L’olio di palma fa male alla salute: contiene 4.000 volte più glicidolo (sostanza genotossica) dell’olio di oliva. I dati EFSA preoccupano. Il parere dell’esperta Chiara Manzi
L’olio di palma fa male alla salute: contiene 4.000 volte più glicidolo (sostanza genotossica) dell’olio di oliva. I dati EFSA preoccupano. Il parere dell’esperta Chiara Manzi
Redazione 19 Ottobre 2016L’olio di palma fa male alla salute: al contrario di quanto sostenuto recentemente da Nicola Porro sul Giornale.it. Questo perché contiene il glicidolo esterificato, sostanza considerata cancerogena. Ne contiene quantità sei volte superiori all’olio di mais e 19 volte superiori rispetto alle miscele di oli vegetali per friggere: 4000 volte di più dell’olio di oliva. I dati dell’Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) sono preoccupanti: in Europa tutti i bambini consumano tale contaminante più della dose giornaliera tollerabile. L’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) si è pronunciata il 3 maggio 2016 sulla questione, pubblicando un dossier che conferma i possibili rischi sulla salute connessi ad alcune sostanze potenzialmente cancerogene che si formano durante la raffinazione degli oli vegetali, tra cui anche l’olio di palma. Stiamo parlando dei contaminanti da processo a base di glicerolo presenti nell’olio di palma, in altri oli vegetali, nelle margarine e in alcuni prodotti alimentari. Si tratta dei glicidil esteri degli acidi grassi (Ge), 3-monocloropropandiolo (3-mpcd), 2-monocloropropandiolo (2-mpcd) e relativi esteri degli acidi grassi. Secondo il parere dell’Efsa queste sostanze suscitano potenziali problemi di salute per il consumatore medio di tutte le fasce d’età giovane e per i forti consumatori di tutte le fasce d’età.
Il gruppo di esperti scientifici dell’Efsa ha esaminato le informazioni sulla tossicità del glicidolo per valutare il rischio dai Ge, ipotizzando una conversione completa degli esteri in glicidolo dopo l’ingestione. Quest’ultimo è noto per avere potenziali effetti cancerogeni e genotossici, cioè la capacità di danneggiare le informazioni genetiche all’interno delle cellule, un fenomeno all’origine di mutazioni che possono degenerare in cancro. L’Efsa ha poi messo in relazione il rischio per la salute alle quantità di contaminanti consumate quotidianamente, concentrando soprattutto l’attenzione sui più giovani. Non bisogna dimenticare che l’olio di palma, oggi, è ampiamente utilizzato dall’industria alimentare. Si trova infatti nel pane, nelle merendine, nei biscotti, ma non solo: anche in creme di vario tipo sia salate che dolci, negli omogeneizzati e altri prodotti per bambini, nonché in diversi cibi pronti sia secchi che congelati.
L’olio di palma contiene quantità di:
- 3-MCPD 6-7 volte superiori rispetto rispetto all’olio di mais, alle miscele di olio per friggere e almeno 70 volte rispetto all’olio di oliva (1)
- 2 MCPD 10 volte superiori rispetto alle miscele di olio per friggere, 7 volte superiori rispetto all’olio di mais e almeno 18 volte rispetto all’olio di oliva (2)
- Glicidolo 4.000 volte maggiori dell’olio di oliva. Contiene quantità 6 volte superiori all’olio di mais e 19 volte superiori rispetto alle miscele di oli vegetali per friggere (3)
Tabella 1. Gruppo di alimenti utilizzati per la sperimentazione e relative concentrazioni di contaminanti presenti. FONTE: Efsa Scientific Opinion Adopted: 3 March 2016 doi: 10.2903/j.efsa.2016.4426
Il monocloropropandiolo (2-MCPD) e relativi esteri degli acidi grassi sono da considerare nefrotossici. Gli studi disponibili in vitro sono limitati, mentre uno studio di due anni su topi ha dimostrato induzione di tumori su più organi, ma i dati sono ancora insufficienti per definirlo cancerogeno perché non si conoscono i meccanismi alla base della tossicità renale e della distruzione di muscoli striati. Il 3-monocloropropandiolo (3-MCPD) e i relativi esteri degli acidi grassi, sono stati classificati come possibili cancerogeni. Nonostante alcuni test di genotossicità in vitro siano risultati positivi, non ci sono ancora prove sicure che sia genotossico in vivo. Rene, sistema nervoso e testicoli sembrano essere i principali organi bersaglio.
