Oltre al diabete, all’obesità e a diversi tipi di tumore, il consumo regolare di alimenti ultraprocessati è associato a un aumento del rischio di malattie cardio e cerebrovascolari. E poiché le persone non ne sono consapevoli e consumano quantità crescenti di cibi industriali, spesso senza sapere che si tratta di questo tipo di prodotti, è necessario intervenire con regole severe, per limitarne la pervasività. È un monito forte, quello che arriva dal congresso della Società Europea di Cardiologia, svoltosi alla fine di agosto ad Amsterdam, in cui sono stati resi noti i risultati di due grandi studi che legano, con numeri imponenti, il consumo di cibi ultraprocessati al deterioramento della salute di cuore, vasi e cervello.
Nel primo, condotto dai ricercatori dell’Università di Sidney, in Australia, 10mila donne sono state attentamente seguite per 15 anni, tenendo conto delle abitudini alimentari e dei dati clinici. Il risultato è stato che chi consumava più alimenti ultraprocessati aveva un rischio superiore del 39% di sviluppare ipertensione, rispetto a chi ne assumeva meno. Il secondo è invece una metanalisi, nella quale i ricercatori della Air Force Military Medical University di Xi’an hanno analizzato studi che hanno incluso più di 325mila soggetti di entrambi i sessi. Il risultato è che i consumatori più accaniti di alimenti ultraprocessati mostrano un aumento medio del rischio di infarti, angina e ictus del 24%. Inoltre, a ogni aumento quotidiano del 10% di calorie apportate da questo tipo di prodotti corrisponde un 6% in più di infarti, mentre per chi ne consuma di meno emerge una diminuzione degli stessi rischi del 15%.
Ciò che maggiormente preoccupa, hanno sottolineato alcuni degli esperti presenti al congresso, tra i quali Anushriya Pant, una delle autrici dello studio australiano, è che ormai gli alimenti ultraprocessati costituiscono, in media, oltre il 50% delle calorie della dieta occidentale, con punte dell’80% tra le fasce sociali più disagiate e tra i più giovani (con buona pace del ministro Lollobrigida, che evidentemente ignora tutto ciò che è stato studiato negli ultimi vent’anni sul tema). Inoltre, accanto a prodotti facilmente riconoscibili come i piatti pronti, ve ne sono moltissimi che i consumatori non identificano come ultraprocessati, come i cereali da colazione, le barrette, alcuni yogurt, il pane industriale, alcune zuppe pronte di verdura. Inoltre, gran parte degli alimenti che vantano benefici per la salute, soprattutto quando contengono ‘meno’ di qualcosa, in realtà sono a tutti gli effetti ultraprocessati. E ciò spiega perché siano le donne le maggiori consumatrici: più attratte degli uomini da richiami salutistici.
I due studi hanno poi messo in evidenza un altro aspetto già segnalato in altri studi: i danni di questi prodotti non derivano solo dal sale, dai grassi e dagli zuccheri. Effettuando le correzioni in base al contenuto di queste categorie di nutrienti, resta un eccesso di rischio ancora tutto da spiegare, probabilmente da attribuire al mix di additivi e conservanti, e all’effetto accumulo tra varie molecole che si ha mangiando questi prodotti tutti i giorni. C’è quindi ancora moltissimo da indagare, anche data la difficoltà di questo genere di studi.
Il Guardian, che ha pubblicato un reportage dal congresso, ha intervistato anche Chris van Tulleken, autore di un best seller internazionale dal titolo eloquente: “Ultra-Processed People: Why Do We All Eat Stuff That Isn’t Food … and Why Can’t We Stop?” (Persone ultraprocessate: perché mangiamo cose che non sono cibo… e perché non riusciamo a smettere?), in cui sottolinea l’inganno costante nel quale sono attratti i consumatori: “Ci sono un sacco di prodotti ultraprocessati biologici, ruspanti, etici, che possono essere venduti come salutari, nutrienti, sostenibili o utili per perdere peso. Ma praticamente ogni alimento o bevanda con un claim salutistico sulla confezione è un ultraprocessato (…). Oggi ci sono evidenze significative che questi cibi infiammano l’intestino, interferiscono con la regolazione dell’appetito, alterano i livelli ormonali e causano una miriade di altri effetti, che con tutta probabilità aumentano il rischio cardiovascolare e di altre malattie allo stesso modo del fumo”. Per questo l’esperto ritiene necessario aggiungere box neri come quelli introdotti in Cile e Messico e prendere provvedimenti come il divieto di pubblicità, soprattutto di quelle rivolte ai più piccoli. Dello stesso tenore sono stati altri interventi: la comunità dei cardiologi sembra avere pochi dubbi sulla necessità urgente di prendere provvedimenti immediati e incisivi, per tentare di arginare la diffusione degli alimenti ultraprocessati.
