Uomo in sovrappeso guarda con espressione imbronciata un boccale di birra

Oltre a danneggiare il fegato e a favorire numerose forme di cancro, l’alcol mette in pericolo il cuore. E lo fa in misura maggiore rispetto a quanto ritenuto finora, senza peraltro avere alcun tipo di effetto benefico o protettivo. Non solo: le dosi massime consigliate in media nei paesi occidentali sono eccessive e andrebbero riviste. Soprattutto in Europa, area che secondo l’Oms ospita i più forti bevitori al mondo.

Alcol e cuore: lo studio irlandese

Questo il monito che giunge da uno studio presentato all’ultimo congresso europeo di cardiologia dagli specialisti del St. Vincent’s University Hospital di Dublino, che hanno seguito per un periodo medio di 5,4 anni una popolazione di oltre 700 uomini e donne dell’età media di 66,5 anni, tutti senza una storia di alcolismo o di scompenso conclamato o grave, cioè con sintomi come respiro corto, difficoltà nello svolgere esercizio fisico e gonfiore alle caviglie. Metà dei partecipanti era considerata a rischio, perché affetta da patologie come l’ipertensione, il diabete o l’obesità. L’altra metà era in una condizione di pre-scompenso, cioè con fattori di rischio e anomalie cardiache, ma ancora senza sintomi.  

Cheerful friends toasting with drinks while spending time at pub
Già con un consumo moderato di alcol è stato osservato un aumento del rischio di peggioramento verso lo scompenso cardiaco

In base alle abitudini di consumo settimanale, i partecipanti sono stati suddivisi in diverse categorie: quelli che non bevono affatto; quelli che consumano poco alcol, cioè, al massimo, sette unità alcoliche (da 10 grammi), ovvero fino a una bottiglia da 750 ml di vino al 12,5%, oppure tre lattine da 500 ml di birra al 4,5%; quelli che bevono in modo moderato (e cioè tra 7 e 14 unità alcoliche, o due bottiglie di vino al 12,5% o sette lattine di birra); i grandi bevitori, che consumano più di 14 unità alcoliche, o più di due bottiglie di vino o di sette lattine di birra. In totale, il 27% si è dichiarato non bevitore, il 48% bevitore moderato, il 25% bevitore da medio a grande.

I risultati dello studio

Analizzando l’evoluzione della salute nei 5,4 anni di osservazione, è emerso che le persone in pre-scompenso hanno avuto peggioramenti (con lo scompenso che diventava sintomatico) tanto più significativi quanto maggiore era la quantità di alcol assunta: chi ha un consumo moderato o alto ha una probabilità di peggioramento pari a 4,5 volte quella di chi non beve affatto. Tra i soggetti a rischio, invece, non è stato osservato un peggioramento. E non si è visto alcun tipo di miglioramento in nessuno dei gruppi per i livelli di consumo più bassi.

In conclusione, chi è a rischio di sviluppare una cardiopatia dovrebbe evitare di bere alcol o, se proprio non ne vuole fare a meno, limitare l’assunzione a meno di sette unità alcoliche alla settimana, senza peraltro illudersi che apporti alcun beneficio al cuore. Come commentano gli autori, i limiti massimi consigliati dalle agenzie sanitarie sono spesso troppo elevati. Per esempio, in Irlanda, paese dove è stato condotto lo studio, si parla di quantità più che doppie rispetto a quelle considerate meno dannose, pari a un limite di 17 unità alcoliche alla settimana per gli uomini e 11 per le donne: valori da correggere urgentemente.

© Riproduzione riservata Foto: Fotolia, AdobeStock

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