umami, allattamento
Mother breastfeeding cute baby
Le donne dovrebbero allattare i figli al seno in maniera esclusiva per i primi sei mesi

L’Organizzazione Mondiale della Sanità sostiene che le donne dovrebbero allattare i propri figli al seno in maniera esclusiva per i primi sei mesi, per poi passare all’integrazione con alimenti complementari. La “convivenza” dovrebbe andare avanti almeno fino al compimento del primo anno di vita ed eventualmente oltre, secondo quelle che sono le esigenze manifestate dalla mamma e dal proprio figlio. Oggi è quasi un’utopia. Nei Paesi occidentali solo un bambino su cinque assume il latte materno a distanza di un anno dalla nascita. Dati che, come svelato dall’Istat nel 2013, riguardano anche l’Italia. Nel nostro Paese la durata media dell’allattamento al seno ammonta a otto mesi, mentre il periodo esclusivo equivale alla metà. Ai due estremi la provincia di Trento (cinque mesi) e la Sicilia (tre mesi e mezzo) (vedi articolo).

Di fronte a questa situazione secondo la rivista è legittimo pensare che siano «ancora poco chiari i benefici apportati dall’allattamento al seno, alla donna e al bambino». The Lancet, ha ricostruito la mappa mondiale della pratica. Ventotto le revisioni di studi prese in esame – 22 realizzate ex-novo, più di 1.300 i documenti passati in rassegna – da cui è emerso che «se l’allattamento al seno si diffondesse in maniera omogenea su tutto il pianeta, si potrebbero evitare le morti di ottocentomila bambini, pari al 13 per cento di tutti quelli che muoiono entro i due anni, e di ventimila donne affette da tumore al seno ogni anno». I benefici della pratica sono stati evidenziati nel tempo, attraverso gli studi epidemiologici. Per i bambini: ridotta suscettibilità e mortalità alle infezioni (intestinali e del tratto respiratorio), ridotti tassi di malocclusione dentale, quoziente intellettivo più alto, minori chance di essere in sovrappeso o obesi da adulti. Per le donne invece ci sono prove che l’aver allattato un figlio al seno per un tempo sufficiente riduca il rischio di ammalarsi di tumore al seno, alle ovaie, diabete di tipo 2 e osteoporosi.

latte in polvere
Il latte formula porterà alle multinazionali 70,6 miliardi di dollari per anno

Ciò che è emerso in maniera chiara dal dossier è che la durata dell’allattamento al seno è più breve nei Paesi occidentali rispetto a quanto accade in quelli a basso reddito. Tra la Gran Bretagna e la Danimarca la quota di donne che sta ancora allattando a un anno di distanza dal parto oscilla tra l’uno e il tre per cento. Mentre supera il novanta per cento in Ciad (90,4) nella Repubblica Centroafricana (90,9), in Costa d’Avorio (92,1), Afghanistan (94,3), Repubblica Democratica del Congo (95,6), Eritrea (96,3), Burundi (96,4), Bangladesh (97), Burkina Faso (97,2), Etiopia (97,3) e Gambia (98,7). Tutte realtà dove, spesso anche oltre il previsto, il latte materno rappresenta l’unica fonte di sostentamento per i bambini. Ma se non ci fosse «il divario tra realtà ricche e Paesi in via di sviluppo, in termini di sopravvivenza infantile, sarebbe ancora più ampio», afferma Cesar Victora, professore emerito di epidemiologia e coordinatore del Centro internazionale per l’equità nella salute all’Università di Pelotas (Brasile). Continua dunque a essere trascurata «una delle più efficaci misure sanitarie preventive, per la mamma e per il proprio figlio».

Negli anni scorsi pure Michelle Obama, nel tentativo di ridurre la portata dell’obesità infantile negli Stati Uniti (leggi articolo), aveva puntato sulla promozione dell’allattamento al seno. Dall’ultima analisi emergono anche diversi benefici economici che dovrebbero spingere tutti i governi a puntare senza mezzi termini sulla pratica. Secondo le stime di Keith Hansen, vicepresidente della Banca Mondiale con delega allo sviluppo umano e autore di un commento apparso sulla stessa rivista, il mancato rispetto delle indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ha portato i Paesi ad alto reddito a perdere oltre 231 miliardi di dollari nel 2012. «Oltre che contro la malattia, la povertà e la morte, l’allattamento al seno rappresenta un investimento sulla salute fisica, cognitiva e sulla capacità sociale nel tempo». Qualcosa che, se non esistesse e fosse scoperta oggi, «porterebbe a due premi Nobel: uno per la medicina e l’altro per l’economia».

