«Il benessere degli animali è importante, anche quando si tratta di animali da reddito, che hanno il diritto di vivere in condizioni che rispettano le loro esigenze». Ad affermarlo è Luigi Bertocchi, responsabile del settore bovino del Centro di referenza per il benessere animale presso l’Istituto zooprofilattico sperimentale della Lombardia e dell’Emilia Romagna.
Bertocchi ha studiato un sistema per valutare il benessere delle vacche da latte ormai sperimentato in 300 allevamenti del nord Italia. Il modello prende in considerazione oltre cinquanta variabili «Partendo dalle cinque libertà che spettano di diritto agli animali, definite negli anni ’70 in Inghilterra: libertà di mangiare, bere, muoversi, di non avere paura e di essere in condizioni sanitarie normali», spiega l’esperto.
Tra i parametri che definiscono il punteggio ci sono gli spazi occupati dagli animali, idealmente veri e propri open space in cui le vacche si muovono liberamente spostandosi dalle aree di riposo a quelle dove mangiano e bevono, ma anche la qualità e la disponibilità di acqua e cibo. Può infatti succedere che gli animali siano alimentati troppo poco o con diete non equilibrate per ragioni di costi oppure per limitare le deiezioni, che rappresentano un problema ambientale non indifferente.
Anche le tecniche di mungitura devono rispettare l’integrità degli animali e bisogna essere pronti ad affrontare i rischi collegati alle emergenze. Per esempio serve un gruppo elettrogeno in grado di assicurare la mungitura quando ci sono improvvise interruzioni di corrente. «È importante che gli animali non abbiano problemi di deambulazione, un problema che potrebbe essere collegato al terreno sassoso, oppure collegato a una dieta scorretta , spiega Bertocchi. Anche il cibo deve essere di qualità e quantità sufficiente perchè ormai molti animali frutto di incroci e selezioni genetiche producono oltre 50 litri di latte al giorno e hanno bisogno di controlli attenti e costanti».
Un punteggio extra è previsto per gli allevamenti che consentono alle mucche, nei periodi in cui non producono latte, di uscire al pascolo. Non possono invece essere valutati, per mancanza di una delle libertà fondamentali, gli allevamenti che tengono gli animali legati alla catena dalla nascita (il 25 % circa del totale in Italia e il 30% in Europa).
L’obiettivo sarebbe quello di dare alle aziende la possibilità di informare i consumatori quando negli allevamenti si rispettano questi parametri. «Alcune aziende, come la Coop hanno già cominciato a muoversi in questo senso monitorando gli allevamenti presso i quali si riforniscono», spiega Bertocchi. Mentre è in via di definizione un accordo con l’Associazione italiana allevatori.
Un‘iniziativa a tutela della qualità? «Per ora non si può affermare che il benessere degli animali garantisca anche prodotti migliori, osserva Bertocchi. Si tratta però di una “qualità diversa”, che non è legata ai parametri sanitari e organolettici previsti dalla legge, ma a una consapevole scelta etica, di rispetto del consumatore verso gli animali».
E d’altra parte nessuno può impedirci di pensare che il latte delle mucche felici sia anche un po’ più saporito….
Paola Emilia Cicerone
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