L’acrilammide nei biscotti per bambini molto piccoli può essere drasticamente ridotta. I risultati delle analisi di tre associazioni francesi indicano che, però, non tutti lo fanno
L’acrilammide nei biscotti per bambini molto piccoli può essere drasticamente ridotta. I risultati delle analisi di tre associazioni francesi indicano che, però, non tutti lo fanno
Beniamino Bonardi 28 Febbraio 2017In Francia, tre organizzazioni per la tutela dei consumatori hanno fatto effettuare delle analisi indipendenti sulla quantità di acrilammide presente in 25 marche di biscotti per bambini molto piccoli, dopo che a metà dicembre alcuni marchi erano stati ritirati dal commercio in Croazia, Ungheria, Bulgaria, Slovacchia e Slovenia. Il richiamo, annunciato anche dal sistema di allarme rapido dell’Ue (RASFF), evidenziava un contenuto di acrilammide nei biscotti che raggiungeva 1.020 µg/kg rispetto a un valore indicativo dell’Ue di 200 µg/kg.
La presenza della sostanza nei vari alimenti, sono riportati nella Raccomandazione della Commissione Ue n. 647 del 2013 dove si specifica che i valori “intendono solo indicare la necessità di un’analisi e non costituiscono soglie di sicurezza. Di conseguenza, il ricorso a misure coercitive e/o alla notifica con il sistema di allarme rapido dovrebbe essere fatto soltanto sulla base di un’accurata valutazione dei rischi effettuata caso per caso e non semplicemente a causa del superamento di un valore indicativo”.
Le analisi realizzate dalla Fondazione Changing Markets, insieme a SomeOfUs e WECF Network, mostrano che anche in Francia i bambini molto piccoli possono essere esposti a prodotti con livelli di acrilammide superiori o vicini al massimo valore indicativo raccomandato dall’Unione europea (200 µg/kg). Il livello più alto (226,1 µg/kg) è stato trovato in una confezione di biscotti per bambini al di sopra dei 12 mesi di Nestlé, mentre Picot e Carrefour Baby hanno fatto registrare, rispettivamente, 198,3 e 192 µg/kg. Come si vede nella tabella allegata al comunicato, gli altri 22 tipi di biscotti sono ben al di sotto del valore dell’Ue, con 10 al di sotto dei 30 µg/kg. Questo vuol dire che il contenuto di acrilammide può essere ridotto drasticamente.
Lo scorso giugno, l’Efsa ha pubblicato un parere scientifico affermando che l’acrilammide e il suo metabolita glicidammide, sono genotossiche e cancerogene, e dunque qualsiasi livello di esposizione presenta potenzialità in grado di danneggiare il DNA e far insorgere il cancro. Secondo l’Efsa, non è quindi possibile stabilire una dose giornaliera tollerabile negli alimenti e nel documento focalizza l’attenzione sui gruppi di alimenti più critici: prodotti fritti a base di patate, caffè, biscotti, cracker, diversi tipi di pane croccante e il pane morbido. Poiché gli ingredienti ma soprattutto le condizioni di lavorazione influenzano la formazione del composto chimico, la scelta del metodo di cottura diventa fondamentale per ridurre l’esposizione.
La Commissione europea sta preparando un nuovo regolamento per limitare la presenza di acrilammide nei cibi, senza fissare valori limite ma solo abbassando quelli di riferimento in uso. Sull’elaborazione di questa proposta la lobby dell’industria alimentari sta facendo forti pressioni affinché il valori indicativi non possano essere intesi in alcun modo come limiti massimi.
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il tema dell’acrilammide mi lascia interdetto. si mangiano prodotti amidacei infornati, come il pane ed altri cereali lavorati, tutti i giorni e non mi capacito come possa essere circoscritto questo problema. il pericolo sembra prospettarsi come una spada di Damocle sulla testa e che potrebbe forse essere sventato da una maggior cura nel rinforzare le proprie difese immunitarie, da un cambio drastico del proprio regime alimentare oppure da nuova ricerca bioingegneristica per altro “cibo frankestein”, ma, al momento, di certo, c’è da perdere solo la bussola…
“…il ricorso a misure coercitive e/o alla notifica con il sistema di allarme rapido dovrebbe essere fatto soltanto sulla base di un’accurata valutazione dei rischi effettuata caso per caso e non semplicemente a causa del superamento di un valore indicativo”.
Questa la Raccomandazione della Commissione UE, quindi la scappatoia è la valutazione del rischi fatta caso per caso e non il superamento del valore limite indicativo stabilito.
Allora i valori limite stabiliti a cosa servono e perché si fanno?
E chi fa la valutazione del rischio caso per caso?
Facciamo da soli la valutazione del rischio casalingo per l’assunzione cumulativa giornaliera di un bambino ed a titolo di esempio:
+8 biscotti a colazione e/o una merendina con Acrilammide fuori dal valore limite,
+una porzione di pasta con DON, Glifosate e Cadmio a pranzo,
+una porzione di riso con Arsenico, Piombo e Cadmio a cena,
+2/3 porzioni di verdura al giorno ai pasti e frutta a merenda con antiparassitari vari nei limiti di legge,
Alla fine della giornata chi fa la valutazione dei rischi d’intossicazione cumulativa giornaliera infantile, EFSA oppure noi genitori direttamente?
A mio parere i limiti sono indispensabili e devono essere piuttosto bassi e fatti rispettare, proprio per il principio di precauzione e per l’effetto cumulativo che fa il vero danno, più della singola contaminazione.