Abbiamo ricevuto questa foto da una nostra lettrice, che ha notato una cosa curiosa sulla confezione di succo d’arancia Skipper Zuegg. Una frase in evidenza presente sulla confezione dice che “tutti i prodotti sono fatti in Italia, la terra delle cose buone e fatte bene”. Basta però ruotare il contenitore per trovare un’altra scritta che risulta alquanto contraddittoria. Nel testo si dice che una parte delle arance usate per produrre il succo è importata dal Sud America.
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un classico esempio che dimostra come le aziende ci prendano per degli idioti incapaci di leggere un’etichetta…e l’attenta lettrice ha dimostrato che non è così.
Mah, come avevo già avuto modo di dire in passato, il prodotto è fatto effettivamente in Italia, quindi la frase è corretta…
E tra l’altro in questo caso, a differenza di altri esempi simili, Zuegg scrive chiaramente l’origine della materia prima (cosa che più volte qui ho letto si contestava di non fare ai produttori di pasta ad esempio riguardo l’origine del grano)…
Ciò che resta aperto al limite può essere se importano davvero le arance o direttamente il concentrato…
Nel secondo caso potrei capire già di più l’osservazione della lettrice, pur rimanendo dell’idea, che comunque l’ultima trasformazione sostanziale (compresi i controlli a garanzia igienico sanitario del prodotto) avvenendo in Italia giustifichi la frase incriminata.
Io non so se le aziende ci prendano o meno per idioti, di certo però in alcuni casi applichiamo una lettura selettiva delle informazioni in etichetta, a scapito dell’analisi logica…
la logica infatti dice che se l’italia è il paese delle cose buone allora le arance verranno dall’Italia…invece no. ci prendono per idioti, ma non lo siamo
Scusa ma le arance in Italia ad agosto e a settembre non crescono: che si fa? Si usano le arance tirate fuori dal congelatore per fare contenta certa gente? Oppure si usa il succo concentrato del congelatore?
Non è meglio usare le arance che adesso ci sono in Sud America?
Dico questo non sapendo come sono i fatti nel dettaglio come espresso dall’articolo ma con la buonafede verso questa marca che mi pare attenta agli interessi del consumatore.
Trasparenza, mito pericoloso. Arance o, peggio, succo concentrato, deprezzate commodities di un agricoltura industrializzata che affama gli agricoltori e massimizza il profitto delle società post-capitaliste d’assalto. A meno di improbabili obblighi di legge di Stati ormai più deboli delle multinazionali, difficile da dire in etichetta, sia per le aranciate , sia per l’olio , sia per la pasta ecc ecc…
Ma se cresce la consapevolezza e la conoscenza cambiano anche le provenienze e la qualità (vedi vino , ma anche olio).
Ma se cresce la consapevolezza e la conoscenza in chi ? nel consumatore ? allora aspettiamo perché ciò che leggi su etichetta è ciò che passa il web. Controlli di persona non puoi certo farli per cui ti devi fidare, vino e olio poi negli ultimi anni le contraffazioni scoperte sono solo la minima parte. La cosa certa è che far camminare appaiate economia, salute, ed legislazione non è proprio facile
No, mi spiace: sta facendo una deduzione partendo da sue convinzioni, non dalla logica!
Ci sono due frasi:
1) “i nostri prodotti sono fatti in Italia, etc”
2) “scegliamo le arance migliori, fra queste, quelle del Sud America, etc…”
Entrambe le frasi dal punto di vista logico sono vere e non in contraddizione tra loro perchè si riferiscono ad argomenti diversi. “Prodotto” è una cosa (il succo di frutta), “ingrediente” è un’altra cosa (quindi arance in questo caso).
Come sarebbe altrettanto sbagliato (sempre dal punto di vista logico) sostenere che se l’Italia è la “terra delle cose buone” allora tutti gli altri luoghi sono “terra delle cose cattive”… Anche questa sarebbe una deduzione errata dal punto di vista logico…
Cosa avrebbero dovuto fare secondo lei?
