Nel 2014 l’AGCM ha sanzionato la società Named con una multa di 250mila euro per l’uso di claim salutistici proibiti. In particolare, l’integratore alimentare Immun’Âge era – ed è, almeno in parte – proposto come “coadiuvante” per la prevenzione dell’influenza o nel contesto di patologie quali l’Alzheimer, il Parkinson, il cancro. Tra l’altro, i pazienti affetti da alcune di queste patologie possono usufruire di un (relativo) sconto da parte dell’azienda dietro presentazione di certificato attestante la malattia.
È inevitabile osservare che chi convive con malattie così gravi sia particolarmente vulnerabile e disposto a investire risorse in promesse facili e a portata di mano. Inoltre poter prevenire efficacemente le malattie è in generale attraente per tutti. Le frasi utilizzate da Named sono estreme per la gravità delle malattie coinvolte e per la promessa di una prevenzione che appare, secondo il consenso scientifico, non possibile da garantire. Ancora, sembrerebbe, peggio se si prospetta un’efficacia terapeutica. Gli alimenti e gli integratori alimentari non possono per legge vantare capacità curative o preventive alle malattie. Per questo la multa decisa dall’Antitrust è stata la più cara mai comminata in materia di claim in tutta l’Unione europea.

Perché allora il Tar del Lazio nel mese di settembre 2015 (leggi articolo) ha annullato la multa, consentendo ai produttori di riprendere la pratica pubblicitaria? Nessuna azienda, nemmeno quelle più importanti, è mai riuscita a ottenere un ribaltamento così sostanziale di un provvedimento dell’AGCM. Inoltre la sentenza del Tar del Lazio, che potrebbe ancora essere ribaltata dal Consiglio di Stato, ci mette di fronte ad alcuni principi che preoccupano al di là della specifica vicenda.
I claim salutistici e nturizionali
Bisogna ricordarsi che, con un processo iniziato nel 2006 (e decisamente imperfetto), l’Europa, Italia compresa, ha cambiato l’approccio alle diciture nutrizionali riferite ai prodotti alimentari ( per esempio “senza grassi”) e salutistici (per esempio “l’acido linoleico contribuisce al mantenimento di livelli normali di colesterolo nel sangue”). Prima del 2006 le imprese erano libere di utilizzare frasi e scritte senza una specifica autorizzazione preventiva, ma erano obbligate a dimostrare la veridicità nel momento in cui l’autorità richiedeva le prove. Per alcuni prodotti questo sistema sussiste tuttora, ma nel 2012 l’approccio è stato ribaltato: prima di utilizzare frasi salutistiche e nutrizionali è necessario avere un’autorizzazione ottenuta dopo aver superato un esame condotto dall’EFSA e concluso dalla Commissione europea e dagli Stati della UE. Senza questa approvazione, non si possono utilizzare frasi di questo tipo anche se sono reali e corrette.
La vicenda si complica un po’ perché le sostanze botaniche – e Immun’Âge essendo a base di papaya rientra nel gruppo – insieme ai preparati vegetali utilizzati negli integratori alimentari, possono essere usate sulla base delle conoscenze accumulate nel tempo dagli studiosi. L’EFSA ha stabilito che questo corpus di conoscenze pregresse – spesso senza studi completi dell’uomo necessari di solito per approvare i claim – è sufficiente per validare le scritte sulle vitamine e minerali, ma non per le sostanze botaniche. Per altri motivi infine le domande presentate per le sostanze botaniche sono state sospese in attesa di trovare un approccio equilibrato, cosa che forse avverrà nel 2017.

Nessuna regola per i botanicals?
Su questo punto, il Tar del Lazio ha sostenuto che non esistono regole europee sulle diciture per le sostanze botaniche. In realtà, quando le diciture sui botanici sono state sospese, la Commissione europea ha detto chiaramente che si possono usare solo quelle classificate “in sospeso” (raggruppati in un’apposita lista), purché conformi ai principi generali della legislazione alimentare europea (che escludono riferimenti a malattie per gli integratori alimentari). Non basta. Il Tar Lazio per motivare la sentenza ha escluso che il tentativo del Ministero della Salute di portare ordine in questa materia – attraverso le famose Linee guida sugli effetti fisiologici delle sostanze vegetali – possa avere valore vincolante. Anzi, secondo il Tar del Lazio qualsiasi tentativo di limitare a priori le diciture a livello nazionale sarebbe addirittura incostituzionale. In pratica viene spazzato via tutto il sistema europeo e nazionale per regolamentare le informazioni in etichetta sulle sostanze botaniche.
Il fondamento dell’azione dell’AGCM in questi anni è sempre stato l’automatismo tra scritte non autorizzate e diciture ingannevoli. L’EFSA valuta se una dicitura è scientificamente dimostrata, e la Commissione europea, con gli Stati membri, valuta se è compatibile con la salute pubblica (per esempio, informazioni salutistiche su sodio e zucchero sono state rifiutate perché, pur veri, potevano incoraggiare comportamenti alimentari scorretti). Tutte le altre diciture non autorizzate, sono automaticamente ingannevoli perché non sono state vagliate da un ente specializzato e indipendente.
La decisione del Tar del Lazio
In questo caso, il Tar del Lazio ha spezzato l’automatismo, sostenendo che l’AGCM avrebbe dovuto valutare gli articoli scientifici e di stampa proposti dall’azienda (nonostante il fatto che l’EFSA avesse già valutato alcuni effetti della papaya come antiossidante, con esito negativo; del resto nessuno studio è stato depositato sul prodotto, secondo quanto riportato dall’AGCM). Insomma sembra che il Tar Lazio proponga un incredibile doppio binario: claim non autorizzati in Europa, ma non ingannevoli in Italia. In più suggerisce all’AGCM di porsi in competizione con EFSA per le valutazioni sulle diciture. Può avere senso? La conseguenza più importante, comunque, è che le aziende che violano le norme europee possono evitare la multa.

