Le ultime evoluzioni legislative sulla questione del bisfenolo A interessano l’Argentina, che il 5 Marzo si è allineata con le decisioni di altri Paesi sudamericani vietando l’importazione, la fabbricazione e la vendita di biberon contenenti questa sostanza plastica. Altri Paesi come il Brasile e l’Ecuador avevano già imposto un divieto simile rispettivamente nel gennaio 2012 e nell’ottobre 2011.
Ma qual è la situazione attuale? È di qualche giorno fa la notizia secondo cui la FDA ha deciso di non rispondere all’invito di alcune associazioni americane che chiedevano il divieto definitivo all’impiego di BPA in tutti i materiali a contatto con gli alimenti, senza però interrompere gli studi sugli effetti tossicologici. In Europa l’EFSA, nel Dicembre 2011, ha ribadito la posizione secondo cui il BPA non comporta allarmanti rischi per la salute umana respingendo le preoccupazioni sollevate dall’Agenzia Francese sulla sicurezza alimentare (ANSES) che appoggiava il ministero nella costruzione di una legge per bandire definitivamente il BPA da packaging e dagli articoli a contatto con alimenti.
Allo stato attuale l’unico divieto europeo riguarda i biberon in policarbonato. Ma non ci sono stati passi in avanti alla luce degli studi sui biberon effettuati dal Laboratorio comunitario JRC. L’indagine aveva rilevato come anche altri materiali dei biberon potessero essere fonte di inquinamento.
Alcuni Stati europei, staccandosi dalla linea ufficiale, hanno deciso di percorrere strade autonome. L’Austria il 6 ottobre 2011 ha posto il divieto al BPA sui ciucci e sugli anelli da dentizione per bambini, il Belgio nel febbraio 2012 ha vietato l’uso di bisfenolo A in tutti gli articoli a contatto con alimenti destinati a bambini sotto i 3 anni, la Danimarca, citando le incertezze sugli effetti nocivi del BPA e ispirandosi al principio di precauzione, ha adottato lo stesso veto in via temporanea. La Francia infine ha deciso una linea anti-BPA culminata ad ottobre in una legge che bandisce il BPA da tutti i materiali a contatto con alimenti entro il 2014.
Dall’altra parte del mondo, il Canada nel 2009 vietò la sostanza nella maggior parte degli articoli e materiali a contatto con alimenti, comprese lattine e bottiglie per l’acqua. Anche Paesi con una legislazione notoriamente meno articolata rispetto a quella europea, come il Sudafrica, l’Australia, la Malesia hanno gestito il problema limitando l’impiego del BPA ai prodotti per bambini, e in alcuni casi hanno esteso il divieto ad altri articoli. La Cina ha deciso di uniformarsi al veto europeo per i biberon in policarbonato, temendo forse di perdere un’importante fetta di mercato.
Tra le tante scelte “cautelative” spicca anche quella dello stato americano del Connecticut dove la messa al bando per BPA, in vigore a partire dal 2013, interesserà persino la carta termica per scontrini, ritenuta una fonte potenzialmente inquinante per l’uomo.
In questo contesto di grande evoluzione, l’apparente immobilismo dell’Europa lascia spazio a dubbi, mentre in molti si aspettano altre decisioni. In compenso alcune aziende stanno cercando soluzioni alternative. La Campbell Soup Company, ha annunciato di voler avviare un percorso per l’eliminazione del BPA dalle lattine entro il 2012. Questo vuol dire che le soluzioni esistono.
Gli ultimi rapporti dell’Efsa lasciano trapelare la volontà di collaborare con altri enti, come la FDA, per prendere decisioni comuni. La situazione è un po’ confusa e curiosa se si pensa che i primi sospetti sulla tossicità del Bisfenolo A, risalgono al 1930 e la discussione è ancora aperta.
Foltran Luca
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