In che modo i bambini decidono cosa mangiare? Secondo l’opinione più diffusa, dipende da ciò che preferiscono. Ma secondo uno studio appena pubblicato su Appetite dai ricercatori dell’Università statale della Pennsylvania, in realtà, pur optando anche per ciò che amano, più spesso scelgono seguendo una priorità opposta, cioè evitando il cibo che non gradiscono.
Per studiare i criteri che orientano le scelte dei più piccoli, gli autori hanno selezionato un campione di una sessantina di bambini di età compresa tra i 4 e i 6 anni e li hanno fatti partecipare a due sessioni di test. In entrambe le sessioni ai bambini è stato presentato un vassoio con sette pietanze: patatine fritte, broccoli, nugget di pollo, ketchup, uva, pomodorini e biscotti, insieme a una bevanda alla frutta e a un bicchiere di latte (vedi foto sopra). Prima del pasto, ai bambini è stato chiesto di indicare le preferenze con una scala di cinque punti (super cattivo, cattivo, forse buono-forse cattivo, buono, super buono), in modo da poter confrontare quanto affermato con le scelte effettive.
Dopo aver lasciato che i bambini mangiassero, i ricercatori hanno confrontato gli avanzi (pesati) con le dichiarazioni precedenti al test. Il risultato è che il rapporto tra alimenti preferiti e consumo non è così stretto, mentre quello tra cibi sgraditi e rifiuto lo è molto di più. Solo quando un bambino aveva indicato le patatine, i pomodorini, la bibita alla frutta e l’uva come alimenti preferiti si è osservata un’associazione positiva con la quantità consumata, ma quando ne aveva indicato uno degli altri come preferito, non c’era stato, in seguito, un comportamento altrettanto coerente. Al contrario, ogni volta che un bambino aveva classificato una delle opzioni come cattiva o super cattiva, poi non l’aveva scelta.
La comprensione di questi meccanismi getta una nuova luce sulle scelte dei più piccoli, che risultano essere molto più simili a quelle degli adulti di quanto non si credesse. Come un adulto, infatti, anche un bambino, se può, tende a evitare assolutamente un cibo che non ama, mentre ha un atteggiamento più sfumato verso quelli che gradisce: li mangia o meno a seconda di ciò che decide sul momento. Inoltre, ciò significa che i bambini sono più aperti verso gusti e aromi nuovi: purché non appartengano a una categoria sgradita. E questo può aiutare i genitori con bambini che mangiano con difficoltà o tendono a consumare solo poche tipologie di alimenti.
Ci sono poi altri fattori che influenzano le scelte come le abitudini della famiglia. La quale, a sua volta, risente del contesto culturale e delle usanze della zona in cui risiede. Per esempio, se in famiglia passa il messaggio che il latte fa bene e rende forti, il bambino e in seguito il ragazzo tenderà a consumarlo anche quando non lo ama particolarmente. In paesi come gli Stati Uniti, dove i bambini (e quasi sempre anche gli adulti) sono piuttosto lontani dai quantitativi di frutta e verdura consigliata – concludono gli autori – tenere conto del contesto così come dei meccanismi che influenzano le decisioni può fare una grande differenza.
© Riproduzione riservata Foto: iStock.com, Penn State
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Giornalista scientifica