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Giornalista scientifica
Articolo rilevante, gli ortoressici si rasserenino, non sono loro quelli sbagliati.
Sarebbe bello un elenco. O almeno degli esempi. Io ho grosse difficoltà a riconoscere questi alimenti così dannosi. E come me credo tantissimi neanche sospettano di stare mangiando schifezze industriali e tossiche
Inizia a dare un’occhiata a quanti diversi ingredienti ci sono, e se capisci che cosa sono gli ingredienti, e prova ad immaginare come e dove sono prodotti
Se ciò accade a una persona che segue questo notiziario, immaginiamo la difficoltà a riconoscere un cibo ultraprocessato per chi ne avrebbe più bisogno (poveri, adolescenti, persone con basso livello di istruzione etc). Proprio per questo è necessario il bollino o quadratino nero, sul modello cileno o messicano. Bisogna far pressione sui governi per l’adozione di questo bollino, ben visibile sulla parte anteriore della confezione (meglio ancora su tutte i lati della confezione).
Chi produce cibi ultraprocessati non solo spesso si fregia di claim salutistici, ma molto spesso può fregiarsi di buoni punteggi Nutriscore (dosa acqua a piacimento), mentre chi produce alimenti tradizionali spesso non può (però li troviamo nello stesso banco frigo uno accanto all’altro).
QUESTO ARICOLO MI RISULTA MOLTO IMPORTANTE GIA’ NEGLI ANNI 90 QUANDO HO FATTO IL DOTTORATO IN MIO PROF, MAGGI MI DICEVA QUESTO E LO ABBIAMO VERIFICATO SU MOLTI ALIMENTI E SU MOLTE PERSONE.
Dall’articolo della dottoressa Codignola: “… accanto a prodotti facilmente riconoscibili come i piatti pronti, ve ne sono moltissimi che i consumatori non identificano come ultraprocessati, come i cereali da colazione, le barrette, alcuni yogurt, il pane industriale, alcune zuppe pronte di verdura. Inoltre, gran parte degli alimenti che vantano benefici per la salute …”.
Molto poca diffusa questa conoscenza; in quanto, comunemente, il cibo ultraprocessato è il wuster, la carne in scatola, le crocchette di pollo (magari bio), la sogliola alla mugnaia (3′ minuti/lato in padella) ecc.. Non pensiamo né al pane industriale, né allo yogurt, nè al dado (usatissimo!). E l’elenco è molto più vasto di questi cibi.
A quando un elenco esaustivo di questi cibi? Perché, se “…gran parte degli alimenti che vantano benefici per la salute, soprattutto quando contengono ‘meno’ di qualcosa, in realtà sono a tutti gli effetti ultraprocessati” mi chiedo: allora persino il latte quando viene scremato rientra nella categoria degli ultraprocessati?
Se l’elenco è molto ampio, trovo irrealistico – anche se desiderabile e utile – segnalarlo in etichetta ai consumatori (forse in Cile e in Messico le corporazioni non sono potenti!) o vietarne la pubblicità.
Il wurstel non si può dire “cibo ultraprocessato” avendo – a parte la carne – 5 o 6 ingredienti (diciamo che è al limite).
A differenza degli hamburger vegetali che di ingredienti ne vantano spesso 10/12 e più e con l’acqua come primo ingrediente
È carne macinata fine, con l’aggiunta di additivi e conservanti, una pastorizzazione (o forse sterilizzazione) ed altri ingredienti; a loro volta risultato di trattamenti meccanici o di conservazione, che nulla hanno a che vedere con l’atto di nutrirsi (v. anche sotto la risposta del dott. La Pira)
A tradurre quello che scrive, per lei l’atto del nutrirsi equivarrebbe a tornare al paleolitico, quando i nostri antenati raccoglievano semi o consumavano carne semplicemente arrostita al fuoco (nemmeno conservata perché non conoscevano ancora le tecniche che poi si sono evolute fino ai nostri giorni).