allattamento
L’allattamento al seno rappresenta un investimento sanitario ed economico

Per spiegare i dati finora riassunti, è necessario parlare anche dei sostituti del latte materno. Dal 1981 il Codice internazionale sulla commercializzazione dei sostituti del latte materno, sottoscritto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e dall’Unicef, vieta la prescrizione di latte artificiale alla dimissione dopo il parto. Quanto all’Italia, la circolare 16 del 24 ottobre 2000, emessa dall’allora ministro della Sanità Umberto Veronesi, ricorda che «al momento della dimissione non devono essere forniti in omaggio prodotti o materiale in grado di interferire in qualunque modo con l’allattamento al seno. Le stesse lettere di dimissioni per i neonati non devono prevedere uno spazio predefinito per la prescrizione del sostituto del latte materno equiparandolo a una prescrizione obbligatoria». Ma nel tempo le maglie dei controlli si sono allentate (leggi articolo) e hanno favorito la diffusione di prodotti che, volutamente accostati nelle caratteristiche al latte materno, minano qualsiasi iniziativa che punti ad accrescere i tassi di adesione all’allattamento al seno. Entro il 2019 il mercato dei sostituti del latte materno porterà nelle tasche di poche multinazionali (Nestlé, Milco, Nutricia, Milupa, Humana, Abbott Nutrition, Plasmon, Mellin, Mead Johnson e Wyeth) qualcosa come 70,6 miliardi di dollari per anno (44 miliardi di dollari i profitti sviluppati nel 2014). Ma se finora il target è stato rappresentato soprattutto dai Paesi agiati, «quasi tutta la crescita nei prossimi anni si registrerà nelle realtà a medio e basso reddito», denuncia Nigel Rollins, membro del dipartimento di salute materna, dei neonati, dei bambini e degli adolescenti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. «In Africa e in Medio Oriente il mercato crescerà del sette per cento nei prossimi tre anni». Una tendenza simile a quella già registrata dall’industria del tabacco e a cui punta pure l’industria delle bevande alcoliche (leggi articolo).

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Luca
Luca
29 Gennaio 2016 16:27

Ottimo articolo, i pediatri siano all’altezza di sponsorizzare questa pratica come pubblicizzano la vaccinazione. Se ci mettessero lo stesso animo probabilmente ne gioveremmo tutti, mamme e bambini per primi.

MAurizio
MAurizio
31 Gennaio 2016 14:50

Vorrei ricordare che “storicamente” il latte artificiale (in polvere) venne salutato come un GRANDE PROGRESSO nella liberazione della donna dalla schiavitù dell’allattamento (e, in generale, dai suoi “compiti di genere”).
La donna, non più vincolata alle richieste del poppante, poteva tornare al lavoro o svolgere liberamente le proprie attività mentre il padre (o chi per lui) allattava al biberon l’infante …
Come cambiano i tempi … 🙂

Costante
Costante
31 Gennaio 2016 20:13

Ottimo e largamente corretto l’articolo. Non sono ovviamente cose nuove anche se scientificamente i vantaggi dell’allattamento al seno sono stati ulteriormente approfonditi. Ho cominciato a interessarmi di nutrizione per la prima infanzia fin dagli anni 70 del secolo scorso, e già i concetti sopraesposti erano stranoti e vi faceva riferimento un codice deontologico che aveva lo scopo di unire il mondo della pediatria e le (allora poche) aziende produttrici di latti per la prima infanzia sostitutivi del latte materno: l’allattamento sostitutivo deve essere introdotto soltanto quando sia assolutamente necessario. Purtroppo i comportamenti del settore (tutto) non sono stati in seguito, fino ai nostri giorni, parimenti conseguenti , ed anche la circolare del Prof. Veronesi, in quanto indicativa e senza mezzi di verifica e di intervento è servita solo a cercare di sensibilizzare un intero sistema che ha continuato a presentare aspetti alquanto discutibili
Ciò che è importante invece per promuovere l’allattamento materno, cioè il creare condizioni favorevoli a facilitarlo, soprattutto per le madri lavoratrici (che addirittura hanno ridotto sostanzialmente la procreazione), non è stato fatto a livello politico, a differenza di nazioni come la Francia ed altre, dove, tra altre misure, sono promossi i nidi aziendali dove le madri possano allattare i bimbi anche durante il giorno, e dove la procreazione e l’allattamento non siano visti come un ostacolo . Non basta proclamare dei principii, ma bisogna creare, a livello normativo le condizioni per cui possano essere applicati.

