Nel 2023 cambieranno le disposizioni europee relative alla presenza dell’acrilammide negli alimenti. Ciò accade dopo circa vent’anni dai primi studi che hanno mostrato il pericolo per la salute umana di questa sostanza, che si forma in tantissimi cibi cotti (a cominciare dai biscotti, le merendine e il pane, le patatine e il caffè) quando la temperatura supera i 120°C per la reazione che avviene tra zuccheri e amminoacidi in condizioni di scarsa umidità. Quasi tutti i produttori coinvolti dovranno pertanto modificare le ricette, per rispettare le regole (molto più di quanto non facciano oggi) ed evitare di raggiungere la soglia massima consentita.
Finora, infatti, c’era stata un’estrama tolleranza. Le aziende dovevano fare tutto il possibile per abbassare i livelli e allinearsi ai valori di riferimento definiti nel 2018 (veniva cioè applicato il principio ALARA, da As Low As Raesonably Achievable). Se qualche impresa sforava, di fatto non c’erano conseguenze per cui sul mercato si trovava di tutto. Secondo i test effettuati in questi anni, le concentrazioni di acrilammide variavano da 50 a 7mila ppb, a seconda delle ricette, delle condizioni di cottura e, soprattutto, del tipo di farina utilizzata. Alcune hanno quantità molto elevate di asparagina, uno degli amminoacidi che più facilmente dà origine all’acrilammide, così come il fruttosio, più reattivo rispetto al glucosio, e ad altri zuccheri. C’entra poi naturalmente anche l’acqua, indispensabile affinché gli enzimi che catalizzano la reazione possano agire al meglio.
Ma presto anche la variabilità dovrà essere ridotta, perché sarà definito un livello massimo consentito e saranno probabilmente ridotti i valori ottimali di riferimento che le aziende dovrebbero impegnarsi a raggiungere. Una violazione dei limiti dovrebbe comportare sanzioni e altri provvedimenti. C’è di più. Nelle nuove regole dovrebbero entrare categorie non previste oggi come il cacao in polvere, i piatti a base di patate (oltre alle patatine fritte) come i rösti e le crocchette, chips di verdura e altro ancora. Si tratta, in questo caso, della naturale conseguenza correlata all’allargamento deciso nel novembre 2019 del monitoraggio delle concentrazioni di acrilammide a molte tipologie di prodotti da forno. In questo gruppo rientrano per esempio, le tortilla, i pancake, i croissant, le ciambelle, diversi tipi di pane e anche, per estensione, gli hamburger e i panini (proprio perché contenenti farinacei cotti).
L’acrilammide è stata definita dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) dell’Oms come probabile cancerogeno già nel 1994 (classe 2A) e, secondo studi più recenti, se assunta cronicamente, potrebbe anche danneggiare le fibre nervose e aumentare quindi il rischio di malattie neurodegenerative come l’Alzheimer. Tuttavia, i dati sono ancora abbastanza confusi, come è emerso in una metanalisi molto recente, pubblicata su Frontiers in Nutrition nel 2022 e relativa a 31 studi che hanno coinvolto oltre un milione di persone. Mettendo insieme i dati non è stato possibile dimostrare alcun legame certo tra un’assunzione media di 23 microgrammi al giorno di acrilammide per un periodo medio di circa 15 anni e numerosi tipi di tumore tra i quali quelli del cavo orale, dello stomaco, dell’esofago, del colon retto, della prostata, del pancreas, della tiroide e altri ancora.
Ma le cose dovranno cambiare. Per adeguarsi, ricorda FoodNavigator, ci sono varie soluzioni, la più efficace e innocua delle quali è l’aggiunta del giusto assortimento di enzimi, soprattutto dell’asparaginasi, l’enzima che converte l’amminoacido in acido aspartico, del tutto inoffensivo. Si attende comunque la versione definitiva delle nuove regole.
Nota: Per chi fosse interessato a saperne di più sull’acrilammide e come ridurne la formazione, Chiara Manzi, laureata in nutrizione umana e dietetica, ha pubblicato il libro divulgativo “Acrilammide – Il cancerogeno tabù”, in uscita il 1° ottobre 2022, che oltre a raccontare quali sono i cibi più a rischio e quali sono le soluzioni offerte dalla scienza per evitarlo, contiene anche le ricette di piatti a ridotto contenuto di acrilammide.
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Giornalista scientifica
Sarà una mezza rivoluzione del gusto per tutti, ma soprattutto per chi in questi anni di preavviso (se ne parla appunto da un ventennio) non si è premurato di ridurne il consumo evitando i cibi gustosi ma pericolosi.
E pure i pizzaioli si atterrranno alle nuove disposizioni, evitando quelle sovracotture visibili (il “cornicione”) e quelle nascoste sotto (la parte di pasta di pane a contatto col forno rovente) che piacciono tanto (“me la faccia ben cotta, per favore!”).
Poi ci sono i cibi tradizionali: in sud Tirolo, e in molta parte del grande Nord, i Bretzel subiranno due “ridimensionamenti”: quello dell’acrilammide e quello del sale (sono cosparsi da pezzi interi di sale, un pò come si faceva qui da noi la focaccia una volta).
Da noi scomparirà quella cattiva abitudine di nascondere la sovracottura del pane con farina bianca.
I ricettari saranno poi rivisti e corretti; e forse i bis-cotti (doppia cottura) saranno sostituiti dai frollini (una sola cottura).