Il 22 settembre Oxfam ha pubblicato un report sulla rapina delle terre che va diffondendosi in tutto il mondo. Le confederazioni agricole italiane finalmente prendono atto di questo fenomeno e lo condannano. È ora di andare oltre i comunicati-stampa, e firmare l’Appello di Dakar contro il land-grabbing.

Per saperne di più. Ilfattoalimentare.it ha da tempo denunciato la crescita esponenziale del land-grabbing, spiegando come gli investimenti sulle terre costituiscano una delle più gravi minacce al sostentamento e alla sovranità alimentare delle popolazioni più povere. Ha evidenziato come tali lucrose operazioni siano finanziate anche dai Paesi occidentali e riportato le testimonianze dei soprusi di chi li subisce e di chi li osserva in loco.

Abbiamo parlato anche della determinazione di Olivier De Schutter, relatore speciale Onu per il Diritto al cibo, nel proporre soluzioni per combattere questo crimine, e segnalato varie situazioni: Mali, Sierra Leone, Nigeria, Camerun, Liberia, Monzambico, Repubblica Democratica del Congo e Congo-Brazzaville, Madagascar, Etiopia. Abbiamo dato atto di una recente iniziativa del Parlamento europeo e denunciato l’inerzia del primo G20 Agricoltura.

Finalmente, ora anche la stampa nazionale inizia a occuparsene. 

Il rapporto Oxfam. Il 22 settembre Oxfam International ha pubblicato il rapporto Power & Land, The growing scandal surrounding the new wave of investments in land. Un resoconto aggiornato su estensione e gravità del land-grabbing nei Paesi in via di sviluppo. Dal 2001 a oggi 227 milioni di ettari di terra – pari a 10 volte l’estensione dell’Italia – sono stati venduti, affittati o concessi in via esclusiva a investitori stranieri. Senza nessuna cura di cosa ciò ha comportato per chi abitava quei territori, comprese deportazioni con violenze e minacce.

«L’espandersi di questo fenomeno mette in pericolo le comunità più povere, che perdono case e mezzi di sostentamento, senza venire consultate né risarcite e senza avere mezzi per fare ricorso, ammonisce Oxfam. Non tutti i 227 milioni di ettari sono classificabili come land grabbing, ma dietro le acquisizioni di terreni – caratterizzate quasi sempre da una scarsa trasparenza – si cela spesso questo fenomeno».

I motivi della rincorsa alle terre da parte degli investitori stranieri sono essenzialmente tre: produzione di alimenti da esportare nella totalità o quasi, produzione di biocarburanti (invece di cibo), speculazione sui latifondi in vista del crescente interesse alle predette attività.

È stato possibile studiare 1.100 accordi, relativi all’accaparramento di 67 milioni di ettari di terre: il 50% riguarda il continente africano, dove la rapina si è estesa su una superficie complessiva pari all’estensione della Germania.

Sono stati raccolti dati e testimonianze. Come quella di Christine Longoli, una degli oltre 22.500 costretti con violenza e distruzioni ad abbandonare le loro case, in Uganda: «Ricordo la mia terra, tre acri di caffè, tanti alberi, mangrovie e avocado. Avevo le mucche, le api. Mi avevano dato anche un premio come agricoltore modello. Ora non ho più nulla, sono la più povera tra i poveri».

E chi si è accordato con il governo ugandese per la cessione delle terre in questione? La società britannica New Forests Company (Nfc), con il supporto di istituzioni finanziarie internazionali che asseriscono di seguire elevati standard socio-ambientali (Banca Mondiale, Banca Europea degli Investimenti, HSBC)[1]. La puzza di bruciato sale fino a noi.

Oxfam ha lanciato una campagna di mobilitazione contro la rapina delle terre. È possibile aderire con una semplice sottoscrizione, e anche con una donazione, su http://www.oxfam.org/en/grow/campaigns/tackle-landgrabs.

L’Italia s’è desta ? Grazie alla pubblicazione del rapporto Oxfam, le confederazioni agricole italiane finalmente dedicato un comunicato stampa alla rapina delle terre nei Paesi in via di sviluppo. Per il presidente di Confagricoltura Mario Guidi, la relazione «conferma una centralità dell’agricoltura nelle sorti del mondo che ormai non si può più ignorare, sia sotto il profilo economico, sia sotto quello sociale». Il presidente di Coldiretti Sergio Marini ha aggiunto che «il boom di acquisti di terreni agricoli nei paesi poveri da parte di investitori esteri interessati alla produzione di alimenti da destinare alle proprie necessità é una nuova pericolosa forma di colonizzazione che va fermata». Per Giuseppe Politi, il presidente di CIA: «È importante e sempre più urgente, anche per contrastare fenomeni perversi come il land grabbing, favorire politiche che permettano di aumentare la produttività agricola nei paesi più poveri». E Copagri, il cui presidente Franco Verrascina ricorda di avere già denunciato sia il land grabbing, sia l’invasione della finanza nel settore agricolo, «Ribadiamo ancora il nostro no al neocolonialismo a danno dei paesi più poveri e no alla finanziarizzazione dell’agricoltura. Occorre capire questi fenomeni, contrastarli e rispondere con le regole e l’etica aumentando la produzione nei propri confini».

L’Appello di Dakar contro il land-grabbing. Un promemoria per le nostre confederazioni agricole e le altre associazioni che si occupino di cibo e diritti: è tempo di sottoscrivere l’appello di Dakar contro il land grabbing (presentato anche da lIfattoalimentare), sviluppato nell’ambito del “World Social Forum” tenutosi in Senegal a febbraio 2011 e che ha finora raccolto l’adesione di oltre 650 organizzazioni, anche italiane (come AIAB, Associazione Italiana Agricoltura Biologica, ARCS, Arci Cultura e Sviluppo, Associazione Rurale Italiana, AUCS Associazione Universitaria per la Cooperazione e lo Sviluppo, Centro Internazionale Crocevia, COSPE Cooperazione per lo Sviluppo dei Paesi Emergenti, CRBM Campagna per la Riforma della Banca Mondiale, CVM Comunità dei Volontari per il Mondo, Focuspuller, Fondazione Diritti Genetici, LVIA, M.A.I.S., Mani Tese, Rete Commons! Italy, WILPF Women International League for Peace and Freedom Italia, Osservatorio Migranti Basilicata).

Il Committee on World Food Security (CFS) discuterà  a Roma presso la Fao, il 10-14 ottobre, le “Guidelines on the Responsible Governance of Tenure of Land, Fisheries and Forests”. Un’occasione unica per intimare ai governi di respingere in via definitiva il diverso approccio proposto dalla Banca Mondiale (“Principles for Responsible Agricultural Investment”, RAI): la rapina delle terre deve essere fermata e non può essere mascherata di “responsabilità”!

Dario Dongo

foto: Photos.com


video sull’Uganda: http://www.oxfam.org/en/grow/campaigns/tackle-landgrabs

[1] HSBC, sedicente banca “responsabile”, detiene il 20% delle quote e uno dei sei posti nel CdA di NFC