Li chiamano alberi fertilizzanti, e stanno rivoluzionando l’agricoltura di cinque paesi del Sud Africa senza bisogno di grandi progetti di collaborazione internazionale. Il motivo è semplice: gli alberi selezionati, tutti autoctoni e a crescita veloce, come alcuni tipi di acacia, se piantati in mezzo ai campi riescono a combattere l’erosione del suolo, a ottimizzare lo sfruttamento dell’acqua e, appunto, a fertilizzare i terreni in modo del tutto naturale.

Della nuova silenziosa rivoluzione verde che sta colorando di raccolti decine di ettari destinati altrimenti a una progressiva desertificazione ha parlato Oluyede Ajayi, ricercatore del World Agroforestry Centre di Nairobi in un dettagliato rapporto sull’andamento del progetto pubblicato sull’International Journal of Agricultural Sustainability.

Ajayi spiega che sono già più di centinaia di migliaia gli agricoltori del Malawi, della Tanzania, del Mozambico, dello Zambia e dello Zimbabwe che fanno ricorso a questa pratica e che ne stanno ricavando un netto miglioramento dei raccolti e, di conseguenza, delle condizioni di vita.

Lanciata nel primi anni Novanta in 12 fattorie pilota dello Zambia, l’idea di sfruttare le caratteristiche naturali degli alberi oggi coinvolge oltre 400.000 piccoli coltivatori dei cinque paesi delle regione, 145.000 dei quali solo in Malawi.

Secondo i dati elaborati dal World Agroforestry Centre, gli alberi fertilizzanti hanno consentito loro di raddoppiare i raccolti di mais in molte zone. In Zambia, per esempio, hanno fatto salire i guadagni dai 130 dollari per ettaro non fertilizzato ai 233-327 di quelli dove sono stati piantati gli alberi, aumento che corrisponde, per le popolazioni locali, alla disponibilità di cibo aumentata di 57-114 giorni in più all’anno rispetto a prima.

«Il meccanismo attraverso il quale gli alberi fertilizzano il terreno è noto, spiega Ajayi. Gli alberi fissano l’azoto dell’atmosfera e lo trasferiscono ai terreni attraverso le radici e le foglie, rendendo questi ultimi più fertili. Nel contempo catturano tutta l’acqua disponibile, mettendola a disposizione dei raccolti, e concentrano i minerali presenti. Il risultato è un incremento notevole della resa, ottenuta da persone che spesso non possono permettersi di comprare fertilizzanti chimici o non ne hanno a disposizione».

Piantare alberi nei campi, inoltre, è certamente più sostenibile rispetto all’utilizzo di sostanze chimiche, anche se Ajayi tiene a sottolineare che i due approcci non devono essere in contrasto in realtà come quelle dei paesi coinvolti. «Qui tutto deve essere integrato: per esempio, se si aggiungono piccole quantità di minerali fertilizzanti nei terreni dove sono presenti gli alberi, il raccolto aumenta ulteriormente».

Inoltre, perché l’idea si diffonda maggiormente è necessario coinvolgere anche le autorità locali, che devono sostenerla e in parte finanziarla, almeno nelle prime fasi. «I contadini che usano gli alberi fertilizzanti, spiega ancora Ajayi, all’inizio sono stati aiutati da noi e da altri centri di ricerca, ma oggi sono indipendenti. Ai centri sperimentali si devono via via sostituire le autorità locali, sostenendo questi progetti, anche perché si tratta di pratiche molto semplici, che possono essere apprese in fretta anche da contadini poco alfabetizzati».

Dopo aver introdotto gli alberi nei campi di mais e di altri cereali, i ricercatori di Nairobi stanno ora lavorando per trovare quelli ideali per fertilizzare campi di cacao e caffè.

Agnese Codignola

World Agroforestry Centre Archives, Flickr