Scrivere “I nostri prodotti sono fatti in Sud America”!? visto che le arance vengono da lì? Sarebbe stata una dichiarazione falsa;
Avrebbero dovuto omettere l’origine Sud Americana delle arance? sarebbero stati criticati per non averla messa;
Avrebbero dovuto omettere il fatto che il prodotto è fatto in Italia? E perchè mai, visto che è vero?
L’unica dichiarazione stridente che io vedo in quella etichetta è quella volta a far credere che l’Italia sia il paese delle cose buone…ecco, quello lo potevano lasciare perdere…
Molto più semplice (e quindi più trasparente): Succo di arance (non da concentrato) coltivate in Italia e preparate in Italia.
Oppure : Succo di arance – miscela di provenienze varie, preparate in Italia.
Temo che le vendite sarebbero calate nel 2° caso.
E lo sanno TUTTI, per questo l’etichettatura TRASPARENTE è di fatto boicottata.
Che poi l’Italia sia il bengodi della qualità e della correttezza su questo concordo nel dubbio. Ma per molti versi all’estero è peggio e questo recepisce la stragrande maggioranza dei consumatori, anche stranieri, per fortuna del ns export agro-alimentare NON A CASO ESALTATO NELLA CONFEZIONE OGGETTO DEL POST.
Con tutta la logica ed in punta di diritto affermare che: “tutti i prodotti sono fatti in Italia, la terra delle cose buone e fatte bene”, associando la qualità delle cose buone italiane (MATERIE PRIME) e fatte bene (LAVORATE E CONFEZIONATE), definisce un prodotto 100% italiano.
Poi contraddicendo se stessi e per me tentando d’ingannare il consumatore, ma a norma di legge, dichiarano candidamente che parte del succo proviene dal sud America.
Saremo anche ingenui ma fino ad un certo punto ed anche le difese d’ufficio funzionano fino ad un certo punto.
Parto col dire che, come è accaduto altre volte in passato, noto con amarezza che chi ha delle opinioni diverse dal quelle ritenute corrette da alcuni attivi commentatori del Fatto Alimentare venga dagli stessi accusato di voler difendere d’ufficio questa o quella parte, sottintendendone la malafede. Questo è spiacevole perché è indice di come alcuni non riescano a concepire il pluralismo delle opinioni facendo venire meno il presupposto fondamentale per il confronto e la crescita.
Detto questo, più volte ho letto interventi del dott. La Pira (che immagino siano condivisi dalla maggior parte dei lettori del Fatto Alimentare) che chiedeva alle industrie della pasta di indicare l’origine del grano e spiegare il motivo tecnologico per cui usano grano estero anzichè quello italiano in modo da rendere consapevole il consumatore. Ora un’azienda, seppure di un altro settore, lo fa, ma non va bene lo stesso!! Anzi, l’azienda stessa viene accusata di aver messo quell’informazione in più con lo scopo di ingannare il consumatore (!)
Pur rispettando il pluralismo delle opinioni, ciò che non è opinabile è la lingua italiana.
Ezio, la sua deduzione non è corretta perchè “prodotti” e “materie prime” non sono la stessa cosa. Questo non è opinabile. E’ un dato di fatto. Nello specifico, i prodotti di Zuegg non sono le arance suvvia! Quando scrivono “i nostri prodotti sono fatti in Italia” il soggetto della frase è il prodotto realizzato da Zuegg (il succo di frutta tanto per chiarire) non le materie prime utilizzate; oltretutto, se proprio vogliamo fugarci ogni dubbio, le arance non si “fanno”!! Associare la “qualità delle buone cose italiane” alle materie prime come fa lei è una sua libera interpretazione. Come una sua libera interpretazione è il fatto di associare questa cosa al concetto di 100% italiano che non compare da nessuna parte. Peraltro lei stesso identifica con il concetto di “fatte bene” il fatto che siano “lavorate e confezionate”, quindi fasi successive al raccolto della materia prima. Ma anche a voler tenere per buona la sua interpretazione, la sua accusa cade nel momento in cui è l’azienda stessa a specificare sulla confezione la diversa origine delle arance!! Se questa informazione fosse stata taciuta avrei compreso (pur non condividendolo nel merito) queste prese di posizione, ma dal momento che l’informazione è chiaramente indicata…
Sono d’accordissimo con lei. Nonostante “prodotti” e “materie prime” non siano sostantivamente la stessa cosa il suo ragionamento è perfetto tenendo in conto la frase più in evidenza, quella che attira l’attenzione del consumatore. Ma questo è il marketing in azione, meschino, studiato, e direi proprio cinico. È comunque un peccato che la società di consumo abbia preso questa direzione e atteggiamento, ormai visibile un po’ dappertutto. Ci vorrebbe un esperto legale per accompagnarci ogni volta che facciamo delle compere!