LF
LF
1 Febbraio 2016 10:52

Complimenti per l’articolo!
Concordo i commenti precedenti.
Molti pediatri oggi non sono assolutamente in grado di aiutare la madre e spesso, spaventati dai terribili percentili (!), insinuano nella neomamma il dubbio che il suo latte non basti e che serva un’integrazione di artificiale. Mancano secondo me le conoscenze minime sull’allattamento dato che spesso, da parenti, amici o medici si sente pronunciare la frase “forse il tuo latte non basta”. Il concetto suzione/produzione è sconosciuto. “Ma lo attacchi così spesso”? “Guarda che è un vizio”! (e il neonato magari ha 3 mesi)
Inoltre mi rendo conto che la società ancora non vede di buon occhio l’allattamento in pubblico e non sono diffuse, ad esempio nei centri commerciali, stanze per l’allattamento. Quindi fino a sei mesi cosa dovrebbe fare una donna? Restare chiusa in casa o uscire con il latte tirato per evitare di allattare su una panchina e urtare la sensibilità altrui?
Merita una menzione invece l’IKEA, che con la sua stanza per mamme e bambini offre due comode poltrone per allattare, una zona cambio fornitissima e la possibilità per la mamma di uscire di casa, bere un caffè e allattare a richiesta.
Concludo con una riflessione sull’allattamento dopo l’anno. Se non erro l’OMS consiglia di proseguire fino ai 2 anni con il latte materno, anche se naturalmente il bambino sarà già “svezzato” e sarà quasi sicuramente un mangiatore di lasagne o tortellini. Tuttavia nessuno è in grado di aiutare queste mamme che, anzi, spesso sono guardate con sospetto, perché potrebbero appartenere alla famigerata categoria delle “integraliste” della Leche Leage! PS: In alcuni casi la LL è l’unico aiuto per le madri che desiderano allattare al seno, nonostante sia purtroppo demonizzata e bistrattata.
Tutto questo papiro per sostenere che i benefici del latte materno andrebbero spiegati più diffusamente e che sarebbe necessario creare per le madri un clima più favorevole.

michela
michela
5 Febbraio 2016 13:17

Bell’articolo! Io allatto ancora il mio bimbo di 24 mesi dove mi pare e quando me lo chiede. NATURALMENTE sotto gli sguardi e i commenti di tutti che mi chiedono:ma quanto ha? Ma allatti ancora? Ma mangia altro? Guarda che è un vizio e non ha nutrimento ( pediatra)Ecc ecc ovviamente è stato svezzato regolarmente e mangia di tutto! Il primo figlio invece l’ho allattato fino a 13 mesi poi ha detto stop! Ho allattato praticamente dovunque… anche in metro a tokyo quando lui aveva 4 mesi ma l’unica volta dove mi hanno detto: “signora questo è osceno!!”è stata a new york in un ristorante, sushi mamba o qualcosa del genere.. In generale lo stato peggiore dove ho allattato è stato proprio negli stati uniti, non è che ti guardano male ….te lo dicono proprio!! Li il mio primogenito aveva 5 mesi e non era svezzato e quindi doveva mangiare! Il latte materno non passa solo calorie e nutrimento,passa anche emozioni e tanto altro e non c’è nulla di male a continuare se va bene ad entrambi e il latte c’è. Speriamo lo capisca anche il pediatra !!

Angela
Angela
6 Febbraio 2016 09:42

Concordo pienamente !!!! Una cosa che potrebbe essere fatta, per sensibilizzare maggiormente l’allargamento, sarebbe quella di portare almeno dopo il sesto mese il rientro al lavoro delle donne. Non è semplice rientrare dopo i tre mesi dalla nascita o lavorare per 6 ore anziché 8 per il primo anno di vita del bambino.
Ancora poco è stato fatto per noi donne.

Sara
Sara
8 Febbraio 2016 13:04

L’O.M.S dichiara che l’allattamento al seno deve essere esclusivo almeno fino ai 6 mesi compiuti. Che fino all’anno il latte materno deve essere l’alimento principale, integrato con cibo solido.
Inoltre consiglia di allattare almeno fino al compimento del secondo anno di vita, se jon oltre se mamma e figlio lo desiderano!

A parte questa imprecisione, ringrazio per l’articolo molto ben fatto, pieno di informazioni utili!