Gli additivi sono tra i grandi sospettati di almeno una parte degli effetti negativi associati al consumo regolare di alimenti ultra processati. Nell’ultimo periodo iniziano a essere studiati singolarmente, al fine di ottenere informazioni sui loro reali effetti sull’organismo. Uno di questi è l’acido sorbico che, nei suoi diversi derivati, viene impiegato in numerose lavorazioni, e si ritrova quindi in moltissimi prodotti. Un altro è il dolcificante sorbitolo, anch’esso molto presente negli ultra processati. Recentemente sono stati pubblicati due studi dedicati a queste sostanze, considerate innocue, che giungono entrambi a suggerire, al contrario, l’esistenza di un legame tra esse e specifici danni.
Additivi e rene
Il primo, pubblicato su iMetaMed, e interessante anche per la metodologia, ha avuto come oggetto il sorbato di potassio (E202), un sale usatissimo come conservante, anche perché considerato, finora, neutro. I ricercatori della Jiao Tong University School of Medicine di Shanghai, in Cina, non ne erano convinti, e hanno condotto una ricerca quasi tutta basata sulle potenzialità della cosiddetta tossicologia di network e sull’intelligenza artificiale, che permettono di valutare contemporaneamente una grandissima quantità di dati e di variabili, ottenendo risposte che non si potrebbero avere conducendo esperimenti classici.

Inizialmente hanno identificato 374 punti della molecola del sorbato di potassio potenzialmente dannosi. Quindi li hanno incrociati con 4.037 possibili danni acuti ai reni, e hanno così ottenuto 238 sovrapposizioni, cioè situazioni nelle quali la presenza del conservante potrebbe arrecare un danno all’organo. A quel punto hanno approfondito ulteriormente i rapporti tra il sorbato e le proteine renali e hanno chiesto all’intelligenza artificiale di fornire una possibile spiegazione di ciò che succede.
I risultati
Il risultato è stato che il conservante induce l’attivazione di alcuni geni e la formazione di proteine tipiche della risposta infiammatoria. Inoltre altera il metabolismo dei grassi secondo le modalità tipiche dei danni renali acuti come la glomerulonefrite, la fibrosi e le lesioni ai tubuli.
Per avere un riscontro biologico, infine, hanno controllato che cosa accade quando si mettono cellule renali in coltura a contatto con il sorbato di potassio, e hanno ritrovato gli stessi effetti negativi. Le cellule risultano infatti lesionate, e la capacità di recupero ridotta. Lo studio suggerisce quindi che un’assunzione regolare di dosi non particolarmente elevate di questa sostanza possa indurre un danno renale acuto. Inoltre propone un metodo per analizzare i possibili effetti di sostanze di questo tipo, una necessità sempre più sentita e alla quale risponde anche l’altro studio, sia pure in modo differente.
Quando soffrire è il fegato
Nel secondo studio l’osservato speciale è stato il dolcificante sorbitolo e il fegato. I ricercatori della Washington University di Saint Louis stanno lavorando da anni sui dolcificanti, e hanno svolto indagini analoghe su un altro zucchero, il fruttosio, suggerendo un possibile effetto cancerogeno e sull’accumulo di grasso nel fegato. In questo caso, come riportato su Science Signalling, hanno condotto test sui pesci zebra, un modello animale molto utilizzato, e hanno innanzitutto confermato che il sorbitolo può essere anche prodotto dall’organismo dopo i pasti, nell’intestino, e da lì depositarsi nel fegato, dove viene convertito in fruttosio.
Inoltre può essere sintetizzato in situazioni patologiche come il diabete, per squilibri nel metabolismo del glucosio. Approfondendo, hanno descritto nel dettaglio alcune delle vie metaboliche che, passando per il sorbitolo, hanno come punto di arrivo la deposizione di fruttosio nel fegato, e hanno evidenziato differenze anche rilevanti a seconda della composizione del microbiota intestinale, così come della dieta e delle quantità di sorbitolo o di fruttosio assunte.
Additivi e microbiota intestinale
La presenza di alcuni ceppi batterici nel microbiota intestinale permette infatti di abbassare fino quasi ad azzerare il rischio: specie come alcuni Aeromonas degradano il sorbitolo e lo rendono del tutto innocuo, entro certi limiti. Se invece si eccede con le quantità, sia perché lo si assume con la dieta sia per altre trasformazioni metaboliche, neppure i batteri “buoni” riescono a evitare che, alla fine, si arrivi al fruttosio nel fegato.
La conseguenza è che il sorbitolo assunto con la dieta può fare la differenza, e non in senso positivo. Secondo gli autori, è necessario cercare di evitarlo e controllare le etichette, perché è presente in moltissimi prodotti come, per esempio, le barrette proteiche o le caramelle sugar free.
Infine, in generale i dolcificanti naturali, i cosiddetti polioli, considerati quasi tutti innocui, probabilmente non lo sono o non lo sono tutti, proprio perché hanno complesse relazioni con il glucosio e sono protagonisti di circuiti metabolici nel fegato e dell’intestino.
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Giornalista scientifica