Sarà una coincidenza che il Brasile, ad esempio, è uno dei più grandi produttori e venditori di concentrato di arancia al mondo? E che navi dal Brasile scaricano in Sicilia grandi quantità del loro carico di fusti di tale prodotto quando i produttori di succhi vogliono speculare sul prezzo di vendita all’ingrosso delle arance siciliane, per farlo calare, riducendo alla miseria i produttori locali? No lo dico io, servizio di Report di qualche annno fa (o forse Presa diretta, non ricordo bene…)
Alessandro le racconto la storiella di quel viaggiatore che in compagnia di altri amici ed avendo portato il pasto al sacco, aspettava di mangiare quando il treno passava per Bologna, perché gli avevano detto che in quella città si mangiava molto bene!
Molte disquisizioni, ma il succo è che gli italiani (e non solo per nostra fortuna), preferiscono mangiare italiano ed i PRODOTTI della terra italiana, e quando qualcuno tenta di far passare per italiano un prodotto solo confezionato in un nostro stabilimento, non si accontenta.
Naturalmente ognuno è libero di consumare quello che crede, personalmente preferisco arance siciliane, anche conservate come concentrato fuori stagione, cosa che la Zuegg fa regolarmente e bene con tutta la frutta che confeziona.
Ezio, va benissimo che gli italiani vogliano consumare prodotti della terra italiani. E a questo punto mi aspetto che gli italiani non consumino il prodotto di Zuegg visto che l’azienda stessa scrive chiaramente che la materia prima non è italiana!! Più facile di così…Pensi a tutte quelle aziende che nemmeno lo scrivono!
Ma se non lo scrivono perchè non lo scrivono, se lo scrivono dietro non va bene perchè dovevano scriverlo davanti, se lo scrivono davanti no perchè la sfumatura di colore è chiaramente usata con l’intenzione di distrarre il consumatore dall’origine della materia prima…Su, questa etichetta è chiarissima: identifica un succo di frutto fatto in Italia (e utilizzo la sua definizione di fatto, quindi “lavorato e confezionato”) da materia prima non di origine italiana (o non del tutto perlomeno, visto che l’origine italiana non viene del tutto esclusa dalla frase).
Poi non si può voler far crescere, giustamente dei “consumattori” se mancano le basi della lingua (considerazione generale, non è un attacco personale a nessuno dei commentatori)
Se avessero fatto un succo alla Papaya (magari c’è pure) con le stesse indicazioni in etichetta, il consumattore cosa ne avrebbe desunto? Che le materie prime erano 100% italiane perchè non gira la confezione dall’altro lato?!
Per quanto mi riguarda, non compro succhi di frutta, per quanto le mie abitudini di consumo poco possano aggiungere alla discussione.
Condivido al 100/100 l’ opinione ed il pensiero di Alessandro
Raffaele
I succhi di frutta andrebbero banditi dalle tavole perchè pieni di zucchero ed altri ingredienti dannosi per il nostro organismo,cosa oramai risaputa da tempo; basta leggere le etichette e rendersi conto soprattutto di quanta “frutta” realmente ci sia ! consiglierei sempre una bella spremuta di FRUTTA DI STAGIONE il nostro corpo vi ringrazia e forse anche il portafoglio !