Dal punto di vista della dose, per quanto riguarda i GE, l’EFSA ha utilizzato come riferimento gli studi fatti sul glicidolo su animali, ipotizzando una conversione completa degli esteri in glicidolo dopo l’ingestione in quanto mancano dati in vivo per i suoi esteri. Dato che il glicidolo è stato considerato una sostanza genotossica non è possibile stabilire una dose giornaliera tollerabile, ma un margine di esposizione, ottenendo 0,4 microgrammi per kg di peso corporeo al giorno. Quindi per una persona che pesa 70 kg: 28,5 mcg/die. In 10 g di olio di palma sono contenuti 39 mcg di glicidolo. Per il 2-MCPD i dati tossicologici sono ancora insufficienti, quindi non sono state fissate soglie di sicurezza. Servono nuovi studi.Per il 3-MCPD e i suoi esteri degli acidi grassi: la dose giornaliera tollerabile (TDI o DGT) è 0,8 mcg/Kg-PC/die.
Ma come si formano queste sostanze? Si tratta di contaminanti di processo che si formano durante la raffinazione di oli e grassi vegetali quando, durante la deodorazione, si raggiungono temperature superiori ai 200°C. Non sono quindi presenti negli oli non raffinati. Non ci sono indicazioni specifiche in merito e il meccanismo preciso della loro formazione non è stato ancora chiarito. L’unica cosa nota è che la formazione di glicidolo non dipende da quella degli acidi grassi MCPD, i GE (esteri del glicidolo) si formano a partire dai DAG (diacilglicerolo) con il riscaldamento degli oli vegetali oltre i 200°C. Quando si raggiungono temperature alte il DAG (diacylglycerol) si trasforma in GE (esteri del glicidolo): quindi tanto più alto è il contenuto di DAG tanto più alta sarà la formazione di GE. Nell’olio di palma il DAG è molto più presente rispetto ad altri oli. I livelli di GE negli oli e grassi di palma si sono dimezzati tra il 2010 e il 2015, grazie a misure adottate volontariamente dai produttori. Ciò ha determinato una diminuzione importante dell’esposizione dei consumatori a dette sostanze. In Italia però l’import di olio di palma negli ultimi 5 anni è quadruplicato (dati ISTAT). Contrariamente a quanto è successo per il GE, in questo caso, la quantità dei contaminanti MCDP nell’olio di palma e negli altri grassi vegetali è rimasta identica negli ultimi 5 anni.
I livelli di questi contaminanti sono particolarmente alti nell’olio di palma, ma alti livelli si possono trovare nelle patatine, sulla superficie dei prodotti di pasticceria e nei biscotti. Inoltre su margarine e nei sughi. Il 3-MCPD è stato identificato per la prima volta nella produzione di proteine idrolizzate utilizzate come esaltatori di sapidità e nella salsa di soia. Per quanto riguarda l’olio di palma – o i prodotti – “biologici”, dobbiamo considerare che il termine biologico si riferisce solo al metodo di coltivazione, ma non vuol dire che l’olio di palma, anche se biologico, non subisca la raffinazione. Pertanto considerato che l’olio di palma biologico viene raffinato, saranno ugualmente presenti i contaminanti di processo.
Per i bambini al di sotto dei tre anni, gli alimenti più a rischio sono i latti formulati per l’infanzia. L’esposizione ai GE dei neonati che consumino esclusivamente alimenti per lattanti costituisce motivo di particolare preoccupazione, in quanto è fino a dieci volte il livello considerato a basso rischio per la salute pubblica.