Vorrei si rendesse conto quando scrive che più del 90 percento degli alimenti che acquista sono elaborati a partire da elementi primari anche semplicemente per conservarli. Giusto due esempi banali per essere chiari: il latte fresco è pastorizzato termicamente o per microfiltrazione o quando lei si prepara a casa una caponata non fa che mescolare insieme ingredienti, salarli e cuocerli (perché la melanzana è tossica se mangiata cruda).
Quello che fa l’industria. Perché demonizzare quello che fa l’industria?
Quanto al wurstel, sì è carne macinata, dove sta il problema?
Qui si parla di etichetta e di alimenti ultraprocessati.
PS Il wurstel che ho citato l’ho acquistato all’Eurospin (posso farne menzione?), un prodotto di discount che mi potrei aspettare pieno di “schifezze”. In realtà è come ho descritto: a parte la carne, ci sono elencati 5 o 6 ingredienti, quindi tutt’altro che un prodotto ultraprocessato.
Un prodotto come i würstel ottenuto da carne separata meccanicamente non si può considerare di qualità e comunque rientra fra i prodotti ultraprocessati
Qui trova l’impostazione ministeriale:
https://www.salute.gov.it/portale/news/p3_2_1_1_1.jsp?menu=notizie&id=6167
Qui invece delle ricerche internazionali:
https://www.salute.eu/2023/04/24/news/cibi_ultraprocessati_accelerano_invecchiamento-397048840/
Qui la prospettiva di lavoro dei biologi italiani:
https://www.fnob.it/2021/01/02/rischio-per-la-salute-a-causa-degli-alimenti-ultra-processati/
Questo è un provider accreditato dal Ministero della Sanità a formare i sanitari e a rilasciare i crediti formativi di aggiornamento (ecm):
https://www.nutrimi.it/consumo-di-alimenti-ultra-processati-e-salute-i-risultati-di-uno-studio-italiano/
Qui un autorevole ospite di questa testata, il prof. Ballarini:
https://www.georgofili.info/contenuti/risultato/15177
Le consiglio anche questi siti, dai quali le ho estrapolato i link per un’agevole lettura:
https://www.eurosalus.com/diabete/Cibi-ultra-trasformati-e-possibili-rischi-per-la-salute-facciamo-scelte-consapevoli
https://www.airc.it/news/i-cibi-ultraprocessati-finiscono-ancora-sotto-processo
https://www.smartfood.ieo.it/la-domanda-la-fai-tu/alimenti-ultra-processati-quali-sono-e-che-rischi-comportano-per-la-salute/
https://www.quotidianosanita.it/scienza-e-farmaci/articolo.php?articolo_id=106851
https://www.fondazioneveronesi.it/magazine/articoli/oncologia/troppi-alimenti-ultraprocessati-aumentano-il-rischio-di-tumore-del-colon
Cibi ultra processati
Articolo interessantissimo, ma dovrebbe essere più preciso su
quali cibi.
Si è scritto di “barrette, alcuni yogurt, il pane industriale, alcune zuppe pronte di verdura” e poi?
L’immagine del wurstel come alimento ultraprocessato è fuorviante.
Il wurstel mediamente ha 7 ingredienti (Puro suino: carne di suino, acqua, sale, aromi naturali, antiossidante: acido ascorbico o suo sale, conservante: nitrito di sodio). Tolta la carne che è il primo ingrediente, neanche tanti
Ben maggiore è la lista di ingredienti di un prodotto vegetale che imita la carne, questo sì cibo altamente ultraprocessato e, per di più, con l’acqua come primo ingrediente!
Il würstel si può considerare un alimento ultraprocessato
Con così pochi ingredienti come ho descritto, per me no.
E’ un alimento trasformato, quello sì, ma ultraprocessato no (ultraprocessato quando ci sono elencati oltre 10 è più ingredienti e i prodotti a base di carne, quelli di salumeria per intenderci di ingredienti ne hanno pochini)
PS ho citato un prodotto acquistato in un discount, che spesso si associa a prodotti pieni di additivi e “schifezze”: leggendo gli ingredienti non mi pare ce ne siano.
Lei mi dirà che ci sono i conservanti. Certo quelli ci sono, conosco la vostra campagna di delegittimazione delle carne trasformata: è il vostro pensiero e lo rispetto ma mi permetto di contestarlo e commentarlo
Non mi aspettavo che questa notizia potesse comprendere anche prodotti biologici e salutistici, anzi!!!