Saluti
Dott. M. Sellitti
Non tutti i clienti dei supermercati o negozi sono tecnici avvocati o esperti di etichettatura, quindi se un’azienda volesse rimanere non solo nella legalità, ma anche nella correttezza verso gli utenti non scriverebbe che tutti i prodotti sono fatti in italia, lasciando così intendere a noi poveri ignoranti o distratti che trattasi di prodotto 100% italiano. Voglio almeno sperare che gli additivi, conservanti e coloranti siano di produzione italiana!
E’ un fatto che un lato della confezione, quello che attrae di più ( per dimensione dei caratteri e immagini) sottolinea la produzione italiana , l’altro lato, quello più anonimo precisa la provenienza delle arance.
E’ una sottigliezza da Marketing per un consumatore che non dedica all’esame del prodotto pi+ di un’occhiata quella di attrarre l’attenzione sul messaggio princicipale che può determinare la scelta; non c’è scorrettezza commerciale: le informazioni sono entrambe corrette e date.
E’ il consumatore che deve “educarsi” eventualmente rifiutando questi prodotti,se non gradisce materia prima non italiana.
Sul fatto che in Italia ad agosto e settembre non ci siano le arance, questo è vero solo per la vendita perchè in coltivazione in Italia esistono varietà che maturano anche ad agosto avanzato. e Poi non è che i succhi di frutta siano come il latte fresco: probabilmente quello comperato a settembre è stato prodotto almeno un paio di mesi prima!
Chi giustifica l’importazione di concentrati dall’estero con la scusa che le arance in Italia si raccolgono solo in certi periodi e non durante tutto l’anno o è un ingenuo o è in malafede, perché i concentrati non vengono certo trasformati in succo al momento della maturazione delle arance in sud America, ma vengono congelati e conservati per mesi prima di venire esportati. Lo stesso metodo, quindi, si potrebbe fare con le arance italiane. Ma quelle costerebbero troppo, abbassando il margine di guadagno del produttore, che preferisce puntare sul marketing, invece che sulla qualità e sulla “filiera corta”. Ricordo che portare in giro per il mondo tonnellate di concentrato ha un costo ecologico non indifferente. Quando si inizierà a calcolare tali costi e addebitarli alle aziende, invece che scaricarli come al solito sulla collettività, socializzando le perdite (e privatizzando i profitti)?
Andiamoci per logica..
In un momento particolare..
dove necessita far ripartire il mercato italiano…
con la crisi che stiamo vivendo..
tu, azienda, hai dimostrato che preferisci importare prodotti non italiani, boicottando le preziose arance Siciliane?
1 non fai gli interessi del tuo paese
2 non puoi garantire ciò che vendi
ergo..
cominciamo a boicottare le aziende che delocalizzano, importano da fuori a discapito del prodotto interno.
A parte che diversi intervenuti in questo dibattito dimostrano di non avere le idee molto chiare sui metodi di produzione dei succhi di arancia (100%) sui nettari(c.a 50% e zuccherati) e sulle bevande zuccherate (c.a 20%), e talvolta idee inficiate da toni ideologici discutibili, Nessuno dice che le materie prime destinate alla produzione , salvo rari casi, provengono in massima parte da concentrati conservati a -20/-25 °C, che vengono opportunamente miscelati per provenienze in base alle loro caratteristiche chimico-fisiche organolettiche. Ad esempio il succo siciliano è in genere piuttosto acido (poco adatto per succhi 100%) in confronto con quello brasiliano (maggior produttore mondiale). Vi sono poi provenienze sudafricane, messicane, californiane etc. con caratteristiche diverse. Il produttore Italiano in genere è “bravo” a selezionare le materie prime di diversa provenienza per ottenere un mix ricostituito di ottima qualità. Per i nettari e per le bevande è in genere abbastanza diverso
Pareri autorevoli, osservazioni e conclusioni un po’ avventate, incapacità di leggere un’etichetta tra le righe: neo commenti ci possiamo leggere di tutto ed è proprio lì che si annida, si infila, il messaggio di una azienda. Nel leggere che la nostra è “la terra delle cose buone” penso che le arance siano italiane; in un altro campo visivo (benedetto 1169…) leggo che una “parte” delle arance sono sudamericane. Siamo sul filo.