Le industrie, su indicazione dell’Efsa, stanno cercando di studiare nuovi processi di lavorazione per ridurre la formazione di questi contaminanti. A oggi il problema non è stato ancora risolto, ma sono disponibili metodi analitici, validati per un ampia gamma di alimenti, in grado di valutare le concentrazioni di 3-monocloropropandiolo (3-MCPD), e 2-monocloropropandiolo (2-MCPD). Considerando che l’olio di palma è ricco di grassi saturi più dello strutto e quanto il burro, e che l’organizzazione mondiale della sanità OMS ci indica che un consumo di grassi saturi contenuto è preventivo nei confronti delle malattie cardiovascolari, sarebbe auspicabile che le industrie alimentari lavorassero alla riformulazione dei prodotti (biscotti, merendine, snack, creme spalmabili, ecc) non limitandosi a limitare la formazione di questi contaminanti, ma anche abbassando la quota di grassi totali, di grassi saturi, di zucchero e di sale nei prodotti, aumentando in essi, nel contempo, fibre e vitamine. Il consumatore non dovrebbe limitarsi a scegliere prodotti senza olio di palma: è meglio completare l’opera scegliendo – a parità di prodotto – quello che ha più fibra e meno zucchero, più vitamine e meno grassi, dando un occhio anche al sale, spesso abbondante anche nei dolci.
Chiara Manzi Presidente Associazione per la Sicurezza Nutrizionale in Cucina
Si ringrazia per il contributo all’articolo per tutti gli aspetti chimici Vincenzo Brandolini Ordinario di Chimica degli Alimenti. Dipartimento di Scienze Chimiche e Farmaceutiche. Università di Ferrara
(1) 3 -monocloropropandiolo (3-MCPD considerato possibile cancerogeno) e i suoi esteri degli acidi grassi
(2) 2-monocloropropandiolo (2-MCPD considerato nefrotossico) e i suoi esteri degli acidi grassi
(3) GE (glicidolo esterificato) considerato cancerogeno
può indicare cortesemente un link allo studio EFSA?
ecco il dossier: http://www.ilfattoalimentare.it/wp-content/uploads/2016/05/efsa-olio-di-palma-2016-rischi.pdf
Buona sera Valeria . Sono confuso ,solo poco tempo fa un famoso esperto ,commentatore televisivo,
consulente giornalistico ,era contrario all’olio di palma .Ora pare non sia più così dannoso.
Si sentono versioni contrastanti .Questi studi sono stati pubblicati ? dove li trovo ?
le fonti sono attendibili ?.
Il dubbio è che quando cambia lo sponsor cambia la versione .
gentilissimo Edoardo, la criticità del palma (oltre a quella ambientale che a mio avviso rimane la più preoccupante) era il consumo esagerato. Gli italiani, rispetto ai cittadini di altri paesi europei, ne consumavano grandi quantità, spesso senza saperlo, perché era presente in numerosissimi prodotti da forno. E nonostante sia un grasso vegetale ha un alto apporto di grassi saturi. Inoltre l’Efsa ha pubblicato il documento che le segnalavo sopra in cui si evidenzia la presenza di questi contaminanti che il palma, durante la raffinazione sviluppa in quantità sensibilmente superiori rispetto ad altri oli vegetali. Purtroppo è ancora difficile orientarsi perché come abbiamo più volte sottolineato gli organi ufficiali (Crea Nut, Ministero della salute e del Ministero delle politiche agricole) non hanno preso una posizione. Di seguito due articoli sull’argomento: http://www.ilfattoalimentare.it/olio-di-palma-regione-marche.html http://www.ilfattoalimentare.it/olio-di-palma-antitumorale-bufala-rete.html
Oltre le considerazioni ed evidenze scientifiche e sanitarie, che insieme a quelle ambientali, fanno di questo grasso un alimento da evitare il più possibile anche per la prevenzione della salute del popolo italiano, quello che maggiormente stupisce, nell’assenza di reazioni e provvedimenti delle nostre istituzioni preposte alla sicurezza e salute dei cittadini, è anche la mancanza di protezione dei prodotti nazionali, sicuramente migliori del palma sotto tutti gli aspetti compreso quello economico nostrano.
Che non ci siano dazi sull’importazione di schifezze estere è già un problema nato con la globalizzazione selvaggia, ma che non ci siano reazioni protettive, anche quando è in gioco la salute pubblica ed il mercato nazionale, la mancanza di provvedimenti mi sembra veramente colpevole.