Riassumendo, il Tar del Lazio sostiene che alle sostanze botaniche possa essere attribuito qualsiasi effetto, anche collegato a malattie, senza vincoli di elenchi ufficiali europei o nazionali; l’AGCM, per contestare questi e probabilmente ogni claim nutrizionale o salutistico, dovrebbe condurre un’istruttoria sostituendosi all’EFSA, sulla base degli articoli scientifici o di stampa forniti da un’azienda (e presumibilmente con criteri diversi). Sulla base di questo ragionamento le diciture non autorizzate non possono essere multate. Speriamo che il Consiglio di Stato ribalti questa sentenza riportando l’Italia all’interno del diritto europeo (e nel buon senso)?
Il dubbio per le imprese del settore è che questa “liberalizzazione” si tradurrà prossimamente in restrizioni ancora più severe, soprattutto in un paese come l’Italia, in cerca di credibilità sull’uso di integratori e probiotici. Per i consumatori resta un grande punto interrogativo.
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Le Autorità sanzionano ed il TAR del Lazio annulla la sanzione, è un film già visto più volte… e le domande uno se le fa….
Il TAR non è nuovo a queste cose… qualche giorno fa ha annullato una maxi multa di diversi milioni di euro che l’AGCM aveva comminato agli armatori del golfo di Napoli.
Gli stessi armatori che hanno confessato regalare crociere a giudici o tessere di libero percorso a politici.
Non servirà a nulla, ma fare una petizione? Non sopporto il piangersi addosso, il fatalismo, il vittimismo ( esclusi i destinatari, che vi date un da fare encomiabile). Bisogna farsi sentire, altrimenti finiamo come gargiulo, anzi lo siamo sempre…Ecco, sono caduta nel cahier de doleans, detto anche melò. Alla prossima.
Caro Luca,
Nel suo articolo però non si spiega perché il Tar del Lazio abbia tolto la multa. Perché nel frattempo l’EFSA ha analizzato i claim vantati da Immun’Âge attraverso documentazione presentata da Named e li ha considerati ammissibili?
Grazie per una sua risposta.
Claudia
Cara Claudia,
la multa è stata tolta – ripeto quanto scritto nell’articolo – perché, secondo il Tar Lazio, non esistono, in realtà, regole per i claims sui derivati di piante, perché l’AGCM doveva sostituirsi ad EFSA e valutare le evidenze proposte da Named (cosa impossibile, lo sappiamo, ma questo ha contestato il Tar Lazio), tenendo conto della plausibilità dei claim sull’azione coadiuvante proposti da Named.
EFSA non ha valutato affatto questi claim. Aveva sì valutato il claim su papaya ed effetto antiossidante, con giudizio negativo, ma su questo punto, già rilevato dall’AGCM, il Tar Lazio ha “elegantemente” sorvolato.
In sostanza, il Tar Lazio ha detto che l’AGCM ha sbagliato nel “come” arrivare alla multa a Named; a mio giudizio, fissando un “come” del tutto impossibile da eseguire per un’amministrazione pubblica.
Quando si entra nel bizantinismo burocratico tutti hanno ragione e/o torto. Quello che vale è l’ultima sentenza.
Nel merito degli integratori e dei rimedi non convenzionali (omeopatia in primis) regna la confusione massima a tutti i livelli, a partire dalle commissioni europee che li definisce farmaci senza indicazione terapeutica e paralizzando tutto il settore, creando questi vuoti legislativi.
Prima di legiferare se l’aglio, il biancospino, la curcuma o la papaia fermentata in questione, facciano bene all’organismo e prevengano o regolino qualche funzione organica, gli scienziati incaricati dalle commissioni scientifiche istituzionali dovrebbero dichiarare il loro conflitto d’interesse con i produttori dei farmaci.