Gli animali da reddito non sono tutti uguali: polli galline e maiali sono protetti da una direttiva europea che impone spazi minimi per le gabbie e strutture dedicate, mentre quaglie e conigli non hanno questo tipo di tutela. Proprio la condizione delle quaglie da allevamento è al centro di un’iniziativa dell’associazione Compassion in World Farming che ha prodotto una videoinchiesta per mostrare come questi piccoli volatili, allevati per la carne e le uova, siano costretti in gabbie affollate, ambienti del tutto inadatti alle necessità di una specie che in natura vive nel sottobosco.
Le immagini girate provengono da allevamenti italiani, francesi, portoghesi e greci, «ma è proprio nel nostro Paese che, purtroppo, sono state rilevate le peggiori condizioni», spiegano i responsabili dell’associazione, denunciando come nelle gabbie ogni animale disponga di 86 cm² – uno spazio paragonabile a quello di un sottobicchiere da birra – e gli allevamenti facciano uso costante di antibiotici, indispensabili per evitare il proliferare di malattie tra gli animali, nelle 5 settimane di vita previste per le quaglie “da carne” (quelle “da uova” vivono invece circa 6 mesi ). Per queste ragioni, il CIWF ha indirizzato una petizione al Commissario europeo per la salute e la sicurezza alimentare Andriukaitis, chiedendogli di vietare l’uso delle gabbie negli allevamenti di quaglie.
Il problema ci riguarda direttamente, dato che l’Italia è il terzo produttore di quaglie dell’Unione europea dopo Francia e Spagna. «E’ giusto che i consumatori di carne e uova provenienti da questi uccelli sappiano che, a meno che sulla confezione non appaia la dicitura “allevata a terra”, la carne e le uova di quaglia provengono da allevamenti in gabbia, equiparabili a veri e propri luoghi di sofferenza, totalmente inaccettabili nell’Unione europea che ha riconosciuto gli animali quali esseri senzienti», sottolinea Anna Maria Pisapia direttrice di CIWF Italia Onlus.
Come reagiscono le imprese del settore alle possibilità di nuove normative? Le aziende che praticano allevamento intensivo non sembrano disposte a commentare: abbiamo interpellato Quaja veneta, società cooperativa agricola che si definisce “leader nella produzione di carne e uova di quaglia”, che ci ha fatto rispondere dall’ufficio legale affermando che «tutti i soci della Quaja Veneta allevano le quaglie secondo le normative di legge», e rifiutando di fornire ulteriori dettagli.
Anche se nel settore qualcosa si sta muovendo: un’azienda come la SAIGI dal 2001 ha convertito la propria produzione di quaglie da carne – destinata in buona parte alla GDO, e in particolare alla Coop – al sistema di allevamento a terra, «che oltre a migliorare il risultato finale del prodotto permette una maggiore pulizia dei capannoni perché è possibile svuotarli», spiega il titolare della SAIGI Alberto Ioli «mentre il sistema di allevamento in gabbia non consente di dare sosta sanitaria a tutta la struttura perché animali di diverse età sono sempre presenti: questo causa l’aumento della carica batterica nella struttura, e di conseguenza potrebbe comportare un maggior ricorso ai trattamenti farmacologici». Più complessa la questione per quanto riguarda le quaglie destinate alla prodizione di uova, soprattutto per la difficoltà di garantire la necessaria igiene, «anche se abbiamo in programma sperimentazioni in questo senso», osserva Ioli.
E anche all’estero le cose stanno cambiando: per la prima volta quest’anno un produttore di britannico, Clarence Court, specializzato in uova particolari (oltre alle quaglie alleva anatre, oche, fagiani e perfino struzzi ed emù) ha ricevuto da CIWF il premio Good Egg proprio per essere riuscito ad allevare quaglie ovaiole con un sistema alternativo alle gabbie, in un ambiente simile a quello in cui questi animali vivono in natura. Mentre in Francia, dove la carne e le uova di quaglia sono particolarmente apprezzate , alcuni allevamenti hanno deciso di utilizzare una particolare etichetta rossa – Label Rouge – per segnalare che i loro animali sono allevati tutelandone il benessere: a terra e con spazi più ampi – 62 animali per metro quadrato contro i 90 /100 della maggioranza degli allevamenti – analoghi in proporzione a quelli imposti dalla direttiva europea per i polli. Le quaglie Label Rouge, inoltre, sono inoltre macellate a 42 giorni di vita contro i 30/35 degli allevamenti intensivi.
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giornalista scientifica