Gli europei e l’etichetta ambientale
È questo l’inequivocabile il ritratto tracciato dal Consumer Observatory di Eit Food, organizzazione supportata dall’Istituto europeo per l’innovazione e la tecnologia (Eit) dell’Unione Europea. Nel suo ultimo sondaggio, condotto su oltre 10mila cittadini di 18 Paesi, il 67% degli intervistati afferma che, se ci fosse un’etichetta ambientale europea, la terrebbe in considerazione. E il motivo è evidente: il 63% degli intervistati non si fida di ciò che dicono le aziende e ritiene che esagerino in merito alla sostenibilità dei propri prodotti. Solo il 33%, inoltre, crede che il proprio governo sia trasparente sulle regole per le ecolabel. C’è quindi bisogno di ricostruire un rapporto di fiducia oggi lacerato, e l’unico modo per farlo è avere sistemi di riferimento certi, univoci e credibili.
Un po’ a sorpresa, poi, considerando la propaganda che da anni, nel nostro Paese, osteggia il Nutri-Score, sono proprio gli italiani i più convinti della necessità di una certificazione europea, probabilmente anche per la grande diffusione del biologico. Ben l’81% la vorrebbe, seguiti dal 79% degli spagnoli e dal 78% dei polacchi. I più scettici sono i cechi, tra i quali solo il 45% leggerebbe un’etichetta europea, e i turchi, tra i quali il gradimento è al 40%.
Etichetta ambientale: quali criteri adottare?
Il sondaggio ha poi indagato su che cosa intendono i consumatori per ‘sostenibilità’, ovvero quali sono gli ambiti che, secondo i cittadini, dovrebbero essere presi in considerazione. I primi tre sono risultati essere la possibilità di riciclare il packaging, che interessa il 90% di chi ha risposto, il benessere animale (89%) e l’impiego di fertilizzanti e fitofarmaci (88%).
Oltre a ciò, l’indagine ha messo in luce che i più scettici sulla trasparenza dei criteri stabiliti dai rispettivi governi per ammettere le ecolabel sono i cittadini della Repubblica Ceca, del Portogallo e della Romania. Si fida, rispettivamente, solo il 21, il 24 e i 27% della popolazione. Inoltre, sempre considerando lo scetticismo, le donne lo sono più: solo il 31% pensa che il proprio governo abbia definito regole corrette, contro il 36% degli uomini. Per quanto riguarda, invece, le diciture commerciali, i meno fiduciosi sono gli olandesi, i tedeschi e gli irlandesi, secondo cui le aziende amplificano la sostenibilità dei propri prodotti (rispettivamente nel 73, 69 e 69% dei casi).
I progetti della Commissione Europea
Negli ultimi mesi la Commissione Europea ha vagliato una serie di sistemi di etichettatura per la sostenibilità, al fine di eliminare tutte quelle fuorvianti. Inoltre, sta ragionando sulla possibilità di costringere le aziende a convalidare le diciture dichiarando ‘l’impronta ambientale del prodotto’ attraverso un sistema di calcolo unico che tenga conto di tutto il ciclo vitale. Sta anche pensando di vietare l’introduzione di nuove diciture da parte di enti pubblici, a meno che non siano convalidate a livello comunitario, e da parte di enti privati, a meno che il prodotto non abbia caratteristiche migliori rispetto a quelli già presenti sul mercato.
FoodNavigator, che riporta i risultati di Eit Food, riferisce anche di un analogo sondaggio svolto nel Regno Unito che conferma, grossomodo, quanto visto in Europa. In quel caso, l’indagine è stata effettuata dall’azienda svedese di bevande a base di avena Oatly su 2mila cittadini britannici. Il 62% di essi si è detto favorevole all’introduzione di regole chiare sull’impronta di CO2 di cibi e bevande. Inoltre, il 55% pensa che dovrebbe essere obbligatorio apporle. Se così fosse, l’impatto delle etichette sarebbe probabilmente assai significativo. Il 59% afferma infatti che, se ne fosse a conoscenza, rinuncerebbe in parte o del tutto a prodotti a elevata impronta carbonica. Infine, a essere particolarmente sensibili sono i giovani (18-34 anni), che vorrebbero essere più informati e avere a disposizione etichette chiare, per poter per fare scelte improntate alla sostenibilità.
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Giornalista scientifica