Un ingombrante conflitto di interessi mette in discussione molte delle iniziative prese in ambito nutrizionale dalle autorità sanitarie negli ultimi anni in Gran Bretagna. È inquietante il quadro che emerge da un articolo pubblicato sul British Medical Journal, a seguito di un’inchiesta pubblicata qualche mese fa dal quotidiano the Guardian, sugli intrecci tra colossi dell’agroalimentare e membri di diversi comitati di salute pubblica incaricati di stilare programmi e progetti. E anche se diversi ricercatori si sono esposti in difesa degli accusati, la storia è poco edificante, e pone pesanti interrogativi. Ecco i fatti.
Nello scorso mese di settembre il quotidiano the Guardian pubblica appunto la lista dei conflitti di interessi di alcuni dei più autorevoli (fino a quel momento) membri del panel governativo incaricato di redigere le nuove raccomandazioni nutrizionali in base alle indicazioni dell’OMS che prevedono, tra le altre cose, un taglio degli zuccheri. Alcuni di loro si mostrano pubblicamente scettici sul ruolo dei carboidrati nell’aumento dell’obesità, posizione alquanto sospetta.
Si viene così a sapere, per esempio, che Ian MacDonald, dell’Università di Nottingham, ha avuto in passato contratti con la Coca-Cola e la Mars, oltre a essere l’incaricato dei rapporti istituzionali dell’università con Unilever. Inoltre, tanto membri del colosso alimentare quanto lo stesso MacDonald, siedono insieme nei comitati governativi per la riduzione degli zuccheri.
Un altro membro accademico dei panel governativi è Judy Buttriss, direttore della British Nutrition Foundation, la quale, però, ha avuto fondi da British Sugar e Tate & Lyle, produttore di dolciumi.
Da quell’articolo a oggi si sono moltiplicate le voci secondo cui lo zucchero, di per sé, non sia dannoso per i suoi effetti sul metabolismo, ma solo per le calorie, e che quindi basti abbassare le calorie (rinunciando ad altri alimenti) per risolvere il problema dell’obesità (una tesi smentita da anni di ricerche), oppure che gli effetti nocivi siano visibili solo in alcune età come l’adolescenza o, ancora, che avere un contratto con un’azienda non significa esserne influenzati, e così via.
Nel frattempo però altri ricercatori hanno iniziato a documentare tutti i conflitti di interesse in corso, e il British Medical Jounal ha affidato a Jonathan Gornall, uno dei suoi collaboratori, la stesura di un articolo che facesse il punto della situazione.
Il risultato è a dir poco inquietante, e assomiglia a un dossier accusatorio, ricchissimo di cifre e nomi. In sintesi, i membri della Human Nutrition Research (HNR) Unit del Medical Research Council, cioè dell’organismo ufficialmente incaricato di stilare le nuove linee guida, hanno avuto fondi e rapporti di vario tipo con moltissimi gruppi alimentari tra i quali appunto Coca-Cola, Mars, Nestlè, Sainsbury, Weight Watchers, Institute of Brewing and Distilling, Cereal Partners e altri. Per esempio, tra il 2008 e il 2010 uno dei membri dell’HNR, Susan Jebb, ha ricevuto ben 194.000 sterline da Coca-Cola per uno studio, mentre tra il 2004 e il 2014 è stata responsabile di 10 grandi progetti sponsorizzati da aziende alimentari, per un totale di 1,37 milioni di sterline ricevuti; alcune delle stesse aziende hanno ora i loro rappresentanti in HNR.
Per quanto riguarda tutti i membri di HNR, l’indagine ha mostrato che tra il 2001 e il 2012 ci sono state almeno 45 dichiarazioni di conflitto di interessi esplicite e che dei 40 ricercatori che hanno fatto parte del panel tra il 2001 e il 2012, solo 13 non avevano nulla da dichiarare.
L’articolo riassume i punti critici della vicenda, e invita a riflettere. Se da una parte appare sempre più difficile pensare che la ricerca possa essere mandata avanti senza fondi privati, è altrettanto logico pretendere che quelle poche decine di persone incaricate di redigere documenti ufficiali siano inattaccabili. Secondo il giornale su 40 componenti, solo 13 non avevano mai ricevuto fondi dalle aziende in qualche modo coinvolte, a riprova del fatto che è possibile individuare questo tipo di figure anche per i compiti più delicati.
Agnese Codignola
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Giornalista scientifica